mercoledì 13 gennaio 2021

Garfagnana: non solo "terra di lupi e briganti", ma anche terra di scienza

Tutto cominciò in questo modo qui: "Più tosto di' ch'io lascierò
l'asprezza di questi sassi, e questa gente inculta, simile al luogo ove ella è nata e avvezza"
. Era il 1524 e Messer Ludovico Ariosto governatore estense in Garfagnana con questi versi pose 
a perpetua memoria un marchio indelebile sulla pelle dei garfagnini. Da quella sua lettera (Satira VII) scritta all'amico Bonaventura Pistofilo dalla sua Rocca di Castelnuovo, il garfagnino fu etichettato per sempre come persona gretta, ignorante e senza cultura, proprio così, come le caratteristiche morfologiche della terra in cui viveva. Per dirla tutta non è che queste illazioni "ariostesche" fossero del tutto campate in aria, quello no, al tempo in Garfagnana regnava l'anarchia, le persone per le proprie necessità si affidavano di più ai briganti che allo Stato, perdipiù la gente viveva semplicemente dei frutti del campo e nella più completa
Briganti di epoca
ariostesca
umiltà, però portarsi addosso questa etichetta per secoli non è giusto e nemmanco vero. I tempi passano e le persone si evolvono e a confermare l'errata teoria che la Garfagnana fosse solo "terra di lupi e di briganti" è il fatto incontrovertibile che fu anche "terra di scienza". Ebbene si, nonostante tutte le opinabili opinioni questa terra così piccola e limitata partorì nei secoli a venire tre grandi scienziati di fama mondiale, dalle cui scoperte ancora oggi l'umanità trae benefici, scoperte che tutt'ora vengono studiate ed analizzate in tutte le università del mondo. Curiosamente possiamo notare che 
in età moderna di questi dotti personaggi la nostra terra ne generò uno per secolo, un numero altissimo considerando il nostro "piccolo orto" e fu proprio nel XVII secolo che nacque a Trassilico da Lorenzo e da Maria Lucrezia Davini di Camporgiano Antonio Vallisneri, era il 3 maggio 1661. Il padre era originario della provincia di Reggio Emilia e a Trassilico(oggi comune di Gallicano)ricopriva la carica di capitano di ragione della Vicaria. Tanto per capire capire bene chi fosse il Vallisneri è giusto dire che fu il principale esponente della tradizione medica galileiana tra il 1600 e il 1700. Era un uomo la cui erudizione spaziava in tutti i campi del sapere, dalla medicina all'anatomia comparata, dall'entomologia (n.d.r: lo studio degli
insetti)alle scienze della Terra per arrivare perfino all'embriologia. Insomma un'attività di studio intensissima, divulgata attraverso un carteggio monumentale che gli consentì senza ombra di dubbio di esercitare in Italia una sorta di egemonia culturale scientifica nei primi trent'anni del 1700. Tutta questa sua notorietà lo portò anche ad ottenere la cattedra di medicina pratica dell'università di Padova e in seguito quella di teoretica. Le sue ricerche e i suoi esperimenti ottennero poi risultati eclatanti: la scoperta dell'origine dei fossili, quella delle sorgenti, nonchè il ciclo di riproduzione degli insetti si devono soprattutto al suo sapere. La sua fama non si fermò qui e oltrepassò addirittura i confini italici, tant'è che la sua notorietà raggiunse le maggiori capitali europee al punto che l'imperatore Carlo VI d'Asburgo lo volle con sè, nominandolo medico di corte. All'apice della sua carriera, a sessantanove anni d'età (nel 1730), morì improvvisamente. Le sue spoglie mortali riposano nella Chiesa degli Eremitani a Padova. In suo onore è stata chiamata una pianta acquatica, la Vallisneria e a lui è dedicato il complesso che ospita i dipartimenti di biologia, di chimica biologica e di scienze biomediche sperimentali dell'università di Padova. Trassilico terra fertile non c'è che dire, infatti il secondo scienziato in questione è un'ennesimo trassilichino: Leopoldo Nobili, personaggio dalla vita a dir poco movimentata. Anche lui come il suo illustre compaesano
sopracitato fu figlio di un notabile di origine reggiana, il padre difatti era il podestà del borgo. Il futuro scienziato nacque a Trassilico il 5 luglio del 1784, in piena età napoleonica e dei mirabolanti trionfi dell'imperatore francese fu difatti ammaliato, tanto da iscriversi alla scuola militare di Modena. Li divenne uno studente modello, i suoi prodigiosi studi sulla matematica e sulla fisica meravigliarono perfino i suoi professori, sicuramente quello che faceva al suo caso sarebbe stata una carriera scientifica, non quella militare. Dello stesso avviso fu il padre che cercò in tutte le maniere di convincerlo a intraprendere la via dello studio, ma così non fu e con il grado di capitano d'artiglieria si arruolò nella Grande Armata napoleonica per partecipare alla campagna di Russia. Nelle steppe russe fu fatto prigioniero dai cosacchi e dopo inenarrabili peripezia riuscì a fuggire e a raggiungere l'amata Italia. Nonostante ciò gli fu riconosciuto il grande valore con cui aveva combattuto, tanto da ottenere la Legion d'Onore. Finita l'euforia napoleonica Leopoldo, per fortuna della scienza, riprese i suoi studi e le sue scoperte non si fecero attendere. Nel 1825 inventò il galvanometro (n.d.r: dispositivo che traduce corrente elettrica in un momento magnetico), l'anno successivo fu il turno della pila termoelettrica e in seguito brevettò il sistema di metallocromie. Queste invenzioni lo portarono
Trassilico
a fare conferenze in tutte le cattedre d'Europa, tant'è che la sua fama si diffuse su tutto il continente. Fu considerato il primo fra i fisici italiani della prima metà del 1800 "degno di stare vicino a Galileo e di confabulare con Volta", così come disse il professor Balletti nel suo volume "La storia di Reggio Emilia". Ma a quanto pare le sue aspirazioni rivoluzionarie prevalevano su quelle del sapere e il suo fermento politico tornò inesorabilmente fuori. Così fu che nel 1831 prese parte ai moti nel Ducato di Modena, le cose non andarono bene, anzi gli costarono veramente care, tanto che, una volta falliti i moti insurrezionali fu costretto all'esilio. Rientrato dalla lontana Francia trovò riparo nel Granducato di Toscana e Leopoldo II, il granduca, lo incaricò di reggere la cattedra di fisica sperimentale di Firenze. Pochi anni dopo il suo incarico i postumi delle scelleratezze giovanili si fecero sentire, e a causa di una malattia contratta nella campagna di Russia, il 22 agosto 1835 all'età di cinquant'uno anni il Nobili morì. Fu sepolto nella Basilica di Santa Croce di Firenze, oggi riposa accanto a Galileo Galilei, Michelangelo, Machiavelli e Ugo Foscolo...Da un secolo ad un altro e il XX secolo fu il secolo che vide la nascita di Francesco Vecchiacchi. Nacque a Filicaia (comune di Camporgiano) il 9 ottobre 1902 e già da giovanissimo prese su di se la passione dello zio ingegnere, tanto da costruirsi nelle vacanze estive un apparecchio radio ricevente. Già questo la diceva tutta sulle doti
del futuro inventore ed infatti dopo aver frequentato il liceo, nel 1925 si laureò in fisica in quel di Pisa (suo compagno di corso era Enrico Fermi). Una volta laureato fra le tante domande di lavoro inviate ci fu anche quella spedita alla Magneti Marelli di Milano che lo assunse nel 1932, li, con il tempo divenne direttore del laboratorio radio. Nella medesima città gli fu anche assegnata la cattedra di comunicazioni elettriche presso il politecnico. Grazie anche a queste nuove mansioni le possibilità di studio del professore garfagnino si ampliarono e fu proprio in quegli anni che grazie a Vecchiacchi l'Italia prese l'indiscusso primato nel campo dei ponti radio. Difatti nel 1939 il suo contributo fu fondamentale nella realizzazione del primo ponte radio multicanale: Milano- Cimone- Terminillo- Roma. Quell'anno fu poi magico, ed un ennesimo successo trovò compimento nella Fiera Campionaria di Milano. Mancavano ancora quindici anni prima dell'inizio delle trasmissioni ufficiali da parte della RAI, ma grazie a lui, proprio da quei locali e dagli strumenti da lui progettati realizzò con meraviglia di tutti la prima trasmissione sperimentale. Con gli anni e con il progresso le innovazioni in materia si svilupparono ancor di più, ed ecco che nel 1952 il professore garfagnino mise in funzione il ponte radio televisivo sperimentale TO-MI, primo collegamento a banda larga in Italia per le trasmissioni RAI. Da quel momento fu un fiorire di ponti radio sempre più sofisticati su tutti i monti della penisola. Nel frattempo il Vecchiacchi stava lavorando sul grandioso ponte radio Milano Palermo, in grado di portare il programma televisivo ripreso in qualsiasi punto d'Italia a tutti i trasmettitori nazionali e alla rete europea. Di questo progetto purtroppo il professor non vedrà mai la fine, proprio in quell'anno, il 1955, le prime avvisaglie di un brutto male si fecero sentire e a cinquantatre anni il 20 novembre di quel maledetto anno il "Cecco" (com'era chiamato affettuosamente in Garfagnana) morì. Non rivedrà mai più la sua bella Garfagnana e le sue amate Apuane che lo vedevano come un appassionato escursionista (il C.A.I gli intitolerà una via ferrata), decise però di ritornarci a riposarvi per sempre. Oggi è sepolto nel cimitero di Filicaia.
Detto ciò non rimane la speranza che da lassù, leggendo quest'articolo, il buon Ariosto si ricreda che da "questa fossa profonda" come ebbe a definire la Garfagnana non nacquero solo famigerati banditi, ma soprattutto gente che lasciò ai posteri il frutto del loro sapere... Ah! A proposito dimenticavo... Per quanto riguarda il XXI secolo in Garfagnana c'è ancora un posto libero da scienziato...

Bibliografia

"Profili di uomini illustri della Valle del Serchio e della Garfagnana" di Giulio Simonini, Comunità Montana della Garfagnana Banca dell'Identità e della Memoria anno 2009

7 commenti:

  1. Ormai non mi sorprendo piu' e mi "tuffo" IMMEDIATAMENTE NEI TUOI SCRITTI SEMPRE ERUDITI E INTERESSANTI. Continua la marcia, hai tutta la mia ammirazione e la mia riconoscenza.. Carlo

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  3. Grazie!
    Paolo, sei un grande della storia locale garfagnina!

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