mercoledì 16 febbraio 2022

Le antiche lavorazioni. Quando in Garfagnana si produceva la seta

La vera protagonista di tutto è lei: la "Bombix Mori"... A molti il nome scientifico di questa specie di falena dirà ben poco, visto che la sua origine è data nei lontanissimi Paesi dell'Asia centro orientale. Certo la cosa cambia nel dirvi che la larva di questa farfalla è da tutti conosciuta come "baco da seta". Il piccolo baco è un gran lavoratore, produce la seta da due ghiandole che sono collocate all'interno del corpo. La seta è costituita da proteine raccolte nelle sue ghiandole, che fa uscire da aperture situate ai lati della bocca. Questa specie di bava è sottilissima e una volta che viene a contatto con l'aria si solidifica e, guidata dai movimenti della sua "testolina" si dispone in strati, formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il baco impiega 3-4 giorni per preparare il bozzolo, formato da circa 20-30 strati concentrici costituiti da un unico filo ininterrotto. Questi animaletti, oltretutto, sono dei grandi "mangioni", mangiano foglie di gelso giorno e notte, senza
interruzione e di conseguenza crescono rapidamente. Di tutto questo gran lavorio se ne accorse casualmente, così come leggenda racconta, l'imperatrice cinese Xi Ling Shi. Era il 4000-3000 a.C quando sua altezza imperiale nel bere il suo quotidiano tè all'ombra di un gelso, si accorse che un bozzolo gli era caduto accidentalmente nella sua tazza bollente e fu proprio grazie al calore di quella bevanda che si rese conto del filamento che se ne poteva ricavare. Da quel giorno l'allevamento dei bachi e la procedura della lavorazione dei bozzoli per secoli e secoli furono procedimenti tenuti segreti dagli imperatori cinesi che ambivano a mantenere il monopolio della produzione e della vendita di questo pregiatissimo manufatto. Verso il 550 d.C il segreto non fu più un segreto, il mondo si era aperto ai mercanti che cominciarono a fare bei soldoni con questo prezioso tessuto. Fu così che questi mercanti cinesi fecero apprezzare le qualità della seta ai paesi confinanti e di li piano piano la conoscenza di questa lavorazione arrivò anche in Europa. La storia ci racconta che furono dei monaci agli ordini dell'imperatore bizantino Giustiniano che portarono a Costantinopoli dal lontano oriente delle uova di baco, nascoste nella parte cava di alcune canne di bambù. A quanto pare fu però un principe normanno ad introdurre il baco da seta in Italia. Era verso
l'anno 1100 quando tramite gli arabi, il principe Ruggero II portò in Sicilia ed in Calabria questa nuova produzione. D
a queste due regioni ben presto l'elaborazione della seta si sparse in tutto il Paese e in circa due secoli l'Italia divenne il maggior centro europeo della lavorazione della seta. Como, Bologna e soprattutto Lucca divennero le principali protagoniste nell'arte della seta. Ma perchè proprio Lucca? La città aveva la grande fortuna di trovarsi sulla Via Francigena, una strada, come ben si sa, che collegava tutto il traffico della Pianura Padana e dei Paesi d'oltralpe verso la tomba dell'apostolo Pietro in quel di Roma. Per altro Lucca, per questi pellegrini, era meta di sosta per coloro che volevano far visita al Volto Santo. Fra i devoti della Santa Immagine c'erano anche mercanti di lana grezza e di seta, dai quali i lucchesi impararono le tecniche di lavorazione di questo nuovo e straordinario tessuto. Una volta appresi tutti i segreti di questa produzione giurarono poi di non confidarli mai a nessuno e per nessuna ragione al mondo. Fra l'altro rimaneva un mistero anche la sapiente procedura della colorazione della seta, abilità in cui i lucchesi divennero esperti maestri. Alla base di tutto c'era però il fondamentale allevamento dei bachi da seta. Fino agli inizi del 1300 questa pratica non era assolutamente esercitata in Toscana, la grave
"Lavorazione della seta"
pittore Barsotti
Archivio di Stato Lucca
mancanza fu ben presto risolta e l'attività cominciò (anche) in una lontana e remota parte della Repubblica lucchese. Questo luogo era in Garfagnana e Gallicano e il paese di Verni erano i più importanti territori deputati a questa difficile coltura. La scelta di installare nella Vicaria di Gallicano la lavorazione della seta non fu dovuta certamente a qualche abilità particolare dei gallicanesi o degli abitanti di Verni, tutt'altro, la circostanza si rifaceva a due sostanziali motivi. Il primo era di natura opportunistica: a Gallicano esistevano già delle fabbriche tessili, in questo modo non ci sarebbe stato bisogno di cercare altri telai altrove. Il secondo e più considerevole motivo era di carattere puramente economico. La Vicaria alla fine del 1500 si trovava in gravi difficoltà finanziarie per le grandi carestie di segale, frumento e castagne e per il costoso mantenimento delle soldatesche, di fondamentale importanza poichè il paese era zona di confine con il Ducato di Modena. Per questi motivi Gallicano contrasse molti debiti con la stessa Repubblica di Lucca, con i privati cittadini e soprattutto con la Corte dei Mercanti. Infatti si ha notizia da fonti di archivio che il consiglio gallicanese, di frequente inviava a Lucca dei messi in cerca di aiuti, con la promessa che questi sarebbero stati ripagati con i nuovi raccolti. Ma nonostante gli sforzi, i bandi di proibizione di trasportare fuori del territorio pani, pattone e castagne e il vile censimento per
Gallicano
controllare i raccolti, non fu mai possibile pareggiare i debiti contratti. Ad ogni modo gli esosi mercati lucchesi non sentirono discussioni, decisero così che i gallicanesi avrebbero pareggiato il loro debito con la lavorazione della seta e l'allevamento del baco per loro conto. Si iniziò così in quel lontano periodo l'allevamento di questo insetto, furono così piantati i gelsi e prese vita nelle case della comunità la produzione dei bozzoli. Le uova perchè si sviluppassero meglio con caldo costante e umidità necessaria, per dieci giorni venivano tenute in seno da alcune donne, racchiuse in sacchetti di stoffa; quindi una volta schiusesi le uova, i bachi venivano poste sui "cannicci" in stanze apposite. I "cannicci" erano sorretti da quattro colonne di legno alla distanza di 50 centimetri l'uno dall'altro e sopra di essi veniva sparsa la foglia di gelso. Dopo varie mute il baco compiva il suo sviluppo ed era pronto per la formazione del bozzolo, si facevano così delle fascine di stipa, affinchè le bave potessero attaccarsi e formare in questa maniera il bozzolo. Si passava poi alla raccolta e alla lavorazione. Il bozzolo veniva così messo in acqua bollente in modo che la crisalide morisse, una volta morta l'operaio poteva trovare il capo del filo. Si passava poi alla "torcitura", era prima necessario ripassare la seta in acqua calda per eliminare tutte le impurità, dopodichè una volta raffreddata si staccavano i filamenti e si procedeva alla torcitura di tre fili. Con l'umidità i fili s'incollavano e rimanevano
resistenti e compatti. Il passaggio successivo era la tessitura. La seta usciva dai telai grezza e per sbiancarla doveva essere sottoposta a trattamenti particolari. Ogni bozzolo produceva cento metri di filo! Come avete letto tutta la lavorazione aveva un procedimento lungo, laborioso e complicato, proprio per questo, su tutto ciò si celava il più grande riserbo, guai allora per chiunque osasse portare il segreto fuori dalle mura del paese: "Per parte e comandamento dei Signori Giudici e Consoli dell'abbondanza e magnifica città di Lucca, si fa bandire pubblicamente e notificare ciascuna persona di stato grado condizione si sia che non ardisca fuori dalle mura castellane, dare ed assegnare seta tranne alle maestre (n.d.r: le donne addette alla lavorazione)che la trarranno in loco di lavoro. La consegnazione della seta si debba fare drento alla città di Lucca". Così, nel 1593 deliberò il Consiglio della Vicaria di Gallicano, sarebbe stato cacciato dal paese chiunque avesse fatto uscire seta dalle porte
 del castello... Anche gli stessi lavoratori della seta aveva delle severe limitazioni, infatti si potevano tenere in casa non più di due mazzi di seta per volta. Coloro che invece la seta andavano a ritirarla a Lucca dovevano tenere un libro per il carico e lo scarico del tessuto, un altro libro in cui notificare tale trasporto da riconsegnare ai commissari del podestà, ed un terzo libro tenuto per il pagamento delle tasse. Dulcis in fundo, il podestà faceva giurare i maestri, le maestre e gli ufficiali addetti, di dare un vero
resoconto ai proprietari della seta. Su questo leitmotiv le leggi gallicanesi sulla lavorazione della seta continueranno negli anni, segno che, questa manifattura non fu un fatto sporadico. Anno di Grazia 1605: "...che persona alcuna ardisca vendere, comprare o mercatare seta fuori dalle mura, pena 50 scudi. Che non si possono possa portar fuori dallo Stato stracci di seta, acce, e bozzoli forati...". Insomma era il periodo del trionfo della seta. Nella Repubblica di Lucca l'apice di questa industria fu dal XIII secolo al XVI, un lungo periodo, figuriamoci che durante la Signoria di Paolo Guinigi (1400-1430) nella Repubblica di Lucca c'erano tremila telai che davano lavoro a dodicimila persone. Attilio Giovanni Arnolfini (idrologo e scrittore lucchese)  scrisse che all'inizio del 1500 si esportavano da Lucca 1440 casse contenenti libbre 36.000 di seta, pari ad un guadagno di cinquecentomila scudi. Con i secoli che passavano piano piano il grosso giro di affari cominciò però a ridursi. All'inizio del 1700 i telai attivi erano rimasti 700. Nel 1767 erano già meno della metà. La grande concorrenza di stati nazionali e di città come Venezia avevano ormai messo in ginocchio una delle industrie più fiorenti della storia della Repubblica lucchese. E a Gallicano e a Verni la storia come finì? In questi paesi garfagnini seppero
riadattarsi in maniera a dir poco egregia. I telai non furono assolutamente abbandonati, anzi, furono risistemati per nuove lavorazioni. L'intensificarsi della coltivazione della canapa dava ottimi risultati. Cominciò così la produzione di biancheria pregiata dei corredi, quei corredi che ancora oggi (grazie alle nostre nonne) sono ancora nelle nostre case.


Fonti

  • Archivio Storico di Gallcano
  • "Regolamento della lavorazione della seta nella Vicaria di Gallicano-1593-" da uno studio del Professor Gastone Lucchesi

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