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Pelè da bambino |
Alessandro Manzoni nei suoi "Promessi Sposi" scriveva:"... parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome". Il soprannome infatti da secoli e secoli è stato quell'epiteto che ha contraddistinto certe caratteristiche di una persona. La provenienza di questi nomignoli nasce difatti dalla pura fantasia popolare e trova le sue radici fra mille e mille motivazioni: il mestiere, l'aspetto fisico, particolarità del carattere o anche un semplice difetto; alcuni di questi vanno perfino "in eredità": un soprannome si può rinnovare da padre in figlio per generazioni e generazioni. Inoltre, soprattutto negli anni passati, sono serviti da funzione distintiva, in quei luoghi dove erano presenti molte omonimie. In parole povere è giusto dire che il soprannome è stato l'antesignano di quel cognome che oggi tutti portiamo. Tuttavia esiste un altro tipo di "soprannominazione" ed è quella che colpisce i personaggi dello sport e dello spettacolo. Qui le cose cambiano perchè questi nomignoli non sono più popolari ma bensì "elitari", coniati in genere da giornalisti e addetti ai lavori. Pensiamo al calcio. Gianni Brera era uno specialista ad appioppare questi soprannomi: "Rombo di Tuono" per Gigi Riva, "Abatino" per Gianni Rivera e "Penna Bianca" toccò aRoberto Bettega e così fu per molti altri ancora. Lo stesso avvocato Agnelli con la sua fine arguzia dispensava questi epiteti a destra e manca, "il Pinturicchio" Alessandro del Piero ne sapeva qualcosa. Rimane il fatto che a sottrarsi a questa regola del cosiddetto soprannome "elitario" fu quello che oggi è considerato il più forte calciatore al mondo, che si portava dietro il suo nomignolo già dalla tenera età. Prima di fare il nome, cognome e (soprattutto)il soprannome di questo personaggio è legittimo addentrarsi un attimino nei numeri che lo riguardano, per sottolineare proprio la sua grandezza. Pertanto cominciamo con il dire che i suoi gol furono 1281 su 1362 gare disputate. Tre volte fu Campione del Mondo (unico giocatore al mondo). Con la sua nazionale (il Brasile)giocò 92 partite, segnando 77 gol. Ma non fu solamente un giocatore formidabile, con gli anni che scorrevano diventò una vera e propria icona del nostro tempo. Rimase uno degli uomini più intervistati e fotografati di sempre, più di un qualsiasi statista o chicchessia divo del cinema. Accolto poi in 88 nazioni, ricevuto da 70 premier, 40 capi di Stato e ben tre Papi. Il "Time" lo inserì tra i 100 eroi ed icone del XX secolo. Lui, come avete bene capito è Edson Arantes do Nascimiento, soprannominato "O Rei" o anche la "Perla Nera", ma da tutti conosciuto come Pelè. E già... è proprio da questo celeberrimo nomignolo che entra in gioco la Garfagnana e la sua gente. La notizia difatti ha del clamoroso e ribalta di fatto quella che era la versione da tutti conosciuta del significato e del perchè il più grande calciatore che sia mai esistito sulla faccia della Terra gli fosse stato affibbiato il soprannome di Pelè. Ariguardo di questo, un'interessante e curioso articolo è comparso sulle pagine de "La Nazione" il 3 gennaio 2023, a pochi giorni dalla morte del calciatore e porta l'autorevole firma di Dino Magistrelli. Comunque sia partiamo dall'inizio e vediamo quello che era la sola versione conosciuta fino ad alcuni mesi fa. La storia nasce da un umile portiere brasiliano che militava nelle squadre amatoriali del suo paese, il suo nome era Josè Lino Conceicao detto "Bilè". Il portiere era amico del padre di Pelè ed entrambi militavano nella squadra del Vasco de Sao Lourenco, nella stato del Minas Gerais. Ebbene, a quei tempi il futuro Pelè era un bambino che non aveva ancora la passione del gol, anzi il suo ruolo preferito era proprio quello di fare il portiere e come tutti i ragazzini aveva un suo idolo con cui compararsi, il suo modello di portiere era proprio quel "Bilè" che giocava con il suo papà. A quanto pare, così narrano le vicende, Edson non riusciva bene a pronunciare correttamente il nome "Bilè" e nelle partitelle con gli amici quando faceva una buona parata era solito dire:-Seguuura Pilééé!!!-, ossia:-Prendilaaa Pilè-. Fu a quel punto che gli amichetti per prenderlo in giro crearono il soprannome di Pelè, un nomignolo che lui odiava ed effettivamente nei suoi racconti così narrava: -A
scuola mi chiamavano Pelé ed io litigavo con tutti. Pelé è un termine infantile
ed i compagni di classe lo utilizzavano per |
Dal film "Pelè" |
farmi arrabbiare. Oggi,
però, lo adoro, perché è un nome conosciuto in tutto il mondo. Con
il trascorrere del tempo, poi, è stato come se nel mio cuore ci
fossero due persone: Edson, che si divertiva con la famiglia e gli
amici, e Pelé, il calciatore-. Questa era la versione adottata da tutti fino a poco tempo fa, poteva variare qualche dettaglio, ma in sostanza questo era quello che si sapeva. A stravolgere tutto il 3 gennaio ci pensò con il suo bell'articolo Dino Magistrelli che raccolse le parole di Antonio Bacci di Pieve Fosciana, nipote di emigrati garfagnini nel lontano Brasile, ed è proprio da qui che comincia la stupefacente storia.Riporterò integralmente l'articolo di Dino Magistrelli in modo che le vicende raccontate non siano snaturate.
"Nella straordinaria vicenda sportiva di Edson Arantes do Nascimento, Pelé, si inserisce a pieno titolo la Garfagnana, grazie a un emigrato di Pieve Fosciana, Pellegrino Bacci, partito per il Brasile nei primi anni del secolo scorso, insieme alla sorella Luisa e al fratello Giuseppe. I Bacci, grandi lavoratori, stabilitisi a Baurù nello Stato di San Paolo, fecero fortuna raggiungendo una certa agiatezza. Vicina di casa era la famiglia di un ragazzino, diventato poi il grande Pelè, e la mamma Celeste, ancora vivente con i suoi cento anni, che aiutava nelle faccende domestiche la famiglia Bacci. Tra i primi a notare le qualità di quel simpatico discolo che scorrazzava nel giardino di casa Bacci e giocava insieme al figlio Gino, anche lui diventato giocatore professionista e poi dirigente del Palmeiras, fu proprio Pellegrino Bacci che lo segnalò alla società dilettantistica locale del Baurù, dove la futura "Perla nera" si trovò a giocare con l’amico Gino. E proprio la famiglia Bacci ama raccontare, tra mille aneddoti, che da Pellegrino sarebbe nato anche il famoso soprannome di Edson Arantes do Nascimento, ovvero Pelé. Infatti nella narrazione dello stesso Pellegrino, un giorno, durante una pausa dell’allenamento con i coetanei nelle giovanili del Baurù, il tre volte campione del mondo avrebbe pronunciato per diverse volte: "Me lo ha detto Pelé", riferendosi a Pellegrino, detto Pellè. Agli altri ragazzi parve buffo questo termine e così un po’ per scherno, o forse per invidia per colui che era il migliore con il pallone tra i piedi, cominciarono a chiamarlo Pelè. Questa bella storia che lega Pelé alla Garfagnana ce l’ha raccontata – nei giorni in cui il mondo ha salutato il suo campione – Antonio Bacci, il cui papà Aldo, classe 1927, nipote di Pellegrino Bacci, da giovane aveva trascorso diversi anni in Brasile, impegnato nell’azienda di famiglia. Antonio Bacci ci ha fornito anche una fotografia scattata il giorno di Natale 1961 nella casa dei genitori dell’allora già campione del mondo con la nazionale verde-oro in Svezia e che si accingeva a diventarlo una seconda volta in Cile. Nella foto(N.D.R: quella qui sopra riportata), inviata da Pellegrino al nipote Aldo, già rientrato in Italia da anni, ci sono Pelè con quattro nipoti di Pellegrino, Josè Omar, Josè Salmenzinho, Nelson detto Nelsinho e Adele".Dino Magistrelli "La Nazione" 3 gennaio 2023
Naturalmente a noi garfagnini piace dare credito a questo nuovo resoconto, proprio perchè nella nostra lunga storia di emigrazione abbiamo sempre lasciato un segno positivo ovunque siamo stati e ci piace appunto credere che i nostri avi abbiamo lasciato anche un segno indelebile nella grande storia del calcio mondiale.
Bibliografia
- La foto inserita nell'articolo di Dino Magistrelli è quella in cui si fa riferimento nell'articolo stesso ed è stata pubblicata da "La Nazione" il 3 gennaio 2023. Proprietario dell'immagine la famiglia Bacci
- "Pelè giocava nel mio giardino..." di Dino Magistrelli. Da "La Nazione" 3 gennaio 2023