giovedì 27 gennaio 2022

Quando e come nacquero i mercati settimanali in Garfagnana. Storia curiosa e a dir poco singolare

Gallicano mercato anni'30
"È domenica mattina si è svegliato già il mercato, c'è la vecchia che
ha sul banco f
oto di Papa Giovanni, lei sta qui da quarant'anni o forse più e i suoi occhi han visto re scannati, ricchi ed impiegati capelloni, ladri, artisti e figli di...". Queste sono le strofe dell'ormai famosa canzone di Claudio Baglioni "Porta Portese". Era il 1972 quando queste note portarono alla ribalta nazionale quello che era il più famoso mercato di Roma. La storia narra che questo mercato nacque intorno al 1945 come nuova "location" della borsa nera che precedentemente si teneva a Campo 'de Fiori. La gente che esponeva la propria merce a questo gran bazar a cielo aperto era fatta da ambulanti, venditori improvvisati e perfino da semplici privati e la canzone di Baglioni fotografò perfettamente l'anima di chi vendeva qui la sua mercanzia. La storia dei mercati settimanali però nasce da molto più lontano, a Roma la fiera di Porta Portese esiste dal 1945, ma le vicende dei mercati settimanali garfagnini hanno una storia ultrasecolare, che parte addirittura nel lontano medioevo. Si può sicuramente affermare che tutto sia nato dal mestiere dell'ambulante che già in epoca antica percorreva mulattiere e strade, accompagnato dal fedele animale da soma, i più attrezzati avevano anche "il baroccio" e altri ancora un carro trainato dai 
muli. Figurarsi, con questi mezzi e con la forza delle proprie braccia questi commercianti "ante litteram" si spingevano fino a città lontanissime e di casa in casa per vendere o per procurarsi materie prime per creare i loro prodotti. Consideriamo poi che per lungo tempo questa figura fu di un'importanza sociale fondamentale, dato che l'ambulante fu l'unico a fornire beni e minuterie varie per gli abitanti dei molti paesini della montagna, ma non solo, egli fu l'unica fonte d'informazioni sul mondo, una sorta di telegiornale viaggiante. Poco alla volta, comunque sia, con lo sviluppo dei paesi e la relativa crescita di popolazione, dalle autorità locali furono individuati spazi appositi nei principali centri urbani per favorire l'incontro fra compratori e venditori in quello che in epoca medievale era definito "il libero commercio". Da quel momento il mercato settimanale assunse per la gente un nuovo momento di vita, il paese era diventato un cuore pulsante, le piazze e le vie del paese si animavano, era l'occasione per vestirsi a festa, per incontrare amici, si chiacchierava con chi non si vedeva da tempo, addirittura si allacciavano nuove conoscenze e si discuteva di affari, di politica e c'era chi portava perfino i propri risparmi per cercare di fare l'affare del momento. Tale giorno, era atteso con trepidazione,

Castelnuovo mercato
c'era anche chi veniva solamente per trascorrere una gradevole mattinata tra i banchi, immersi nei profumi delle spezie, di formaggi e salumi. Qui giungevano gli abitanti dei paeselli limitrofi, che arrivavano seguendo i tracciati di secolari mulattiere. Le donne che arrivavano a farvi le spese, oltre ai fagotti necessari, ne avevano sempre uno supplementare con dentro gli zoccoli buoni e poco prima di arrivare nella piazza principale sostituivano gli "scappini" (una sorta di scarpa rustica fatta in casa), che venivano nascosti in una siepe, li pronti per essere presi e calzati al ritorno. Nel "paesotto" si comprava tutto ciò che era necessario alla sopravvivenza delle piccole comunità: generi alimentari, attrezzi e utensili vari e pure cianfrusaglie per le vezzose del paese. Insomma questo fu lo spirito che per secoli e secoli rimase inalterato e che animò i nostri mercati, fino a qualche anno fa, oggi questa magia è però terminata... Tuttavia, in Garfagnana, lo sviluppo dei mercati (anche come oggi li conosciamo) lo dobbiamo ad una strada... la Via Francigena. Per i pochi che non lo sanno la Via Francigena fu una delle più importanti strade di pellegrinaggio che conduceva a Roma alla tomba dell'apostolo Pietro, questo cammino era una "selva" di strade, viuzze e di sentieri spesso paralleli, confusi, uniti e scissi dallo scorrere del tempo che trovava il suo passaggio anche in Garfagnana e nei suoi "hospitali". Era proprio questo il periodo in cui l'Italia era percorsa da una moltitudine di pellegrini, soprattutto da quei pellegrini provenienti dalla terra dei Franchi
La Francigena
(da qui il nome alla via). Tutto questo traffico di persone e cose portò i garfagnini ad ingegnarsi e a vendere i loro prodotti a questi forestieri, che a loro volta commerciavano anch'essi i prodotti provenienti dalle loro terre. Possiamo dire senza ombra di dubbio che gli affari andavano a gonfie vele, ma c'era pure qualcuno che non era affatto contento di questo andazzo, tant'è che si mise a protestare, cercando di far valere le proprie ragioni con chi di dovere. Difatti, coloro che abitavano più a valle si lamentavano di non poter usufruire di questi floridi commerci, poichè questi pellegrini scendendo dal nord si fermavano a smerciare o a comprare nei primi paesi garfagnini che incontravano sul loro cammino, escludendo di fatto una buona fetta di Garfagnana dal lucroso "businness". Senza ombra di dubbio tutto ciò necessitava di regole ferree ed eque, e così fu. Con buona pace di tutti le Signorie locali si accordarono e decisero di regolamentare questi mercati, stabilendo che i principali paesi della valle un giorno alla settimana, alternativamente potessero godere di scambi commerciali con i pellegrini. La soluzione trovò il consenso di tutti ma naturalmente bisognava pagare dazio e com'è nella più classica tradizione
 italica, ogni paese interessato da queste faccende doveva versare una tassa alle autorità locali. La "vil gabella" scomparì, quando in Garfagnana giunsero gli Estensi, che da buoni e saggi nuovi "padroni" vollero portare a sè i consensi della popolazione, recando ad essa forti vantaggi economici. Pertanto gli Este per un 
Niccolò III
determinato tempo esentarono le comunità della Garfagnana dal pagamento di ogni sorta di tassazione personale e reale, dai dazi interni ed esterni, dalle collette e dalle imposizioni sul sale. I nuovi sudditi estensi ottennero inoltre la libertà di commerciare con Lucca e la Toscana e di recarsi alle scuole di Pisa anziché a quelle di Ferrara; la possibilità di muoversi armati in tutti i domini Estensi e... udite udite, il beneficio di tenere fiere e mercati settimanali esenti da tributi. Era il 1439 quando Niccolò III Marchese di Modena decise tutto questo, disciplinando ulteriormente  questa attività, dando licenza a chiunque ne facesse richiesta di vendere la propria merce, i prodotti del campo, i propri manufatti, concedendo la vendita di attrezzi e di fare piccole riparazioni, confermò e dispose che tutti quei paesi che erano sul percorso della "Santa Strada" (la Francigena) un giorno a settimana "vicendevolmente" godessero degli scambi commerciali, e
cco allora che il giovedì sarebbe stato il turno di Castelnuovo, il mercoledì quello di Gallicano, il martedì a Piazza al Serchio e così via... Ma non solo, si decise infine di riunire a Castelnuovo, una volta l'anno, nella prima settimana di settembre tutti i migliori commercianti di bestiame e di prodotti agricoli provenienti da tutta la Garfagnana e dalle zone limitrofe, qui si vendevano o si scambiavano prodotti, si discuteva di nuove merci o di semine. Era nata così, in questo modo, la prima fiera garfagnina. Man mano che gli anni passavano la fiera divenne sempre più grande, diventando dopo Modena e Ferrara, l'esposizione più importante del Ducato. Anche le altre comunità garfagnine non soggette al potere degli Estensi come Gallicano (che era sotto la Repubblica di Lucca)organizzarono i propri mercati e sull'onda modenese indissero nuove fiere che potevano durare anche una settimana intera: "Si fa noto che a ciascheduna persona, qualmente in esecuzione della Special Grazia accordata dall'Eccellentissimo consiglio a questa Comunità, si darà principio martedì prossimo al nostro mercato nella piazza fuori da questo Castello, e così continuerà in avvenire ogni settimana, e in caso che il detto giorno venisse impedito da festa si anticiperà il lunedì. Vi
sarà poi una volta l'anno la Fiera alla quale si darà principio il 24 agosto e durerà tutto il restante di detto mese, per il qual tempo sarà lecito ad ognuno di vendere liberamente pane, vino e cibi cotti come sarebbe il biroldo".
La delibera gallicanese era del 1769 e introduceva una novità per i mercati nostrali, la vendita del cibo cotto. Ovviamente le persone che frequentavano questi mercati settimanali garfagnini erano ben diverse da quelle che oggi siamo abituati a vedere, gli ambulanti vendevano merce diversa da quella che oggi vediamo sulla bancarelle, ad esempio il sale. A tal proposito non mancò chi di questo ingrediente ne faceva contrabbando vendendolo sul "mercato nero". Questo preziosissimo bene era infatti soggetto a tasse onerose da parte dello Stato e un giorno di mercato (era
 il 20 maggio 1720) in quel di Castelnuovo, tal Giacomo Giacomelli, contrabbandiere d'eccellenza, nonchè novello Robin Hood si presentò nella piazza principale della cittadina con i suoi muli carichi, vendendo pubblicamente sale "con aperto scandalo universale", la gente nonostante la meraviglia accorse in fretta e furia e in men che non si dica il sale finì e il Giacomelli se ne andò tranquillamente come era venuto. Naturalmente il malvivente non la passò liscia, l'onta subita dal governo estense proprio sotto le finestre di "casa" fu troppo grossa e fu così che subì una condanna in contumacia al bando perpetuo. Non solo contrabbandieri, ma fra i protagonisti dei mercati di casa nostra esisteva un altro "fanfarone" da cui era bene star lontani: il ciarlatano. Questi malfattori erano veramente instancabili, percorrevano tutta l'Italia, dalle Alpi alla Sicilia, scaltri, furbi, sapevano stuzzicare la curiosità delle persone con mezzi sagaci che stimolavano una morbosa curiosità nel popolo. Appena arrivavano nei mercati garfagnini sapevano rubare subito la scena, montavano in men che non si dica il loro palchetto e subito vi salivano sopra. Alla fine dei conti il successo era garantito, tant'è, sempre a
Castelnuovo, gli fu riservato lo spazio migliore, quello dover poter accogliere più gente.
 Fra i "dotti" impostori che bazzicavano i mercati della Garfagnana si ha notizie di due infingardi, non sappiamo se le generalità fornite siano vere, ne dubito, ma dai registri delle autorità si ha notizia del dottor Salvadori, medico tirolese, vendeva "vino amaro", approvato nientedimeno dal sigillo del medico di corte del Regno di Napoli, un vero toccasana. Ma il medicamento più richiesto, a quanto pare, era un olio benefico, detto "olio di Sasso", un prodotto che veniva direttamente dalle terre del Ducato di Modena, tale portento scaturiva da alcune sorgenti del Monte Giglio, nei pressi di Sassuolo. Sicuramente questa "medicina" non mancava al più famoso di tutti i ciarlatani che in Garfagnana andava di mercato in mercato: Luigi Gambarotta di Pistoia, possessore inoltre del vero ed unico salutifero "balsamo antiermintico". Per fortuna c'era anche chi svolgeva il proprio commercio in maniera onesta e fra la svariata merce, questa persona offriva servizi che oggi sarebbero chiamati "alla persona". Lo scrivano di questa funzione ne era l'interprete principale visto che, fino agli inizi del 1900 la Garfagnana aveva un livello di analfabetismo al di sopra della media nazionale, perdipiù la necessità di scrivere lettere
aumentò di pari passo con l'incrementarsi dell'emigrazione. Lo scrivano lo si poteva incontrare 
 con cadenza settimanale nei principali paesi garfagnini nei giorni di mercato, aveva il suo banchino solitamente nella piazza principale, pronto a scrivere per l'innamorato di turno appassionate lettere d'amore, oppure a leggere anche le notizie inviate per lettera del caro parente emigrato nelle lontane Americhe, non gli mancava nemmeno di redigere anche missive di notevole importanza. Dopotutto la varia umanità che circolava nei mercati paesani, lasciò il suo segno anche nei detti popolari: "al mercato si conoscono gli uomini meglio che in chiesa". Quegli stessi detti popolari che hanno la forza di immortalare per sempre la vera essenza della saggezza.


Bibliografia

  • "Usanza, credenza, feste, riti e folclore in Garfagnana" di Lorenza Rossi, Banca dell'identità e della memoria, anno 2004
  • "Stasera venite a vejo Terè" . Gruppo vegliatori di Gallicano. Banca dell'identità e della memoria. "La strada" testimonianza di Maria Valentini
  • "Ciarlatani nei secoli" di Ugo Gabriele Becciani, Pistoia 2005
  • "Corriere della Garfagnana" n°4 aprile 2015, "I nuovi articoli sul dazio" di Guido Rossi
  • Antichi mestieri della montagna italiana (Leonardo Ansimoni 1980 stampato in proprio)
  • "Il cammino del Volto Santo. Dalla Lunigiana, attraverso la Garfagnana, fino a Lucca"

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