mercoledì 22 maggio 2019

Prima di Greta Thunberg... Giovanni Pascoli, ambientalista "Ante litteram"

Prima di Greta Thunberg, Al Gore, Chico Mendes e Erin Brockovich
c'era lui, Giovanni Pascoli... Tutti questi, qui sopra citati sono persone che hanno dato tanto per l'ambiente e sopratutto hanno dato il buon esempio, dimostrando che, il nostro pianeta lo dobbiamo proteggere sempre, e che i risultati prima o poi arrivano. Prima di tutti l'aveva capito Giovanni Pascoli, il primo ambientalista "ante litteram", da molti definito "il poeta contadino", amante della natura che nei suoi versi aveva uno spirito ecologista al di sopra di tutti. I riferimenti ideali nella testa del poeta erano Virgilio ed Orazio, veri poeti contadini che vivevano del loro lavoro, d'altronde la scelta di vivere in piena campagna a Castelvecchio rientrava proprio in questa ottica, si evidenziava ancor di più il rifiuto della città, vista come il male in persona, ad esempio nella poesia "L'Ora di Barga" si parla del ragno, del grano, del vento, tutti elementi naturali che aveva davanti e che una caotica città non poteva mai manifestare come in ambienti simili a quello della Valle del Serchio. I suoi migliori amici erano i contadini del luogo e quando qualche emigrante rientrava dalle Americhe per ricomprarsi la
terra da coltivare, da lui era visto come un nuovo eroe, colui che dava nuova vita e che invertiva il processo dell'abbandono delle campagne. Pochi infatti vedono il Pascoli da questo punto di vita, nessuno pensa a lui come un naturalista, ma come abbiamo visto la sua vita e la sua poesia non lasciano spazio a dubbi. Un contatto stretto con la natura lo possiamo trovare in moltissime sue poesie, dove le sue parole erano sempre ispirate da un volo di un passero, un cipresso, dal verso di un uccello notturno, da un lampo improvviso ed è proprio da questi versi che si possono trarre grandi insegnamenti, ed ecco allora che nel 1906 venne pubblicato "Odi e Inni" e nella poesia "Il Serchio", a margine di questa il poeta scrisse una nota davvero degna di essere letta, che ci ricorda due cose importanti, di quanto la
La poesia originale "Il Serchio"
natura si dia aiuto reciproco (al contrario dell'uomo) e di quanto siano importanti gli alberi, si perchè anche un secolo fa uno dei problemi era il selvaggio disboscamento e il Pascoli questo scrisse: "Gli alberi e le acque si amano e si aiutano con fraterna vicenda: gli alberi proteggono le acque, le acque alimentano gli alberi... L'Italia deve rivestire i suoi monti già spogliati dalla spensierata ingordigia dei possessori, se vuol da per tutto ciò che, per provvidenza, per disinteresse, per virtù dei maggiori, è qui in Val di Serchio"

La tomba di Merlino
un merlo dall'ala rotta
Non da meno fu il suo rapporto con gli animali, in loro trovava un amore disinteressato, di chi non vuole niente in cambio ed è anche per questo che possiamo considerare Giovanni Pascoli un antesignano animalista, non solo quindi un naturalista nel senso stretto del termine, ma un naturalista a tutto tondo, pronto ad amare e rispettare tutto quello che Madre Natura ha creato. Essere animalisti a quel tempo era ancora più difficile e se si vuole anche bizzarro, l'animale era considerato agli inizi del secolo scorso poco o niente, aveva un ruolo marginale nei sentimenti delle persone, l'animale "vero" era quello da lavoro e quello che si poteva mangiare, non così per il Pascoli, in lui trovavano amore e protezione e se invece Darwin in essi trovava l'espressione di sentimenti simili a quelli dell'uomo, il Pascoli ne coglieva una chiave poetica. Allora ecco che in casa Pascoli fu un susseguirsi di uccellini, tortone, merli, caprette, cani, alcuni di questi riposano nella loro piccola tomba nel giardino della casa del poeta a Castelvecchio; e sempre a proposito di animali e dell'intimo rapporto fra uomo e bestia rimarrà nella memoria di tutti la cavalla storna che trainava il calesse fino a casa, con sopra suo padre Ruggero assassinato. Nessuno vorrà dire chi è stato l'omicida, ma quando la madre del poeta ne fa il nome alla cavalla, lei emette un nitrito, un nitrito da brivido e di dolore disperato:
In piedi il padre di Giovanni,
 Ruggero Pascoli con la famiglia

"Chi fu? Chi è? 
Ti voglio dire un nome
E tu fa un cenno Dio t'insegni come...
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome... sonò alto un nitrito".

Illuminante e d'ispirazione a questo articolo fu una pubblicazione di Matteo Cavezzali di qualche tempo fa su "Il Fatto Quotidiano", è sottolineato bene il fatto dell'importanza delle parole, di quanto le parole, specialmente quando si parla di natura debbano essere precise, perchè la natura non si inventa, la natura è natura perchè è così come è, e Giovanni allora rimprovera i colleghi poeti di averla maltrattata e trascurata, come può essere che nella poesia "San Martino" di Carducci la nebbia sia agli irti colli? La nebbia quando pioviggina non sale, ma scende! E il mare urla e biancheggia con il libeccio, non con il maestrale. Anche Giacomo Leopardi è caduto nella trappola, ne "Il sabato del Villaggio" si parla di rose e viole, ma le rose e le viole sbocciano in diversi periodi dell'anno, non si possono trovare rose e viole insieme. Con questo il Pascoli ci faceva capire che la natura non ha bisogno di essere forzata per rientrare in un ideale poetico, anzi questo la

rende goffa e irreale... Basta guardare e descrivere le cose come sono, perchè sono molto più affascinanti di come possiamo immaginarle noi, che in confronto alla Natura, siamo solo piccoli uomini...



Bibliografia

  • "Greta Thunberg, prima di lei era Giovanni Pascoli a lottare per l'ambiente" di Matteo Cavezzali "Il Fatto Quotidiano" 21 aprile 2019

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