mercoledì 8 marzo 2017

La stupefacente storia di un emigrante coreglino che (forse) partecipò alla congiura sull'assassinio di Lincoln

Ci sono storie e storie. Non tutte le storie da raccontare
sono uguali specialmente se si parla come in questo caso di emigrazione. Ogni persona che intraprende questo viaggio verso una nuova terra avrà di per se da riferire una vicenda eccezionale fatta di tribolazioni e speranze, ma fra tutte queste storie ordinarie e straordinarie allo stesso tempo c'è nè sempre qualcuna che differisce da tutte le altre per atipicità, sorpresa e stupore, insomma, un fatto da narrare veramente speciale. Naturalmente da un punto di vista storico mi riferisco ad avvenimenti accaduti ai nostri emigranti nei secoli passati, che partivano dalla Valle del Serchio e dalla Garfagnana in cerca di miglior fortuna. Questo storia fuori dall'ordinario di cui parlerò mi è stata gentilmente passata e sottoposta ad attenzione e studio da un amico blogger: Andreotti Roberto e a portare alla ribalta tutta la vicenda è stato Doug Acree un discendente di Giuliano Luisi (colui che sarà il protagonista dei fatti), che attualmente vive negli Stati Uniti nello stato della Virginia, proprio li, dove si svolgerà tutta lo stupefacente racconto. Tutto nacque nella Coreglia di metà 1800, quando l'arte dei figurinai la faceva da padrona. Coreglia è la patria di questo umile mestiere che vide in paese fra i primi suoi fautori il barone Vanni che fondò una scuola dove si apprendeva a "gettare in stampo". Per i pochi che non lo sanno i figurinai erano artigiani itineranti che portandosi dietro solo pochi attrezzi di lavoro trasformavano il gesso in piccole e 
figurinaio coreglino
splendide statuette. Essi girovagavano di città in città, di porta in porta e la loro maestria in poco tempo portò questo mestiere a diventare una vera e propria arte. La sola bravura però non bastava per tirare avanti e così con l'andar del tempo
 molti uomini furono costretti ad abbandonare le proprie famiglie e cominciare nuove vite in altre nazioni. Il grosso di questi flussi migratori parti agli inizi del 1800 per tutta Europa e per le lontane Americhe. Una volta giunti nel paese d'accoglienza, spesso si formavano delle vere e proprie compagnie di figurinai, composte da un titolare, nonchè maestro d'arte e quattro o cinque apprendisti ai quali veniva insegnata l'arte e il mestiere di venditore. In questo contesto Giuliano Luisi sbarcò in America nel 1850, era nato a Coreglia il 30 agosto del 1830, alle spalle aveva un mestiere, faceva intonaci ornamentali, ma come tutti i coreglini aveva intrapreso sapientemente anche la carriere di figurinaio. Giuliano arrivò negli Stati Uniti appena ventenne, in precedenza suo fratello Salvatore era già emigrato negli States e aveva messo su famiglia in quel di Baltimora (Maryland), mentre Giuliano con l'altro fratello Giovanni cominciò ad intraprendere nuovi lavori, il mestiere di figurinaio gli stava stretto e non gli bastava. Giuliano era ambizioso, dinamico e operoso, tant'è che pochi anni dopo il suo arrivo (nel 1859) a Richmond in Virginia aprì una birreria sulla Franklin Street la "Alluis & Co." e nel 1860 anche una pasticceria. Fin qui se si vuole fu una dura vita da emigrante come tante altre, niente di più, ma sotto sotto Giuliano covava altro. La sua industriosità e il suo voler emergere oltre che nel campo lavorativo trovò spazio pure nel sociale. Il suo nome intanto si trasformò da Giuliano Luisi nel più yankee Julian Alluisi, c'era poco da fare voleva uscire a tutti i costi dall'umile stereotipo di emigrante italiano e ci riuscì in pieno. Guardiamo come. 
Giuliano Luisi
(foto di Doug Acree)

Venti di secessione e di guerra stavano infatti spirando su tutti gli Stati Uniti e quale miglior occasione ci poteva essere per emergere da una possibile vita anonima che arruolarsi nell'esercito? Così fu, Julian entrò a far parte dei "Richmond Grays"(n.d.r: I Grigi di Ridhmond) una milizia federale di soldati schiavisti, contrari a qualsiasi forma di integrazione da parte dei negri d'America. Con ogni probabilità il coreglino non fu mosso da ideali anti-schiavisti, cosa ne poteva sapere un emigrante italiano di tutto ciò? Anzi è bene considerare che in America per molto tempo fra gli ultimi scalini della scala sociale dopo le persone di colore veniva sicuramente l'emigrato italiano, questo conferma il fatto che la sua fu una scelta e un occasione per distinguersi da tutti gli altri. Fattostà che entrò a far parte di questa milizia che rimase famosa per uno degli episodi più famigerati della storia americana: la cattura e la conseguente morte di John Brown, a questa operazione partecipò anche Giuliano. John Brown molti se lo ricorderanno qui in Italia più che altro per la famosa canzoncina che dice così: "John Brown giace nella tomba la nel pian, dopo una lunga lotta contro l'oppressor, John Brown giace nella tomba la nel pian, la sua anima vive ancor" e il ritornello che fa: "Glory, glory alleluia,Glory, glory alleluia,Glory, glory alleluia". Ma John Brown non fu una semplice canzone popolare ma bensì un convinto abolizionista dello schiavismo e sostenitore della parità dei diritti tra bianchi e neri che quel 16 ottobre del 1859 decise d'attaccare l'arsenale federale di Harper's Ferry in Virginia, allo scopo di provocare una rivolta degli schiavi che sarebbero poi stati armati con il materiale prelevato dall'arsenale stesso. Il tentativo fallì miseramente, gli schiavi rimasero totalmente apatici, forse per paura di azioni repressive e così Giuliano con i "Richmond Grays" entrarono in azione, dopo un lungo conflitto morirono solamente due miliziani e degli uomini di Brown ben dieci. Lo stesso Brown fu catturato e condannato a morte per cospirazione, omicidio e insurrezione. Il 2 novembre fu impiccato, ma quel giorno la storia con la esse maiuscola venne incontro per sempre a Giuliano Luisi. Dopo l'impiccagione un gruppo dei "Richmond Grays" che era di guardia all'infausto evento decise per "festeggiare" di farsi fotografare, quella foto (che potete vedere qui sotto) rimarrà fra le più famose di tutta la storia americana, proprio perchè oltre che esservi raffigurato il coreglino Giuliano è presente uno degli assassini più famosi al 
La famosa foto. Nei cerchi rossi
 Giuliano Luisi e John Booth con
un pugnale in mano
mondo: John Wilkes Booth, colui che sei anni dopo quell'immagine uccise con un colpo di pistola alla testa Abramo Lincoln
(nello scatto lo possiamo vedere con un pugnale in mano). John e Julian con ogni probabilità si conoscevano e ciò porterà a vaghi sospetti anche sulla stessa vicenda Lincoln...Con la morte di John Brown comunque la secessione e la guerra divennero inevitabili. La Virginia nel maggio del 1861 insieme ad Arkansas, Carolina del Nord e Tennessee rinunciò all'appartenenza agli Stati Uniti d'America passando così alla Confederazione. Il nostro Julian Alluisi partì allora volontario nella guerra con l'esercito sudista e si unì di fatto al 1° reggimento fanteria Virginia, compagnia K, con il grado di tenente, sotto i diretti ordini dell'illustre generale George Edward Pickett. Partecipò a numerose e famose battaglie, fu ferito negli scontri di First Manassas e anche a Seven Pines e ringraziando la sua buona stella non partecipò alla tristemente celebre battaglia di Gettysburg che vide migliaia e migliaia di morti sia da una parte che dall'altra. Con questa battaglia la guerra si decise e poco tempo dopo finì e finalmente Giuliano decise di metter su famiglia, tornò a Coreglia e sposò Filomena Luisi, una sua prima cugina che nel 1866 portò in America. Ma la sua storia non finì qui...al suo ritorno negli Stati Uniti venne fuori per la prima volta la sua appartenenza alla loggia massonica "Francoise Lodge" di Richmond e questo portò a galla una serie di infinite illazioni mai provate sui coincidenti fatti che Giuliano conoscesse John Wilkes Booth (l'assassino di Lincoln), per capirsi bene anche questo presidenziale omicidio come quello di quasi un secolo dopo di John Kennedy portò all'ipotesi di un complotto, in questo caso sarebbero stati coinvolti massoni sudisti (fra cui Giuliano)e ben noti banchieri ebrei americani che volevano rientrare dei finanziamenti elargiti durante la guerra di secessione. Ad 
John Wilkes Booth
avvalorare la complicata tesi dei complottisti rimane il fatto che in un libro del 1937 "This one mad act" di 
Izola Forrester(nipote di Booth) scrisse che suo nonno apparteneva alla loggia massonica dei "Cavalieri del Circolo d'Oro" e che l'uccisione del suo familiare fu organizzata da Judah Benjamin (massone di alto grado e agente dei banchieri Rothschild) per tappargli definitivamente la bocca sui vari intrighi di cui lui era a conoscenza. La versione ufficiale ci dice che Booth fu catturato e ucciso in un fienile dove rifiutò di arrendersi, undici giorni dopo la morte di Lincoln , a quel punto i soldati dettero fuoco a tutto il circondario e il colonnello Gonger gli sparò ferendolo mortalmente al collo. A tutto questa intricata congiura si dice che fra i molteplici ideatori ci fosse anche l'ormai americano Julian Alluisi, nessuna prova o documento attesta questi fatti, ma solo ipotesi fatte su congetture. Giuliano morì il 15 ottobre 1889 ed è sepolto nel cimitero di Hollywood (Virginia) vicino alla tomba del suo generale Pickett. 
Rimane il fatto che Giuliano riuscì nel suo intento di emergere, se ancora oggi parliamo di lui...

Bibliografia:
La tomba di Julian Alluisi
  • "Storia di un emigrante coreglino. Da Coreglia a Richmond" a cura di Andreotti Roberto, Paola Tonarelli su documenti inviati da Doug Acree
  • "This one mad act" 1937 Izola Forrester
  • "Decapitating the union: Jefferson Davis, Judah Benjamin and the plot assassinate Lincoln" di John C. Fazio. Editore Mc Farland 2015

mercoledì 1 marzo 2017

Per chi suona la campana? Il "linguaggio" delle campane in Garfagnana

Barga, il duomo e le Apuane
"Al mio cantuccio dove non sento se non le reste brusir del grano
il suon dell'ore vien col vento
dal mio non veduto borgo montano
suono che uguale, che blando cade
come una voce che persuade".

Così si apre una delle poesie più belle di Giovanni Pascoli: "L'ora di Barga". In lontananza le campane del duomo di Barga sorprendono il poeta nel suo "cantuccio" di Castelvecchio. Quel suono gli pare una voce soave che scende dal cielo e ciò gli rammenta l'inesorabile trascorrere del tempo e meditando ragiona sul fatto che il tempo è passato e continuerà a passare fino ad arrivare alla morte...
Proprio così, le campane oltre che segnare lo scorrere del tempo scandivano la vita dei paesi garfagnini. Si, perchè è bene essere chiari da subito, le campane "parlano". Da sempre nelle nostre comunità ritmavano il passare del tempo e avvolgevano nel vero senso della parola la vita di un paese. Ogni borgo garfagnino, dal più grande al più piccolo aveva (e ha) il suo campanile e di conseguenza la sua campana che fornisce (o meglio forniva)un vero linguaggio di comunicazione a distanza capace di essere interpretato da tutti. Questa "lingua" aveva il potere di chiamare a raccolta un intero paese a qualsiasi ora e il diverso ritmo e suono annunciava gioie, dolori, morte e minacce imminenti, insomma, scandiva l'esistenza della gente. Adesso è proprio il caso di dire è tutt'altra musica, la modernità le ha portate ad essere vituperate e talvolta 
Campanile e chiesa di San Jacopo, Gallicano
(foto Daniele Saisi blog)
ingiustamente accusate di "inquinamento acustico" e nessuno riesce più ad ascoltarle soffocate dal frastuono delle auto. Ma adesso parafrasando un romanzo di Heminghway guardiamo "per chi suona la campana". La vita quotidiana in Garfagnana come poi del resto da tutte le altre parti veniva regolata dal levare del sole e dal calare delle tenebre. Con il sorgere del sole in montagna e in tutti i paesi della valle riprendevano i rumori, la gente si dirigeva nei campi o nelle stalle e le campane delle chiese cominciavano a "parlare". La prima che suonava era proprio sul fare del giorno e veniva chiamata "campana mattutina", era la campana che dava la sveglia e ricordava a tutti di recitare l'Angelus Domini, una preghiera 
nata nel lontano 1269 e rivolta a Maria, la solita preghiera doveva essere poi ripetuta allo scandire del mezzogiorno, quando si sospendevano i lavori per il pranzo o molto più semplicemente per un pasto frugale. Alla sera invece, alla fine della giornata lavorativa, anticamente le campane squillavano a lungo tre volte a distanza di ogni ora. La prima scampanata avveniva un'ora prima del tramonto ed era curiosamente chiamata "l'Ave Maria delle ventitre" e indicava di lasciare il lavoro e di mettersi in cammino verso casa poichè il sole cominciava a calare, il vecchissimo detto popolare che dice "Per l'Ave Maria delle ventitre o a casa o per la via" conferma questa arcaica tradizione, a questo
Il momento dell' Ave Maria
i lavori nei campi si sospendono e si prega
suono naturalmente era legata anche una preghiera da rivolgere ai malati e ai moribondi del paese. Il secondo suono era chiamato "Ave Maria delle ventiquattro" e indicava l'inizio dell'oscurità e consigliava a chi si trovava in cammino di affrettarsi verso casa. Il terzo e ultimo suono era conosciuto come "l'Ave Maria di un ora di notte" da tutti comunemente detto "ordinotte", segnalava che era passata già un ora della notte ed era veramente pericoloso trovarsi ancora in cammino: manigoldi, pochi di buono e spiriti maligni cominciavano ad uscire dai loro nascondigli, al suono di queste campane bisognava recitare il "Requiem Aeternam", per cui questa scampanata era paurosamente chiamata "l'Ave Maria dei morti". Logicamente le campane erano utilizzate per richiamare i fedeli alla messa, indicando di fatto quanto tempo mancava all'inizio della funzione. Un'ora prima venivano suonate due campane chiamate per questo motivo "il doppio", mezz'ora dopo si ripeteva ma ad una campana sola, mentre un quarto d'ora dall'inizio suonava il cosiddetto "cenno", ma non finiva qui, l'ultimo scampanio avveniva all'interno della chiesa con una campanella chiamata "l'ultimo" e i fedeli dovevano già trovarsi all'interno. Nel periodo pasquale era l'unico momento dell'anno che le campane non potevano essere suonate. Il giovedì santo in segno di lutto venivano letteralmente legate e per richiamare i fedeli alle messe veniva usato uno strano aggeggio chiamato "traccola". La "traccola" era uno strumento
la traccola
assordante che si azionava girando un manico che faceva girare una ruota dentata che emetteva come detto un rumore infernale. Questo marchingegno veniva inserito in una cassa che a sua volta veniva portata a spalla e messa in funzione per le vie del paese. Le campane rimanevano legate fino al sabato santo, la mattina di Pasqua avrebbero ricominciato a suonare a festa per l'avvenuta Resurrezione di Gesù, così poi era anche per le altre domeniche e nei momenti di festa e di gioia, le campane in questo modo suonavano a distesa una melodia solenne e armoniosa allo stesso tempo. Oltre alla felicità segnavano anche i momenti di dolore, in certi paesi garfagnini veniva suonata addirittura "l'agonia", che avvertiva se qualcuno stava per andarsene a vita nuovail diverso numero di rintocchi rivelava se era un uomo o una donna, cosicchè ogni paesano poteva immaginarsi un nome ed un volto dietro a quel mesto suono. In caso di morte le campane avrebbero suonato "a morto", una risonanza triste e solenne che dava il ritmo ai passi della processione che portava la salma al cimitero. 

Con tutto ciò le scampanate non si limitavano ad usi esclusivamente religiosi, suonavano anche per scopi "civili". Quando rintoccavano a "martello" c'era un pericolo incombente dovuto a calamità, incendio o crollo. Il cosiddetto suono a "martello" deriva dal fatto che la campana doveva emettere rintocchi rapidi, secchi e a brevi intervalli, queste battute richiamavano tutti gli uomini validi del paese a lasciare le case o il lavoro nei campi per raggiungere la piazza principale, di li si sarebbero adoperati per prestare i soccorsi, le campane avrebbero cessato di suonare a scampato pericolo. Un'altra scampanata particolare (oggi anche questa non più in uso) era detta la "malacqua". Si diceva che questa particolare cadenza avesse il potere di allontanare tempeste, fulmini e grandine che sicuramente avrebbero rovinato i raccolti. Come riferisce Pellegrino Paolucci(storico garfagnino del 1600) fra le più prodigiose in tal senso c'era la campana di Gragnana (comune di Piazza al Serchio) risalente al 1257: "il di lei suono è prodigioso nel rompere e nello scacciare le tempeste imminenti". Nelle vecchie campane in realtà non è difficile nemmeno trovare preghiere o formule latine incise contro le burrasche:"a fulgure et tempestate libera nos Domine" (liberaci Signore dalla folgore e
dalla tempesta), oppure "recedat spiritus procellarum"(lo spirito
l'incisione dice
"liberaci dalla tempesta e dai fulmini"
della tempesta si allontani), infine quest'ultima dicitura è molto significativa e in due parole spiega la funzione stessa della campana "Defunctos ploro-nimbos fugo- festaque honoro" (piango i defunti, fuggo i temporali ed onoro le feste). Curiosamente il suono della "malacqua" era motivo di contese piuttosto accese fra paesi vicini, perchè si riteneva che il suono di una campana di un paese posto più in alto o una campana più potente spostasse le nubi temporalesche sopra i paesi più bassi o in quelli dove la campana aveva un suono più debole. 

Ad ogni buon conto una menzione particolare fra tutte queste la
Rocca Ariostesca
merita  una campana "non religiosa": la campana della Rocca Ariostesca di Castelnuovo Garfagnana. Una campana pregna di storia che lo scorso anno fu messa in esposizione nella piazzetta antistante la rocca stessa. Fusa per volere del governatore Cristoforo Rangoni e realizzata il 31 luglio del 1577 fu realizzata per annunciare ai cittadini di Castelnuovo che nella Rocca si sarebbe tenuto il Consiglio Provinciale. I rintocchi di questa campana furono uditi dai castelnuovesi fino all'unità d' Italia, la sua incolumità fu però messa in serio pericolo nel 1859 quando la campana rischiò di essere "rifusa" per fare la terza campana della chiesa di San Pietro. Il pericolo svanì grazie all'intervento del comune stesso che preservò un cimelio storico che aveva annunciato per trecento anni le sedute del consiglio provinciale estense. Con l'avvento del Regno d'Italia come detto la campana rimase muta, fino al 1925 anno che fu riutilizzata per integrare la suoneria del nuovo orologio. 
La campana del consiglio
della Rocca
(foto pro loco Castelnuovo)

Oggi in Garfagnana l'uso delle campane è limitato ed è un dispiacere che un'usanza vecchia di secoli possa cadere così facilmente nell'oblio. E' così bello quando le campane dei nostri campanili suonano a distesa, il paese cambia aspetto, torna a vivere perchè il suono delle campane è vita, è un tutt'uno con la storia della comunità e i suoi abitanti.



Bibliografia:
  • Pellegrino Paolucci "La Garfagnana Illustrata  all'altezza serenissina Rinaldo I d' Este" anno 1720
  • "Il suono delle campane" di Vannetto Vannini
  • "Quel suono delle campane" Padre Enzo Bianchi
  • "La campana visibile nella piazzetta" il Tirreno 20 dicembre 2015 di Luca Dini
  • Documentazione varia in mio possesso e testimonianze a me riferite e trascritte