mercoledì 22 luglio 2020

La Garfagnana dell'immediato dopoguerra, fra mine, morti, rapine e... assassini

Di quello che fu per la Garfagnana uno dei periodi storici più
terribili e cruenti ormai si è raccontato tutto (o quasi). La seconda guerra mondiale lasciò lutti, distruzioni e una scia di dolore che si prolungò per molti anni. La consapevolezza dell'immane tragedia che ai garfagnini era capitata fra capo e collo fu tangibile da subito, da dopo quel glorioso 25 aprile 1945. Finita l'euforia e la gioia del momento arrivò il tempo di rimboccarsi le maniche e ricostruire oltre che a case, ponti e strade, bisognava anche rimettere in piedi l'animo delle persone, bisognava ricominciare a vivere, in tutti i sensi, e affrontare da subito i primi e i più urgenti problemi dell'immediato dopoguerra. La storia garfagnina della seconda guerra mondiale ha spesso dimenticato questi fatti, sappiamo infatti quello che successe prima, durante e nessuno (o meglio pochi) hanno raccontato quello che accadde immediatamente dopo la liberazione, eppure quegli imminenti problemi, erano veramente dei grossi grattacapi da risolvere. 
Già a livello a nazionale il clima non era dei più sereni, quel 7 agosto 1946 quando la diplomazia italiana si presentò alla
La firma italiana sul
 trattato di pace di Parigi
conferenza di pace di Parigi capì da subito quali sarebbero state le conseguenze da pagare. Non importava aver portato a quel tavolo tutto quello che avevamo compiuto dopo la caduta del fascismo: l'armistizio, la dichiarazione di guerra alla Germania, il contributo dato agli anglo americani, nonostante ciò per i nuovi alleati eravamo una delle nazioni colpevoli di aver trascinato il mondo in guerra e in qualche modo si doveva pagare pegno. - Prepariamoci a bere un'amaro calice-, così disse De Gasperi di fronte all'Assemblea Costituente e amaro fu veramente. 
In termini economici all’Italia vennero imposte riparazioni per un totale di 360 milioni di dollari, da ripartirsi tra i paesi vincitori e le ex colonie italiane, con la successiva rinuncia alla propria quota di Stati Uniti e Gran Bretagna; sul piano militare le forze dell’Esercito, dell’Aviazione e della Marina vennero ridotte a 300 mila unità, limitati a 350 gli aerei e drasticamente ridimensionato il tonnellaggio navale, con l’obbligo di mettere a disposizione delle nazioni vincitrici un ingente numero di unità navali da combattimento. Clausole, queste, che verranno attenuate in seguito dall’ingresso dell’Italia nella Nato. Tutto ciò però per la Garfagnana era lontano anni luce, quello che preoccupava ancor di più dell'economia e delle sanzioni era il degrado sociale e ambientale che avevano portato sei anni di guerra, questo fu il vero problema che le amministrazioni garfagnine dovevano risolvere, si
Castelnuovo.
 La rocca ariostesca bombardata
credeva di vivere ormai in una terra di nessuno, dove tutto era concesso. A confermare questo ci fu infatti il primissimo e vergognoso caso da risolvere, il più urgente. L'odore della morte in Garfagnana era più che mai presente, ma non solo in senso metaforico, era anche la triste realtà dei fatti. La valle difatti era ormai un cimitero a cielo aperto, centinaia di morti di ogni fazione e di ogni nazione erano sparsi per tutto il territorio. Quei corpi di quei poveri soldati che gli eserciti non erano riusciti a recuperare, erano li ad attendere una degna sepoltura, a complicare poi la situazione era che buona parte di questi morti era disseminata sopra i campi minati. 

Adesso la limpida aria garfagnina era diventata aria fetida, l'odore acre dei cadaveri in decomposizione ammorbava l'aria e la terra, la salute pubblica era in pericolo e perdipiù, ospedali e dottori non erano pronti ad affrontare un eventuale emergenza sanitaria. La guerra era
I morti per le strade
finita da appena un mese e dalle pagine de "La Gazzetta del Serchio" partì il primo allarme: "Barga vive sotto la minaccia della propagazione di malattie infettive se entro quindici giorni non saranno rimossi quelle centinaia di cadaveri che giacciono insepolti sui campi minati. Il pericolo è enorme, addirittura terrificante, quando il povero medico locale non dispone di un solo chilogrammo di calce o di cloro". Gli appelli al Prefetto per bonificare l'intera valle si fecero pressanti da ogni dove, perfino gli alleati si rivolsero alla medesima autorità, dato che nei pressi di Gallicano furono rinvenuti una quindicina di morti civili parzialmente sepolti. Si scoprivano così ogni giorno nuovi morti e ogni giorno che passava la situazione diventava ancor più drammatica, vista poi anche l'inefficacia nell'affrontare la situazione delle cariche preposte: "...un grande disinfettante che non scarseggia in questa folgorante primavera, garantisce, ci aiuta e protegge come una provvidenza: il sole, eterno purificatore e distruttore degli invisibili", così sentenziò il medico provinciale, che con questa delirante giustificazione tentò di risolvere un grave problema, dicendo fra l'altro che il governo
Sminatori
centrale era già stato informato, che esisteva un rischio mine e che per il momento il rischio di epidemie non c'era. In conclusione la questione si stava "rimpallando" da un ufficio all'altro, le competenze per la mancata soluzione passavano da un'autorità all'altra e a risolvere la situazione ci pensò come sempre la povera gente. Un gruppo di ex partigiani della zona si adoperò a proprio rischio e pericolo (e gratuitamente) a recuperare questi poveri morti. Un lavoro immane fatto di sminamenti e rinvenimenti di salme putrefatte. Questi poveri morti venivano poi consegnati ai reparti brasiliani e americani, giunti a proposito sul posto. Gli altri cadaveri non identificati vennero tumulati nel cimitero di Pontardeto. 

Ma nonostante la guerra finita, la morte dai garfagnini voleva ancora il suo tributo, non bastavano quei cadaveri sparsi sulle montagne, la morte ne chiedeva di nuovi e magari ancora più giovani di quelli che aveva già preso. Ecco che allora un nuovo e stringente impiccio doveva essere prontamente risolto. Si calcola che fra il novembre 1944 e l'agosto 1945 gli addetti del nucleo artificieri di Lucca
Mine in Garfagnana
abbiano bonificato duecentomila mine, una quantità impressionante. Quei maledetti strumenti di morte portarono difatti a morte e a mutilazioni varie, sopratutto fra i contadini che accidentalmente zappando o arando il campo s'imbattevano in mine inesplose, tale sorte toccò anche a molti bambini che spinti dalla curiosità tipica di quell'età si mettevano pericolosamente a maneggiare questi pericolosi ordigni. Nonostante le bonifiche fatte i ritrovamenti di bombe continuarono ancora per diversi anni. I numeri delle vittime con il passare degli anni aumentarono in maniera importante, fra feriti permanenti e morti si conteranno più di mille persone. 
Anche da un punto di vista puramente sociale la situazione era completamente allo sbando, tutto il quadro sociale era infatti completamente da ricostruire, prima ancora dei ponti e delle strade. Eravamo di fatto quasi tornati ai tempi dell'Ariosto, bande di rapinatori e assassini vari circolavano nella valle in maniera libera ed impunita. D'altronde gli eserciti in ritirata avevano lasciato in circolazione armi di ogni tipo e foggia e chiunque, perfino i bambini se ne poteva impadronire tranquillamente, ma molte di queste armi non caddero in mano a dei bambini, di queste ne approfittarono
delinquenti di ogni risma e specie, in questa modo il rigurgito di violenza che si ebbe nella valle in quel periodo salì alle cronache di tutti i
Bambini su carro
armato abbandonato
giornali: furti, rapine e anche assassini avevano reso insicure le strade garfagnine, a fare le spese di tutto questo furono specialmente i commercianti che venivano regolarmente rapinati. A Ponteccio la rapina finì in omicidio, era il dicembre 1945 quando un uomo di Sillano uccise un venditore di Villa Minozzo (Reggio Emilia) per derubarlo di 7000 mila lire. Non ci furono purtroppo solo episodi sporadici come questo, difatti si formarono anche delle vere e proprie bande armate, fra le più famose c'era quella del Passo delle Radici specializzata a rapinare i camionisti che transitavano sul valico e su tutte aveva il predominio la cosiddetta "Banda Fabbri", le loro gesta arrivarono perfino ai media nazionali. Anche a Fornaci di Barga nei primi mesi del 1946 operava una banda che agiva in tutta la Valle del Serchio, rimasero alla memoria dei posteri svariati scontri a fuoco con i Carabinieri. Insomma, la Garfagnana era tornata ad essere terra di briganti di memoria ariostesca, tanto da essere diventata zona di rifugio per altre bande. Si parlò perfino che da queste parti avevano trovato riparo uomini facenti

parte la celeberrima "banda Giuliano",  che aveva a capo il famosissimo bandito Salvatore Giuliano, il "Re di Montelepre". Ma altri episodi di extra territorialità furono scoperti nel gennaio 1947. Al Sillico furono arrestati una donna del posto ed un prigioniero tedesco evaso, la loro attività era lo spaccio di medicinali provenienti dal deposito centrale di Livorno, dove erano stati rubati da altri membri della banda che aveva anch'essa diffusione regionale. In conclusione, come possono leggere i miei lettori, la violenza faceva da padrona e veniva perpetrata non solo dalle associazioni a delinquere, ma anche da gente comune che per questioni di scarso rilievo (come liti familiari o problemi di vicinato) non esitava a passare a vie di fatto commettendo omicidi o tentativi di omicidio.
Americani a Lucca
Le cose si risolsero gradualmente da una data precisa in poi... Era il 2 aprile 1948 quando gli Stati Uniti d'America vararono "l'European Recovery Program", meglio conosciuto come "Piano Marshall". L'America mise ha disposizione dei paesi europei qualcosa come 13 miliardi di dollari. Questi soldi permisero (anche) all'Italia di ricostruire le case, le strade, i ponti, di ripartire con le industrie e il lavoro, di comprare cibo e materie prime e di ristabilire l'ordine sociale. Dall'altra parte gli americani videro calare l'influenza comunista su tutta l'Europa e vide aprirsi una nuova finestra commerciale con i redivivi paesi europei. Finalmente grazie anche a questi aiuti tornò una certa
Manifesto dell'epoca.
Piano Marshall
prosperità, ma già all'orizzonte si prospettavano nuovi dubbi e nuove domande da rivolgere ai generosi Stati Uniti d'America: tutto ciò fu disinteressato altruismo o strategia per legare definitivamente l'Europa all'America? Dopo più di settant'anni dai fatti i cosiddetti "posteri" hanno già la risposta all'ardua sentenza...




Bibliografia

  • "La terra promessa" di Oscar Guidi. "Collana della Memoria", Unione dei Comuni della Garfagnana. Anno 2017

4 commenti:

  1. Uno spaccato di storia affascinante e premonitore per chi promuove discordia superficialità indifferenza verso i propri simili. Grazie. Corrado Leoni

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  2. Paolo "Grazie"... Hai rinnovato ricordi e memorie degli anni della mia gioventu'. A Calomini un mio carissimio compagno di scuola, Giorgio Roni, perse la vita dallo scoppio di una mina. Come sempre ti ammiro per le tua accuratezza e per i commenti veraci alla storia. Grazie ancora e un caro saluto dall'Oregon. Carlo

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    1. Grazie Carlo, le tue dichiarazioni di stima mi fanno sempre un grande piacere, specialmente da un testimone di quei lontani tempi. Ti aspetto a Gallicano, Covid permettendo, per fare una bella e lunga chiacchierata . Un carissimo saluto Paolo

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