venerdì 31 ottobre 2014

Halloween a Borgo a Mozzano e la nobildonna Lucida Mansi.Ma chi era? Donna diabolica o ereditiera spendacciona e godereccia?

Un ritratto di Lucida Mansi
Si avvicina halloween e non mi posso esimere nel dedicare un'articolo a questa festa esclusivamente consumistica e per noi italiani senza alcun significato e tradizione.Ma mi adeguo e mi allineo solo per il piacere e l'amore che ho per la storia e desidero quindi raccontarvi del personaggio principale della tanto rinomata e suggestiva festa di halloween di Borgo a Mozzano:la nobildonna Lucida Mansi. La festa borghigiana raggiunge il suo apice quando alla fine della serata di ogni 31 ottobre la perfida dama cade dall'arcata maggiore del Ponte del Diavolo fino a sprofondare negli abissi del fiume Serchio.Per la cronaca è bene precisare subito che Lucida Mansi non c'entra niente nè con Borgo a Mozzano,nè con la Garfagnana e nemmeno con la Valle del Serchio in genere e forse nemmeno c'è mai stata, ma a me sembra giusto tributarle un "omaggio" perchè ormai è entrata nell'immaginario di tutti(o quasi...) gli abitanti della valle, ed è stata simbolicamente adottata grazie a questa festa e poi perchè la sua storia è ben curiosa e a dir poco misteriosa.
Lucida Mansi è un personaggio prettamente lucchese.Si narra che Lucida Samminiati nacque nei primi anni del 1600 ed è considerata
Il momento culmine della festa
(foto tratta da Halloweencelabration.it)
tutt'oggi fra le donne più misteriose che la nostra provincia ricordi.La realtà dice che Lucida si sposò molto giovane con Vincenzo Diversi, il quale venne assassinato nei primi anni di matrimonio per una lite relativa ai confini di un terreno. Rimasta vedova molto giovane, si risposò con l'anziano e ricco Gaspare Mansi che le diede il cognome col quale viene ricordata nel folklore. La famiglia Mansi era molto ricca e conosciuta in gran parte dell'Europa grazie al commercio delle sete già prima del secolo XVI. Il matrimonio destò scalpore per l'elevata 
differenza d'età tra i due coniugi e per la bellezza di Lucida rispetto a quella del nuovo sposo. Lucida sviluppò così un forte desiderio di evasione, tanto da divenire dissoluta nei costumi e perdere ogni dignità.Dopo pochi anni di matrimonio anche Gaspare Mansi morì non si sa come lasciando "l'inconsolabile" Lucida da sola.Ma la donna dall'animo oscuro non pianse neppure un giorno per il suo sposo e ben presto si lasciò "consolare" dai molti amanti che si successero nel suo letto.
Essa non rinunciava al lusso
Villa Mansi dove abita la nobildonna
sfrenato, banchetti e feste. Divenne anche talmente vanitosa da ricoprire di specchi un'intera stanza di Villa Mansi a Segromigno per potersi ammirare in ogni occasione.Lucida il destino volle che morisse di peste il 12 febbraio del 1649 a soli 
45 anni (circa) e le sue spoglie riposano nella chiesa dei Cappuccini a Lucca, nella cripta dedicata alla sua famiglia...Questo è quello che dice la storia,adesso entriamo nella leggenda,nel vox populi per intendersi per il quale la sua fama dura ancora oggi dopo 400 anni e ci dice appunto che Lucida come ormai assodato era una donna molto attraente,libertina e crudele, tanto che arrivò ad uccidere il marito per contornarsi liberamente di schiere di amanti. Pare inoltre che uccidesse gli amanti che le facevano visita, facendoli cadere, dopo le prestazioni amorose, in botole irte di lame affilatissime.Una 
la torre delle ore a Lucca
mattina però le sembrò di scorgere sul suo viso una ruga, Lucida disperata si lamentò tanto che apparse di fronte a lei un magnifico ragazzo.Dietro le fattezze del ragazzo si nascondeva però il Diavolo che gli promise la bellezza a patto che fra 40 anni sarebbe tornato a prendere la sua anima.Gli anni passavano fagocitando lusso e ricchezza e continuando a uccidere i suoi amanti. Quarant'anni dopo, la notte del 14 agosto 1623, il diavolo ricomparve per prendersi ciò che gli spettava. Lucida si ricordò così della scadenza è tentò di ingannare il maligno,si arrampicò sulle ripide scale della Torre delle Ore 
di Lucca, con la speranza di allontanare la sua fine inevitabile.Lucida saliva la Torre, affannata correva a fermare la campana che stava per batter l'ora della sua morte. A mezzanotte in punto il Diavolo avrebbe preso la sua anima. Ma il tentativo di bloccare la campana fallì, Lucida non fece in tempo a fermare le lancette dell'orologio e così il Diavolo la caricò su una carrozza infuocata e la portò via con sé attraversando le mura di Lucca per andarsi a inabissare nel piccolo lago dove oggi sorge il
Il laghetto dove si
sarebbe immersa
Lucida
giardino Orto botanico di Lucca (n.d.r:  è giusto specificare che tale laghetto e stato realizzato 200 anni dopo la morte della nobildonna...).Ancora oggi leggenda vuole che coloro che immergono il capo nello specchio d'acqua pare si possa vedere il volto addormentato di Lucida.

martedì 28 ottobre 2014

Verità o leggenda? Il serpente di Bergiola.Il serpente che si nutre di morti...

Bergiola oggi
La cosa è davvero inquietante. Di storie in Garfagnana se ne raccontano a bizzeffe, storie fantastiche di essere soprannaturali, streghe, folletti, fantasmi, ma essere arrivati perfino a sottoscrivere un documento ufficiale per giurare sulla presenza di mostri giganteschi è la prima volta che la sento...Tutto questo che sto per raccontare nasce nell'alta Garfagnana ai confini con la Lunigiana.Questo paese si chiama o meglio si chiamava Bergiola ed è nel comune di Minucciano e solamente da pochi decenni circola la leggenda (di solito le leggende hanno secoli) del serpente di Bergiola.Prima di addentrarci in tale leggenda (che per molti è la pura verità) prendiamo in considerazione la storia del piccolo borgo che ci aiuterà a comprendere come poi il mito abbia potuto nascere ed essere tramandato ai giorni nostri.Bergiola è situata a 550 metri sul livello del mare, lungo una via di transumanza usata fin dai tempi antichi.Notizie sul castello locale appaiono già nel 1308 nello statuto di Lucca quando si racconta che il paesello doveva portare un cero per la festa di Santa Croce;appartenuto poi ai marchesi Malaspina tornò poi ad essere sottomesso a Lucca.La sua storia si è sviluppata attraverso i secoli senza particolari problemi fino a quel tragico 7 settembre 1920 quando un devastante terremoto colpì l'intera Garfagnana e significò per Bergiola una dolorosa fine.Il paese venne completamente devastato dal terremoto e senza se e senza ma fu immediatamente
Una veduta di Bergiola
abbandonato.Da quel giorno il paese divenne sinonimo di paese fantasma, di luogo oscuro.Dato l'abbandono era sempre più difficile raggiungerlo.La vegetazione si era fatta fitta e in questo clima di mistero e paura cominciarono a circolare le voci con sempre maggior insistenza che a Bergiola in certi periodi dell'anno ci si poteva imbattere in un mostruoso serpente nero  chiamato dai pochi sfortunati che giurano di averlo visto con il nome (che non lascia presagire niente di buono) di "Devasto".Distrugge infatti tutto quello che trova nel suo cammino e quando si muove fra i ruderi di Bergiola il rumore terrificante del suo passaggio si sente anche nei paesi vicini.Il suo aspetto non è per niente rassicurante ,le sue dimensioni sono notevoli, due tre metri di lunghezza per circa quindici centimetri di diametro,la sua testa non somiglia per niente a quella di un comune serpente ma bensì a quella di un furetto .Il luogo dove si dice che abbia dimora e la vecchia cisterna dell'acqua .Ma è la notte che "Devasto" da il "meglio di se" perchè non si fermerebbe solo a Bergiola, ma la notte proseguirebbe il suo cammino per Pieve San Lorenzo recandosi al cimitero e trascorre le ore buie nutrendosi dei corpi dei defunti.Notizia ancor più strabiliante è che testimoni dicono che il serpente è maschio ma che riesce a riprodursi in maniera autonoma, fecondandosi cioè da solo.Alcuni si dice che per lo spavento siano ricorsi alle cure dell'ospedale,altri giurano che mai più metteranno piede a Bergiola Tutto incredibile direte voi e anch'io sono d'accordo, solo storie, solo fantasie che andranno a rimpinguare le memorie di tante altre leggende
la cisterna d'acqua dove
 si nasconderebbe il serpente
garfagnine...ma non è così,i testimoni che ritengono con sicurezza di essersi imbattuti in tale mostro non ci stanno a questi discorsi e pertanto hanno sottoscritto un documento notarile dove affermano che le loro dichiarazioni sono assolutamente vere. E pensare poi che l'ultima apparizione risale solo a pochissimi anni fa...

venerdì 24 ottobre 2014

Quelle sere nel metato...

Un vecchio metato garfagnino
Per secoli è stato il nostro pane , per secoli ci siamo sfamati con questo frutto della natura è il frutto d'eccellenza della Garfagnana:la castagna.Si può cucinare in mille maniere, oggi per festeggiare questo frutto ci sono svariate feste e sagre, ma una volta non era così...era il mangiare quotidiano.Era proprio in questo periodo di fine ottobre quando cominciava un rituale vecchio di secoli: l'essiccatura delle castagne nei metati per poi portarle nei mulini a farne farina. Questo è il bellissimo ricordo di quei gesti quotidiani ormai persi, quando il metato voleva anche dire "stare insieme".Il ricordo è di Vincenzo Giannarelli.
"Dopo la coglitura, che si effettuava verso la fine d'ottobre, c'era una stasi nella routine lavorativa del contadino-montanaro, utilizzata per allestire il metato. Era, questo, un fabbricato composto da due locali sovrapposti, senza pavimento intermedio e divisi soltanto da un graticcio mobile che veniva appoggiato sulla trave centrale fissa. Una volta sistemato, dall'unica finestrella posta sopra la porta d'ingresso vi venivano cautamente
Farina di neccio
distese sopra le castagne da seccare. A terreno, nel mezzo della stanza, veniva acceso il fuoco che doveva ardere ininterrottamente giorno e notte. Torno torno, a ridosso delle pareti, venivano installate le panche per accogliere i vicini i quali, per consuetudine, vi si riunivano per trascorrere le serate insieme. Queste riunioni avevano anche lo scopo di sorvegliare il regolare andamento dell'operazione seccatura, dato che le loro castagne erano state messe insieme alle nostre. Si doveva entrare senza toccare la porta che era tenuta semi-aperta, in quanto doveva lasciar passare un flusso d'aria costante per mantenere il fumo unito a tela ad una certa altezza, in modo da non essere costretti a respirarlo o a trovarcelo davanti agli occhi.
Era l'epoca dei giornali della sera dove apparivano, diluiti in tante puntate, romanzi d'amore e di morte: «Il padrone delle ferriere», «Le due orfanelle», «I miserabili». Mio padre, uno dei pochi del paese che sapesse leggere correntemente – da giovane aveva frequentato le Scuole che, a quei tempi, era come dire oggi l'Università – teneva banco. Tutti pendevano dalle sue labbra dalle quali uscivano, di volta in volta, descrizioni poetiche di racconti romantici, epici racconti di duelli quasi sempre mortali per i protagonisti.Si può senz'altro dire che la gente, in quel periodo, non vivesse che per ritrovarsi ad ascoltare un'altra puntata di quelle vicende. Non era raro il caso che sulle panche non ci fosse più posto; allora, noi ragazzi, o ci portavamo da casa le seggioline, oppure dovevamo sederci sulle ginocchia delle mamme o delle nonne e lì aspettare, smaniando, che ci prendesse sonno.
Mio padre, intanto, alla luce di una lucernina, recitando più che leggendo, dava vita ai vari personaggi del romanzo. A volte, in presenza di fatti o frasi per me incomprensibili, si interrompeva
all'improvviso e a chi chiedeva il motivo di quella pausa fatta sul più bello invariabilmente rispondeva  Durante il pomeriggio, invece, il metato era il ritrovo dei ragazzi, dove le nonne narravano ai nipoti le storie e le leggende delle Apuane. Era lì che la Bèna ci snocciolava una fòla dietro l'altra ed i suoi personaggi, tanto mirabilmente cesellati, s'imprimevano indelebilmente nella nostra memoria, complice il guizzante bagliore delle fiamme. Per quasi un mese questo luogo era, per tutti, un caldo e confortevole rifugio, specie nei giorni in cui pioveva o faceva troppo freddo per giocare o lavorare. L'ultima sera, poi, era di prammatica la smondinata – che venivano mangiate appena tolte dal fuoco, con una bella spruzzata sopra di striscino, vino frizzante nostrale di seconda passata Purtroppo, circa venticinque trenta giorni dopo, anche questo piccolo mondo si estingueva: infatti, poiché le castagne erano già secche, il fuoco veniva spento, il graticcio allargato e le secchine, precipitando dall'alto, riempivano... la sala delle riunioni, mettendo fine alle serate. Poi, a poco a poco, mezzo sacco per volta, venivano pestate sul ciocco, per levare loro la pula, e portate al mulino. Non appena il primo bolgio di farina arrivava a casa, veniva ufficialmente inaugurata la nuova stagione con la polenta di neccio e questo
Un metato di oggi in funzione
avvenimento – quasi un rituale – dava l'addio all'autunno e preannunciava l'inizio del gelido inverno. 
Il nonno Pasqualone, la mattina dopo, chiudeva a chiave il metato nel quale, come per magia, avrebbero continuato ad aleggiare quei personaggi che le voci di mio padre e della nonna Bèna avevano evocati; ma non sarebbero stati soli: assieme a loro, ci sarebbe senz'altro rimasto il ricordo di quelle violente emozioni che l'attento uditorio aveva vissuto, nella semi-oscurità appena rischiarata dalla debole e vacillante fiammella di una lucernina ad olio."

mercoledì 22 ottobre 2014

Un giorno ad Auschwitz...

Davanti al campo Birkenau
Sono alcuni giorni che manco dal mio blog ed oggi torno finalmente a scriverci .Non sono mancato per pigrizia o ancor peggio perchè mi è passata la voglia di scrivere sulla nostra bella Garfagnana, ma bensì perchè in questi giorni passati ho vissuto una delle esperienze più toccanti della mia vita.La mia passione per la storia mi ha portato nella lontana Polonia ed esattamente a visitare il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Sempre abbiamo sentito raccontare di Auschwitz. Raccontare però non è la solita cosa che vedere con i propri occhi e camminare e respirare in questo
l'ingresso al campo di Auschwitz
e la famosa scritta "il lavoro rende liberi"
posto dove la barbarie umana ha toccato uno dei suoi massimi vertici.Quello che mi ha particolarmente colpito è la particolare atmosfera che si respira all'interno del campo...una strana sensazione è come se  le anime dei poveri morti ci stessero guardando.... Che dire poi di quel silenzio...nonostante i visitatori regna un silenzio quasi irreale.Oggi invece voglio condividere con i miei lettori questa mia esperienza attraverso una piccola parte delle mie fotografie. Da un punto di vista strettamente storico non ricordo che nes

sun garfagnino sia stato deportato ad Auschwitz anche se la maggior parte degli ebrei al confino a Castelnuovo (che si erano integrati perfettamente nel nostro tessuto sociale) terminarono la loro vita proprio li,ma ciò non importa queste tragedie non hanno territorialità, non devono avere confini vanno documentate e basta. Questo post lo potrei scrivere per un garfagnino, come per uno della Val Brembana o delle Murge e far capire poi che non sono bastati più di sei milioni di morti nei campi di sterminio a soddisfare l'impulso razzista nel mondo...

blocchi dormitorio 



Dalla finestra di un dormitorio
Lo ziklon B il gas usato nelle camere
Le valigie dei deportati
I giochi dei bambini deportati
Le scarpe dei deportati
Gli occhiali dei deportati
All'interno del campo
Anche la Nivea
ancora scarpe

il blocco 10
Il blocco 10  dove Mengele faceva esper
reticolati con l'alta tensione
camminamenti fra l'alta tensione
Camera a gas con crematorio
Birkenau
Le camerate dei deportati

i gabinetti
la visuale dalla torretta principale
:la ferrovia e judenrampe, la rampa dei giudei
l'interno di una baracca con i letti

martedì 7 ottobre 2014

La triste storia di un vero gioiello garfagnino: L'Isola Santa...

Isola Santa
Nonostante la tortuosa strada provinciale che da Castelnuovo si snoda verso le accaldate spiagge versiliesi, i panorami e la bellezza del paesaggio rendono piacevole ed interessante il transito, specialmente quando ad un certo punto immerso nel verde ombroso vedi spuntare uno sparuto gruppo di case con il tetto in ardesia...un vero gioiellino incastonato tra le montagne garfagnine,uno smeraldo posto fra i castagni e il suo verdissimo lago, questa è l'Isola Santa (nel comune di Careggine). Vale la pena di essere raccontata la storia, per alcune sue particolarità, alcune note ed altre forse un po' meno. Per esempio qui, come sul lago di Vagli (Fabbriche di Careggine) abbiamo un paese sommerso (o meglio semi- sommerso)... Ma andiamo per gradi e
il paese
incominciamo dal lontano 1260 quando si hanno le prime notizie scritte sull'Isola Santa riguardanti una tassa 
(tanto per cambiare...) pro-crociate di lire 80. Certamente la sua nascita a molto tempo prima.Il borgo poggia sulle rovine di un antico "hospitale" chiamato  "l'hospitale di San Jacopo"(convertito nel 1608 a chiesa parrocchiale che porta il medesimo nome) meta di sosta per i viandanti di ogni sorta, qui vi trovavano assistenza poveri e gli ammalati, trovavano rifugio e ristoro anche pellegrini, ma anche per i contrabbandieri di sale che attraversavano le Apuane passando per la foce di Mosceta e arrivavano in Garfagnana (e viceversa).Un tragitto duro e faticoso e l'Isola Santa rappresentava un punto di passaggio obbligato per tutte queste persone. Di li passavano percorsi anche  
importanti come la Via Clodia Secunda,  allora vera e propria spina dorsale della nostra valle.Secondo alcuni storici "l'hospitale"  faceva parte di un piccolo paese fortificato con una modesta cinta muraria, un vero e proprio avamposto che serviva appunto da"posto di guardia", data la sua strategica posizione nella stretta valle. Le scarne cronache medievali inoltre ci parlano anche di questa piccola comunità che viveva nel paese in estrema povertà, dovuta anche ad un collegamento con i centri abitati più grandi tremendamente disagevole. Per descrivere questo aspetto nel 1615 Costantino Nobili partito da Lucca per un ispezione al ricovero diceva:
" Strade tanto cattive sono da Castelnuovo in là, che conviene andar la maggior parte a piedi".
La cosa più interessante e curiosa è che questa condizione d'isolamento durò ancora per secoli, quando finalmente nel 1880 venne costruita la celeberrima galleria del Cipollaio che assicurava ben più agevoli collegamenti e sostituì una volta per tutte l'impervio tracciato medievale. Rotto quell'incredibile isolamento finì però la pace,il cosiddetto progresso arrivò anche lì, e nel 1949 venne costruita la diga per lo sfruttamento della Turrite Secca e il piccolo borgo fu in parte sommerso (non interamente come Fabbriche di Careggine), come alcune case, un ponte ed un mulino (anche oggi sotto il lago).Il peggio
Il lago artificiale
però doveva ancora arrivare. Il borgo ormai agonizzava,si scoprì che tutto il paese aveva problemi di stabilità. Problemi dovuti alle grandi escursione giornaliere d'acqua, imposte dalla società elettrica di allora la Selt Valdarno (futura E.N.E.L). La situazione venne risolta alla fine degli anni 70, ma ormai lo spopolamento era avvenuto e danni irreparabili erano già stati fatti. L'Isola Santa era diventato un paese fantasma, era stato abbandonato. Nel 1975 gli ultimi abitanti rimasti, durante uno svuotamento del bacino artificiale, occuparono il paese in segno di protesta per rivendicare il diritto a case nuove e sicure. La lotta in buona parte ebbe successo, le abitazioni nuove furono costruite altrove e fu il definitivo de profundis per
l lago dell'isola Santa svuotato si
vede il vecchio mulino con il suo ponte
l'intera comunità. Oggi il tutto rientra in un egregio  piano di recupero storico ambientale voluto dal comune di Careggine e la regione. Le casette di pietra dai tetti in ardesia sono quanto resta del nucleo originale. Pittoresca e ben conservato oggi è l'Isola Santa, meta di turisti da ogni dove. Un posto ideale per raccogliere

funghi,pescare e dedicarsi all'escursionismo. Numerosi sentieri si addentrano nella boscaglia, verso le maestose cime della Alpi Apuane.


venerdì 3 ottobre 2014

Il costo della vita in Garfagnana negli anni '30...Quando la vita era dura ma bella...

Una banconota da una lira del 1935
Si dice sempre così..."Si stava meglio,quando si stava peggio".Ma una volta (economicamente parlando)e modi dire a parte i nostri nonni non se la passavano proprio bene (anche se adesso a quei tempi ci stiamo avvicinando a grandi passi)...Mi spiego meglio.Alcuni mesi fa la mia soffitta in una delle mie rare pulizie ha "restituito" un prontuario di prezzi di generi alimentari degli anni 30 del 1900 che apparteneva ad una zia della mia mamma (la zia Emma) che aveva una bottega "sul ponte" davanti al palazzo comunale di Gallicano.Era la classica bottega di una volta, vendeva generi alimentari, ma vendeva anche di tutto un po'. Correvano gli anni duri, eravamo in piena era fascista, la maggior parte delle persone si dedicava all'agricoltura e quelli che non erano contadini erano operai. Uomini e donne che nelle fabbriche della zona come la S.M.I o la Cucirini si sobbarcavano sulle loro spalle turni estenuanti, poi le bocche da sfamare erano tante. Una famiglia "normale" era composta da cinque o più persone, certe famiglie dovevano mettere a tavola anche per dieci, dodici familiari. Tutto questo mio ragionamento mi è sobbalzato nella testa quando ho letto proprio questo listino prezzi e ho fatto un raffronto con la vita di oggi, facendo così dei conti spiccioli per vedere quanto costava la vita in Garfagnana a quel tempo in modo che a 85 anni di distanza si potesse fare un paragone.Il riscontro è fatto su quello che oggi i miglior analisti economici chiamano "beni di prima necessita", per portare alcuni esempi ecco allora che : il prezzo del pane era di 1 lira e 50 centesimi (i prezzi sono riferiti al Kg), la pasta (rara) 2 lire,il riso 1 lira, lo zucchero era oro... ben 6 lire e 30, il caffè poi era fuori da ogni portata, un prezzo esorbitante tant'è che nel prontuario è
La vecchia bottega della Zia Emma
 (foto tratta
da "Gallicano in Garfagnana")
contemplato ma solo su ordinazione. A questo punto mi sono detto un'altra cosa, tanto per fare una comparazione il più reale possibile,  quant'era la paga giornaliera di un operaio della S.M.I  o della Cucirini Cantoni Coats? Scartabellando di qua e di là è venuto fuori che un operaio di media fra le due fabbriche prendeva circa 12 lire giornaliere(l'operaio donna prendeva la metà circa...).Pensate voi allora, solo per acquistare 1 Kg di pane ci voleva 1 lira e 50 centesimi (e con l'equivalente di una giornata lavorativa si acquistavano quindi otto pani, mentre ),mentre per comprare 1 Kg di zucchero serviva una mezza giornata di lavoro (per le donne intera).Facendo un raffronto superficiale se mettiamo sul piatto la giornata media lavorativa di oggi che si aggira intorno alle 55 € e quella di allora vediamo che 
adesso il pane che costa circa a 2 € al chilo ne possiamo acquistare quasi 28, per lo stesso chilo zucchero (che grosso modo viene intorno ad 1 € e 30 cent),adesso se ne possono comprare circa 40 Kg, mentre per la stessa pasta adesso ne possiamo acquistare 36 Kg mentre al tempo solo sei. Tempi duri anche per i fumatori, qui il prezzo variava dal tipo di tabacco consumato, il più conveniente era il tabacco comune (fatto con la rimanenza degli altri tabacchi) e costava una lira e le cartine per  fare le sigarette trenta centesimi. Alcuni la spesa per le cartine non se la potevano permettere e allora si utilizzavano le foglie della "rappa" del granturco. Comunque sia ecco due prezzi per chi desiderava sigarette "vere": le Moresca 1 lira e 50, le Nazionali 1 lira e settanta, le Macedonia due lire ...insomma fumare era un gran lusso.
Resta il fatto che la vita sarà stata economicamente più dura, noi forse avremo qualche "soldarello" di più per le tasche (per ora), ma loro avevano una cosa che noi non abbiamo: la voglia di aiutarsi gli uni con gli altri, lo spirito di sacrificio e una vita sicuramente più genuina e sincera...e questi pregi al supermercato non li vendono...