mercoledì 29 aprile 2020

La vecchia vita di paese di una volta... personaggi, fatti e vecchie abitudini

Quando nascevi in un paese della Garfagnana possedevi già la prima
certezza della tua vita, non avevi ancora emesso il primo vagito e tutti sapevano che eri al mondo. La vita nei nostri paesi è sempre stata così, volenti o nolenti, appena muovevi un passo tutti ne erano a conoscenza prima che tu lo facessi. Questa d'altronde è vita vera è la quintessenza della storia, non della storia che si legge sui libri di scuola, quella no, ma è storia di tutti i giorni, quella più intima e personale perchè, come diceva Leopold Von Ranke (storico tedesco) "le epoche felici dell'umanità sono le pagine vuote della storia" e la vita di paese faceva parte di queste pagine vuote...
I giorni nei paesi garfagnini si susseguivano seguendo il ritmo delle stagioni, ovvero l'estate si rimaneva fuori sfruttando l'ultimo raggio di sole, e d'inverno già alle dieci di sera non si vedeva più un'anima in giro e non perchè la gente aveva paura di uscire come nelle città, ma perchè la vita del contadino cominciava quando il sole ancora dormiva. Il tempo d'altra parte in questi luoghi sembrava fermarsi...  Lavatoi con mamme che lavavano ridendo e scherzando, bambini che giocavano per le vie, le persone s'incontravano e si salutavano caldamente, erano posti dove ci si
conosceva tutti e dove ci s'informava del perchè la Maria stamani non era uscita a comprare il pane. Erano giornate lunghe, intense, faticose ma ricche di parole, di ascolto e di condivisione e volti estranei non esistevano. 
La maggior parte della vita del paese si svolgeva in strada, in essa s'incontravano persone, si svolgevano tutti gli avvenimenti che caratterizzavano la vita di una piccola comunità nella quale tutti si conoscevano e dove le gioie e i dolori diventavano emozioni comuni e coinvolgenti. Le strade erano il primo ritrovo delle donne, che, con la secchia, andavano all'acqua schivando qua e là i ragazzetti che si divertivano e che giocavano ai quattro cantoni, alle corse, a nascondino o a mondo. Non c'erano macchine, nè sfreccianti centauri a seminare sgomento, la vita trascorreva tranquilla. Per la strada era tutto un andirivieni,
passavano donne ed uomini più o meno frettolosi e si formavano più che altro gruppetti di perdigiorno che osservavano curiosamente chi entrava e usciva dalle case: quando il medico, quando la levatrice, o quando, chissà perchè, la guardia comunale... Insomma "si leggeva" nelle famiglie come in un libro aperto. 
Che stupore,che meraviglia e che interesse quando la carrozza dalla stazione portava dei forestieri, allora ecco che si formavano subito ennesimi gruppetti di persone a domandarsi chi fosse codesto forestiero, da li nascevano così mille supposizioni dalle probabili a quelle più fantasiose e bizzarre, ecco allora che improvvisamente la serrata discussione veniva interrotta da quelle due o tre auto private che strombazzando e alzando un tremendo polverone si facevano largo fra i curiosi. Eh si, le auto erano una rarità assoluta, la maggior parte delle persone andava a piedi, o meglio le donne andavano a piedi e gli uomini in bicicletta, salire in sella ad una bici per molte donne era considerato scandaloso... chissà cosa avrebbero pensato le più anziane del paese...
Poi esistevano paesi e paesi, c'era il paese più piccolo e poi c'era "il paesotto", fornito di negozi, di un mercato settimanale e di qualche altra comodità in più, li giungevano gli abitanti dei paeselli limitrofi, che arrivavano seguendo i tracciati di
Aggiungi didascalia
millenarie mulattiere. Le donne che giungevano a farvi le spese oltre ai fagotti necessari, ne avevano sempre uno supplementare con dentro gli zoccoli buoni e poco prima di arrivare nella piazza principale sostituivano gli "scappini" (una sorta di scarpa rustica fatta in casa), che venivano nascosti in una siepe, li pronti per essere presi e calzati al ritorno. Nel "paesotto" si comprava tutto ciò che era necessario alla sopravvivenza delle piccole comunità: generi alimentari, attrezzi e utensili vari e pure cianfrusaglie per le vezzose del paese. I mulattieri, altri tipici personaggi di un tempo, erano invece i postini, i raccoglitori e i divulgatori di notizie dei paeselli, a volte all'interno di queste piccole comunità erano anche gli unici che sapevano leggere e scrivevano ai parenti lontani per tutto il paese... se il prete non c'era. 

Quei negozi di alimentari però erano una gioia per gli occhi, buona parte della merce era esposta fuori dalla porta: granate, baccalà, verdure di stagione e dentro i sacchi di riso e delle minestre e poi i barattoli di latta dei biscotti, marmellate, salsicce appese,
lardo e strutto... 
Ma ecco che arrivava anche il momento del silenzio, intorno le botteghe chiudevano le porte, le serrande venivano abbassate, i ragazzi smettevano di gridare e correre... passava un funerale. Avanti al mesto corteo si trovava una lunga fila di uomini con cappa e cappuccio nero, erano i confratelli della Misericordia che nascondevano il volto per dimostrare che la carità e la pietà sono anonime. Dietro il prete c'era il carro funebre trainato dai cavalli, ma questo carro non era per tutti uguale. Di solito quello che si vedeva passare era il carro di terza classe, semplice con il cavallo coperto con una striscia nera ricamata e disegni oro e argento, ma se il morto era un poco più "importante", il carro era di seconda, più adorno di fregi ed il cavallo più vestito. Il massimo dell'onore era riservato al funerale di prima classe, il prete era avvolto nel mantello nero e argento, il carro issava quattro pennacchi e il cavallo era parato in pompa magna e il cocchiere poi... era vestito come per le grandi
occasioni. Ai funerali poi partecipava tutto il paese...in fondo in Garfagnana siamo quasi tutti parenti. 
Una volta passata la triste processione la vita come per magia riprendeva e a proposito di vita il vero centro nevralgico del paese per la vita sociale era il bar. Il bar in Garfagnana non era un luogo, ma uno stile di vita: si capiva dal bar che uno frequentava la propria estrazione sociale, c'era il bar per il signorotto e il bar per il povero diavolo, ma qualsiasi fosse questo bar all'interno si facevano le solite cose: si beveva(e tanto...), si giocava a carte e si parlava di tutto e di più. Del resto erano bar "tosti", veri, autentici, bar che non esistono più, quelli con il giornale spiegazzato e le carte da briscola unte e logore e fra il fumo di quelle stanze c'erano capannelli di pensionati, lavoratori e nullafacenti e fra tutti questi esistevano personaggi memorabili: c'era il "briachella" di turno e poi c'era lui: "quello che tutto sa", lui sapeva tutto, dalla politica, al
calcio, a come far ripartire l'economia, a trovare funghi, a fare l'orto, sapeva pure guarirti da tutti i malanni...
Erano storie di una volta, di ricordi di un tempo passato, storie e modi vivere dei nostri nonni, che si potevano e si possono riflettere su un qualunque  paese garfagnino, non occorre menzionarne uno specifico, ogni paese della valle viveva in questa maniera. Storie di vita più tranquilla, più vivibile, di un mondo dove riuscivi a sentirti meno "numero" e più persona. Un mondo dove potevi uscire per andare a prendere un caffè al bar, sapendo che sicuramente avresti trovato qualcuno con cui scambiare due chiacchiere... 
   


Bibliografia:
  • "Stasera venite a vejo Terè" . Gruppo vegliatori di Gallicano. Banca dell'identità e della memoria. "La strada" testimonianza di Maria Valentini

Nessun commento:

Posta un commento