mercoledì 2 marzo 2022

I giochi di una volta in Garfagnana. Quali erano e la loro storia

C'è poco da fare, il gioco da sempre è l'espressione più autentica
della cultura umana, come fra poco leggerete, l'attività cosiddetta ludica è figlia del tempo che trascorre, passa e scorre fra i millenni e si adatta come un guanto al contesto sociale in cui si svolge. Pertanto il recupero dei giochi tradizionali rappresenta senza dubbio la riscoperta della propria storia, delle proprie origini e del senso di appartenenza. Lo stesso Platone, al pari di un pedagogo moderno affermava che il gioco era utilissimo per la formazione dell'infante, in special modo in quelle attività svolte in gruppo e che privilegiavano il movimento. Sempre ed a proposito di antiche civiltà evolute anche i nostri cari romani, attraverso "la penna" di Cicerone, Marziale e Orazio ci parlavano di giochi che sono pervenuti ai nostri bambini a distanza di oltre duemila anni. L'oscuro medioevo e più che altro la Chiesa contrastò invece in maniera netta sia i giochi per adulti che per i bambini: "I giochi sono oggetti demoniaci, fatti apposta per distogliere l'attenzione del credente
dal pensiero di Dio
". I tempi passavano e per fortuna cambiò anche il modo di vedere e pensare sulle cose e fu verso il 1400 che si trovò un atteggiamento più tollerante verso i giochi, rimanevano infatti proibiti quelli d'azzardo e per i più piccoli si prediligevano giochi che prevedevano l'attività motoria come la corsa e il salto, tutto però si doveva svolgere sotto l'occhio attento dell'adulto che doveva guidare il gioco per renderlo "morale". Bisogna attendere l'età moderna per vedere la sublimazione del gioco. L'illuminismo prende campo in tutta Europa, questa nuova forma di pensiero voleva illuminare la mente degli uomini, ottenebrata da secoli da ignoranza e superstizione, e così anche alle attività giocose gli venne attribuito un rinnovato  significato improntato sui valori pedagogici, sociali e civili. Anche i giochi dei bambini garfagnini nel corso dei secoli che passavano si sono adattati alla società del tempo, per secoli siamo stati una collettività povera e con pochi mezzi e come in tutte in tutte le collettività povere i bambini si costruivano da soli i loro giochi con i materiali che c'erano a loro disposizione, sennò era proprio la fantasia che diventava una materia
primaria. I giochi si facevano per strada o negli spazi che la natura concedeva. Per altro quello che si può affermare con sicurezza è che non esiste un gioco tipico garfagnino, visto che molti giochi sono praticati in modo simile in molte regioni della Terra. Ci sono svaghi come "il gioco dell'anello", la trottola o "mosca cieca" che si riscontrano in altre nazioni d'Europa, ma non solo, anche in Africa, fra i Pellerossa americani, o nelle tribù selvagge dell'Oceania. Questo dimostra che questi giochi hanno un fondo comune di tradizione. Guardiamo ad esempio il "nascondino" o "rimpiattino" che dir si voglia. Ci abbiamo giocato tutti, proprio tutti se le prime notizie di questo gioco si hanno da Polluce nel II secolo, quando nella Magna Grecia veniva chiamato "apodidraskinda" (fuggire,
scappare, nascondersi). In Garfagnana esisteva una variante detta "bombolo": "il bomba libera tutti" consisteva nel dare un calcio ad un barattolo che veniva sorvegliato attentamente da colui che doveva cercare i bambini nascosti. Sicuramente uno dei più appassionanti e divertenti era "il gioco del fazzoletto" o detto anche "bandiera". Il passatempo nasce da antichi addestramenti militari dove venivano misurate le attitudini guerresche, a volte infatti vinceva il più veloce, altre ancora il più scaltro o anche il più bravo a bluffare. Anche la stessa simbologia richiama il militarismo: togliere il simbolo di riferimento di chi combatte contro di te e impadronirsi del suo vessillo. Insomma, qui non vigeva
la legge del più forte, ma quella del più abile. Si rifà anche ad antiche origini il gioco della "Mosca Cieca", lo citava già nel V secolo lo scrittore romano Macrobio, chiamandolo "mosca di rame". A quanto pare Roma ha dato i natali anche ad un altro gioco, un gioco diventato veramente internazionale: in Brasile si chiama "amarelinha", in Vietnam "cò, cò", in Germania "Ichelkasten", in Italia "Campana" o "Mondo". Oggi non lo si vede giocare più da nessuna parte, ma sicuramente era già praticato ai tempi dei romani. Il classico disegno dove si saltellava da una casella all'altra è rappresentato a Roma sulla pavimentazione del Foro Romano, a quel tempo si chiamava "claudus" cioè "lo zoppo" (chiaro il riferimento di saltare su un
piede solo). Questa internazionalità è dovuta proprio alle conquiste romane che portarono gli stessi soldati ad insegnare questo gioco da cortile.
 E chi da bambino non ha giocato al girotondo? Ve la ricordate la celebre filastrocca che accompagnava il gioco? Sicuramente si! Il suo significato però non aveva niente di allegro. La filastrocca vanta una tradizione lunga almeno tre secoli ed è originaria dell'Inghilterra, infatti la vera canzone è in lingua inglese e parla di rose da odorare e di cadere tutti per terra. Quello che però racconta ha dell'orribile e risale ai tempi più bui della Gran Bretagna: la Grande Peste del 1665. Infatti i morti erano talmente tanti da invadere le strade e le persone quando giravano si portavano al naso dei sacchettini con dentro petali di
rosa o fiori profumati per non sentire il tanfo dei cadaveri in putrefazione. In quel tempo nacque la famosa filastrocca che aveva lo scopo di far accettare la morte ai più piccoli e quindi esorcizzarla, da qui le strofe "Casca la terra", "Tutti giù per terra"
. Esistevano poi tutti quei giochi che richiedevano uno "strumento". Naturalmente questo strumento era fatto in casa o con quello che la natura offriva. La fionda difatti era immancabile per ogni ragazzino del tempo. Tutti i bambini si costruivano una fionda, per cacciare gli uccelli o per i tiri di precisione. Per costruirla veniva utilizzato un ramo biforcuto e due elastici ricavati dalle camere d'aria delle ruote della bicicletta. Anche la trottola faceva parte di questi giochi che si costruivano.
I ragazzi
facevano vere e proprie competizioni per vedere chi riusciva a farla girare più a lungo. Molti di loro si procuravano il legno per la trottola e il falegname col tornio la creava
. A volte succedeva che qualche trottola fragile si spaccava e quindi rabbia e lacrime del perdente e le risate degli altri, per non correre simili rischi si ricorreva a trottole di legno molto duro. Il gioco dei tappini è il gioco più moderno, il passatempo è tipicamente italiano ed è nato nel nostro  secondo dopoguerra, in seguito alla grande diffusione dei tappi a corona. In emulazione delle corse ciclistiche, era anche diffusa l'usanza di ritagliare dai giornali i volti dei corridori preferiti e incollarli, in questo modo il giocatore otteneva la personalizzazione del proprio tappo. Si potrebbe ancora continuare a scrivere pagine e pagine sui vecchi giochi di una volta, mi limito però di far notare che nessuno di questi giochi qui sopra descritti
viene giocato più. Nella nostra epoca siamo riusciti anche in questo, a far scomparire giochi che hanno resistito alle guerre, alle catastrofi naturali e al peso della storia. Oggi tutto il gioco dei bambini sta su una semplice console... 

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