giovedì 7 marzo 2019

La storia di un re che venne a fare il frate in Garfagnana...

Sono storie queste che sembrano nascere da qualche romanzo del 1800,
Convento cappuccini Castelnuovo
sono storie che la memoria ha sepolto e che meritano di essere riportate a galla e fatte conoscere al grande pubblico e non solo ad una nicchia di storici gelosi. Le vicende che andremo a narrare hanno tutto quello che si cerca in un bel libro o in un coinvolgente film, una girandola di sentimenti e di situazioni fa da corollario a queste cronache di quasi 400 anni fa : potere, amore, pentimento, fede, guerra, omicidi, insomma un quadro globale di emozioni che coinvolge a pieno diritto anche la Garfagnana e nientepopodimeno che Alessandro Manzoni e i suoi "Promessi Sposi"

Credo con questo di aver stimolato assai la curiosità del mio lettore, dal non potermi esimere di cominciare a raccontare gli eventi mirabolanti che videro protagonista sua maestà il Duca di Modena Alfonso III d'Este.
Tutto cominciò il 22 ottobre 1591, quando in quel di Ferrara vide la luce Alfonso, era figlio di Cesare d'Este e di Virginia de' Medici.
Alfonso III D'Este
Al tempo suo padre non era ancora Duca, dato che alla guida dello stato Estense c'era il cugino Alfonso II. Questi morì senza eredi e la reggenza passò allora a Cesare. Da qui in poi cominciarono le peripezie del piccolo Alfonso, che subito fu buttato dentro a spinose questione politiche e così a soli sei anni, senza nè colpa nè peccato fu messo nel mezzo nella cosiddetta "convenzione faentina", un vecchio accordo fra lo stato della Chiesa e la famiglia d'Este che diceva appunto che in caso di mancanza di eredi diretti, Ferrara sarebbe tornata in mano al Papa. Clemente VIII fece scattare subito la clausola (pertanto la capitale del regno fu trasferita Modena), a garanzia del buon esito degli avvicendamenti il Pontefice prese in ostaggio il piccolo Alfonso, trattenuto forzatamente a Faenza nelle mani del Cardinal Aldobrandini. Questo segnò molto il carattere del futuro sovrano. Una volta tornato a Modena Alfonso era cambiato, era diventato intollerante e violento, si intrometteva sempre negli affari di governo, approfittando del carattere debole del padre. L'anno della svolta fu il 1608 quando sposò a diciassette anni Isabella di Savoia, il matrimonio nonostante fosse combinato si rivelò felice, l'infanta di Casa Savoia da fonti dell'epoca fu definita "la più pia, la più magnanima, la più religiosa principessa del secolo", insomma questa donna come vedremo segnò in tutto e per tutto il destino del futuro Duca a partire dal numero dei figli nati, stavolta senza eredi non sarebbero rimasti...infatti i pargoli furono ben 14. Nel frattempo, fra un figlio ed un altro, Alfonso conobbe per la prima volta la Garfagnana (terra sotto il dominio estense), era il 1613 e fu mandato a difenderla dai bellicosi
Isabella di Savoia
lucchesi che se ne volevano impadronire, tornò ben presto a Modena colto da violente febbri. Nonostante il forte ascendente di Isabella sul marito, la principessa non potè però impedire che "la sua anima non fosse travolta da una disastrosa crisi spirituale, trascinato verso una vera e propria decadenza morale", così scriveva un suo biografo e continuava: "era entrato in dimestichezza con certi tipi spregiudicati il cui modo di pensare e di credere era assai più vicino a quello del Machiavelli che al Vangelo di Cristo", tutto questo lo portò ad avere molti nemici, accecato sempre di più dalla bramosia di potere, tanto da soprannominare il papà "Padre Eterno", alludendo al fatto che non ne voleva sapere di morire, ma non solo, anche l'onore degli Este andava secondo lui difeso contro chiunque si permettesse di disonorarlo; di questo ne pagò le conseguenze la famiglia Pepoli che rivendicava alcune terre nel ferrarese che il Duca non gli riconosceva, fu una lotta dura, carte bollate, giudici e azioni legali, ma l'Alfonso di quei tempi non portava pazienza e tanto meno era disposto a fare concessioni, ed ecco allora che "l'eclissi morale" tocco il suo apice. Una sera di dicembre del 1617 il futuro sovrano dette ordine ai suoi sgherri di assassinare il Pepoli. L'omicidio scatenò una serie di vendette, Alfonso scampò miracolosamente a diversi attentati, a pacificare tutto ci pensò il tribunale di Modena che sentenziò diverse pene capitali a dei poveri innocenti che dovevano fare da capo espiatorio: "la sanguinaria giustizia non potè aver tra le mani che quattro disgraziati su cui scaricarsi", in pratica
Modena al tempo degli estensi
l'omicidio del Pepoli e gli attentati contro Alfonso rimasero impuniti con buona pace di tutti. Arrivò così il fatidico 1628, l'anno in cui tutto cambiò, l'amata Isabella morì dando alle luce il quattordicesimo figlio, una bella bambina di nome Anna Beatrice, ma "l'annus horribils" continuò, anche il Duce Cesare dopo trent'anni di regno trovò la morte, tutto questo destò grande impressione in Alfonso che si ritirò in meditazione. Nel frattempo come tanto sperava e bramava era diventato il nuovo signore e duca di Modena, ma qualcosa non era più come prima, le ultime parole di Isabella (di riportare la pace nel Ducato) lo avevano colpito profondamente, c'era poco da fare doveva cambiare vita e comprese allora che solo abbracciando una rigorosa vita religiosa avrebbe placato i suoi tormenti...decise che prima o poi si sarebbe fatto frate cappuccino. Solo sette mesi durò il suo regno, dopodichè il 24 luglio 1629 abdicò a favore del figlio Francesco, abbandonando per sempre la lussuosa vita di corte. Prima di lasciare il regno dette l'ultimo ordine: lasciar decadere tutte le taglie sugli acerrimi nemici della famiglia Pepoli. In poco tempo Papa Urbano VIII accelerò i tempi del suo noviziato, Alfonso lasciò il Ducato e si diresse in Tirolo in un convento di cappuccini prendendo il nome di frate Giambattista da Modena. Cominciò così un
Frà Gianbattista da Modena
ossia
Alfonso III
lungo peregrinare: Trieste, Gorizia, Innsbruck, Vienna, a Modena fece ritorno nel 1632 facendo si che il figlio venisse in soccorso dei più bisognosi, la predica nel duomo di Modena raccontano le cronache dell'epoca fu memorabile, l'ex duca raccomandava l'elemosina "che libera da ogni peccato e dalla morte e non permette che l'anima, che spezza le catene dei peccati, dirada le tenebre, estingue il fuoco". Ad onor del vero sarebbe ingiusto far passare la figura di Alfonso come un mite predicatore, a quanto pare il suo "caratterino" tornava fuori quando c'era da convertire gli ebrei: "il suo zelo talora ad alcuni parve anche troppo impetuoso". Insomma Alfonso a Modena era diventato per tutti un personaggio scomodo, vuoi perchè anche lo stesso Duca sentiva la presenza del padre come un qualcosa di ingombrante, vuoi perchè anche la stessa gente non vedeva di buon occhio che un ex duca (seppur frate) fosse sempre in giro per la città. In soccorso a tutti allora venne la Garfagnana, capiamoci meglio, lo stesso ex Duca manifestò più volte il desiderio di abbandonare la città, voleva un convento tutto per se in un luogo lontano da tutti e tutto dove poter meditare e pregare, i possedimenti della Garfagnana facevano proprio a suo caso... A Castelnuovo infatti c'era una collinetta che sembrava fatta apposta per edificare un luogo sacro, era il 1632 e in soli quattro anni a spese del figlio Francesco I fu edificato il convento di San Giuseppe, meglio conosciuto come il convento dei Cappuccini. A sottolineare la bellezza del posto scelto ci pensò quattrocento anni dopo il poeta dialettale Pietro Bonini:
Convento dei Cappuccini Castelnuovo
"Che siano furbi i frati e molto intelligenti  lo dimostra il fatto che i loro conventi se l'enno costruiti sempre a metà collina duve non manca sole, duve c'è l'aria fina". Ad accorgersi della vita di padre Giambattista alias Alfonso III fu un altro scrittore e poeta di fama ben superiore del seppur valido Bonini, a quanto pare Alessandro Manzoni nei suoi "Promessi sposi" per il personaggio di Frà Cristoforo prese ispirazione dall'ex duca. Il Manzoni infatti era un assiduo lettore di Ludovico Muratori (storico vissuto nel 1700) che nel suo libro "Antichità estensi" parla proprio della figura di frà Giambattista da Modena, e infatti a onor del vero quello che il Manzoni racconta del personaggio del romanzo ricalcherebbe molto similmente la vera vita del monarca. Nel libro si racconta che Cristoforo era figlio di ricchi, che poteva permettersi gli agi e i lussi che voleva, inoltre si dice anche qui di un omicidio commesso su un signorotto locale e la successiva conversione alla vita monastica, insomma sono tante le coincidenze che fanno credere a più ricercatori che il personaggio manzoniano non si altro che Alfonso III. In ogni modo la vita di Giambattista da Modena nel capoluogo garfagnino scorreva tranquilla, qui diceva di voler ricercare quella pace che gli avrebbe consentito di prepararsi al grande passo della morte. E infatti non si
il quadro di Nicolò Azzi
ingannava...a soli 52 anni colpito da forti febbri, il 24 maggio 1644 morì nel convento da lui voluto. Nicolò Azzi, pittore garfagnino, lo ritrasse sul tavolo mortuario. 

Finì così la vita di un personaggio dalle mille sfaccettature che della sua vita volle fare un romanzo.





Bibliografia:

  • "Alfonso III, l'estense che volle rinunciare al ducato per vestire il saio" di Luigi Malavasi in "La fine di un mondo che fu"
  • "Antichità estensi" di Ludovico Antonio Muratori

3 commenti:

  1. Grazie per aver riportato alla luce questa storia così ricca di avvenimenti, ancora una volta dimostra onore per la nostra Garfagnana !

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