mercoledì 21 ottobre 2020

Tre famosi condottieri romani che lasciarono il segno in Garfagnana...

Condottieri, comandanti e valorosi guerrieri, erano loro i veri eroi,

gli idoli incontrastati, nonchè le autentiche leggende viventi nell'antica Roma. Oggi questi idoli ne abbiamo sparsi un po' in tutti i campi dello spettacolo: sport, cinema, musica... Un colpo di tacco di Cristiano Ronaldo non manca di mandare in visibilio uno stadio intero. A Roma 2000 anni fa lo stesso effetto lo faceva il gladiatore più famoso di tutti: Spartacus, un fendente della sua spada generava un'esplosione d'entusiasmo in tutto il Colosseo e se nei cosiddetti "peplum" il famoso attore di turno si beatifica delle sue artificiali vittorie passando sotto un posticcio arco di trionfo, al tempo Scipione l'Africano in barba a qualsiasi finzione cinematografica, non recitava, lui attraversava veramente questi possenti archi, fra la folla stipata che lo acclamava come un vero e proprio Dio. D'altronde al tempo la popolarità si misurava in base alle terre conquistate, più conquiste si facevano più notorietà si acquisiva e più notorietà si acquisiva più potere si otteneva. Di questi condottieri bramosi di potere e di fama, alcuni ne sono passati anche in Garfagnana e tre di loro hanno lasciato un segno indelebile nella storia del paese a cui (a quanto pare) hanno dato il
nome. Infatti così fu  per un discendente della "gens" Minucia, riconosciuta da tempo immemore come un'antichissima famiglia patrizia, si parlava di essa fin dai tempi della repubblica e l'importanza di questa stirpe nei secoli a venire acquisì sempre più prestigio ed importanza, tanto da dare il nome a diversi monumenti dell'antica Roma: il Pons Minucius (un ponte lungo la via Flaminia), il Porticus Minucia e perfino una strada: la via Minucia, che collegava Benevento con Brindisi. Duecento anni prima della venuta di Cristo, un'ennesimo illustre figlio di questa progenie ebbe l'onore di dare il nome a un paese garfagnino. Lui era Quinto Minucio Termo e il paese in questione era Minucciano. La storia di questo condottiero cominciò ad adornarsi di gloria quando nel 202 a.C era al servizio di Scipione come tribuno militare nella campagna d'Africa. Da li in poi fu un continuo successo: nel 201 
a.C fu nominato tribuno della plebe, nel 197 a.C "edile curule" (il magistrato che aveva cura degli edifici, delle strade, degli spettacoli e della polizia urbana), successivamente venne incaricato di fondare sei nuove colonie lungo le coste italiane. Ma fu nel 196 a.C che la sua carriera toccò l'apice, quando da pretore gli fu affidata la provincia della Spagna Citerione, in men che non si dica riuscì a
Minucciano

sedare ogni rivolta e a consolidare nuovamente il potere di Roma in quella parte di penisola iberica. L'anno dopo tornò a Roma dove gli fu tributato il trionfo... Ma con tutti questi luoghi lontani migliaia di chilometri dalla Garfagnana, Minucciano cosa c'entra? Minucciano, o meglio ancora quelle terre che diventeranno Minucciano, cominceranno a salire agli onori delle cronache verso il 193 a.C, quando da console a Quinto Minucio Termo fu affidata la Liguria come provincia, li, e in quelle vicine montagne era infatti scoppiata una rivolta, gli Apuani stavano mettendo a ferro e a fuoco ogni accampamento romano in terra di Garfagnana e anche in quei versanti che davano sul mar Ligure. Minucio Termo fu quindi inviato in questi luoghi per ripetere quello che anni prima aveva fatto in Spagna. Da subito il furbo console capì che questi "barbari" nostrali erano fatti di un'altra pasta in confronto agli spagnoli, tant'è, per paura di essere attaccato portò a Pisa il suo quartier generale, ben lontano dal centro delle rivolte. In inferiorità numerica fu costretto più volte sulla difensiva e 
nei boschi garfagnini in più di un'occasione  fu amaramente sconfitto. Nonostante le sconfitte il suo "imperium" fu rinnovato, furono inviati finalmente (per lui) dei rinforzi e l'anno successivo (192 a.C) grazie a questo ottenne delle vittorie decisive contro gli Apuani. A quanto pare, da fonti non documentate, fu proprio dove oggi sorge il borgo garfagnino che Quinto Minucio Termo, malgrado la vittoriosa battaglia, rischiò di veder distruggere le sue legioni. Il notturno e improvviso agguato perpetrato dagli Apuani
all'accampamento del celeberrimo condottiero fece seriamente vacillare i legionari romani, tuttavia i militi dell'Urbe seppero reagire e fecero propria la vittoria. Sembra proprio grazie a questo successo che il nome di Minucio Termo rimase legato a questa terra a perpetua memoria. Ma come spesso succede a una luminosa "stella", dopo anni di successi ed acclamazioni arriva anche il periodo ed il tempo in cui questa stella si oscura. Gelosie ed invidie furono le motivazioni principali per cui la stella di Minucio si smorzò definitivamente. Rientrato a Roma nel 190 a.C il console "garfagnino" chiese il trionfo per le vittorie ottenute, ma gli fu negato per la forte opposizione di Catone che lo accusava (si dice ingiustamente)di aver ucciso dieci uomini liberi in Liguria, di aver inventato false battaglie e di aver esagerato con il numero di nemici uccisi. Oltre a spegnersi la buona stella, nel 189 a.C si spense anche la vita di Minucio, morto in battaglia nella guerra contro i Galati.

Invece a questo generale romano bastarono alcuni mesi di sosta in Garfagnana, senza combattere nessuna battaglia o uccidere

chicchessia per dare il suo nome a ben quattro paesi. Ma, ad onor del vero, meno si aveva a che fare con questo personaggio e meglio era. In fatto a desiderio di potere e di fama (buona o cattiva che fosse non gli importava), Lucio Cornelio Silla non lo batteva nessuno. Tra i condottieri romani di epoca repubblicana fu quello che si avvicinò di più all'accecante bagliore del potere senza confini. Gli antichi lo descrivevano come uomo senza scrupoli, questa mancanza lo portava a tradire amici e ad eliminare chi, forse un giorno lo avrebbe potuto tradire. Rimase comunque un abilissimo generale, anche se il suo esercito non lo seguiva per fedeltà, ma solo per le laute ricompense che gli offriva. La vita di Silla fu segnata da una continua scalata alla gerarchia sociale, fin da piccolo, quando nacque da una famiglia nobile decaduta. La sua gioventù fu poi molto "chiacchierata", si diceva che si faceva mantenere da una prostituta greca che, a quanto pare gli lasciò in avere una cospicua eredità. I destini suoi e della Garfagnana s'incrociarono nel 102 a.C, quando partì da Roma con le sue legioni per aiutare Gaio Mario e i suoi legionari a sconfiggere nella lontana Gallia i Cimbri e Teutoni. Nel suo tragitto per arrivare nell'attuale Francia passò anche in prossimità dell'attuale borgo di Sillano e li si fermò. Il rigido inverno garfagnino e le abbondanti nevicate non permetteva all'esercito di Silla di attraversare le montagne, perciò il generale decise di svernare su questi monti in attesa di tempi migliori. Furono costruite così delle robuste capanne di legno per ripararsi dai rigori del freddo, in attesa della primavera. All'arrivo della buona stagione questa capanne furono abbandonate, l'esercito riprese la marcia verso la Gallia e coloro che abitavano quelle zone s'insediarono in queste baracche lasciate dai soldati. Non a caso un detto popolare dice che: "Sillano, Sillico, Sillicano e Sillicagnana sono i paesi più vecchi della Garfagnana". Fattostà che una volta giunto a destinazione, 
Silla sconfisse i nemici presso Acquae Sextie(oggi Aix en Provnce). Una volta tornato a Roma cominciò veramente a fare piazza pulita di tutti i suoi nemici e nell' 82 a.C, dopo la battaglia di Porta Collina entrava a Roma e assumeva pieni poteri, consacrandosi dittatore. 
Quando la sua figura sembrava ormai assimilata a quella di un monarca assoluto, Silla sorprese tutti e abbandonò il potere, ritirandosi a vita privata. Le ragioni di questa sua scelta non sono chiare: forse l'effetto della grave malattia alla pelle che lo portò alla morte nel giro di un anno, forse la voglia di godersi la vita al fianco di Valeria, la sua quinta moglie.

Il prossimo personaggio che vado a raccontarvi non raggiunse mai la celebrità dei suoi colleghi qui sopra citati e se si vuole la sua fama non è legata a conquiste, vittorie o a chissà quale epiche

imprese. Anzi, la sua notorietà assunse agli altari della gloria ben 1700 anni dopo la sua morte, quando nel 1747 nell'odierno comune piacentino di Lugagnano fu rinvenuta una gigantesca tavola di bronzo dalle misure stratosferiche: un metro e trentotto di altezza, due metri e ottantasei di larghezza, pari ad un peso di circa duecento chili. Questo ritrovato di epoca traianea (96 d.C-117 d.C) prese il nome di "Tabula alimentaria di Veleia". Il documento testimoniava un'antica forma di quello che oggi i politologi chiamerebbero "welfare", che non è altro che la fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili al cittadino. L'imperatore Traiano difatti fondò "l'istituto degli Alimenta", questo istituto prevedeva un prestito ai cittadini da parte dello Stato per acquistare terreni o grandi appezzamenti di terra, dietro garanzia ipotecaria, i cui interessi venivano esclusivamente destinati al mantenimento dei giovani in situazione di difficoltà. L'iniziativa puntava ad un duplice scopo: sostenere e rilanciare l'agricoltura nell'Italia settentrionale e assicurare un futuro degno di tale nome a quelle
generazioni di giovani che non avevano i mezzi per sostenersi. Rimane il fatto che in questo vasto elenco di nomi trovati nella lastra bronzea spuntava anche un certo Cornelius Gallicanus, che come sembra, grazie a ciò, acquistò il suo appezzamento di terra nella futura Gallicano. Caio Cornelius Gallicanus a quanto pare non fu mai un militare, ma un solerte funzionario dello Stato, ricoprì molti ed importanti ruoli amministrativi nelle varie provincie dell'impero fino a che arrivò il giorno della meritata pensione... L'imperatore Traiano gli affidò però un ultimo compito quello di "curatore rei alimenta", un'ennesimo programma di fondi pubblici per la sussistenza ai bambini poveri. Fatto questo, Cornelius prese possesso da colono romano delle sue nuove terre in Garfagnana, le stesse terre che Roma incentivava a colonizzare attraverso forti sgravi fiscali, dopo che gli Apuani furono sconfitti e cacciati per sempre.
Gallicano

Ma la vita anche anche al tempo era effimera, breve e fuggevole e se per molti come concetto principale della propria esistenza valeva il successo e la bramosia di potere, altri ancora ricordavano a questi quanto era difficile vivere con questo pensiero fisso nella testa, perchè bene o male i filosofi latini ricordavano a tutti il riassunto universale della vita del "Veni, vide, vale"... "vieni, guarda e...saluta".


Bibliografia

  • - Mario Enzo Migliori - L’Origo Gentis Romanae. Ianiculum e Saturnia 2015
  • - Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - Libro VIII
  •  - Jérôme Carcopino - Silla o la monarchia mancata - trad. Alberto Consiglio - Roma - Longanesi - 1943 
Sitografia

  • https://wsimag.com/it/cultura/49982-la-tabula-alimentaria-di-veleia

2 commenti:

  1. Come sempre fai scoprire la storia della nostra terra con chiarezza e anche solleticando la curiosita' di soprire e saper di piu' del passato. Grazie Paol;o!!

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