mercoledì 25 ottobre 2017

"W la Garfagnana, W il re". Quello che accadde prima, durante e dopo le elezioni di quel fatidico 2 giugno 1946

Che brutta "bestia"! Molti dicono che è un male necessario, altri
La scheda elettorale del 1946
dicono che senza si potrebbe vivere meglio, alcuni la dividono in due categorie: in quelli che la fanno e in quelli che ne approfittano. Personalmente mi piacque molto la definizione che ne dette Ronald Reagan, il 40o presidente degli Stati Uniti d'America, che così disse:- La politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomigli molto alla prima-. Già, la politica, un argomento delicato, difficile da affrontare e pericoloso da trattare, ma prendiamone atto e approfondiamo la questione, d'altronde con la politica ci si vive tutti i giorni e poi i fatti  narrati risalgono a una Garfagnana di settantuno anni fa e alle elezioni, referendum compreso, più importanti della nostra Italia repubblicana. Si, infatti correva l'anno 1946, l'Italia era uscita da oltre vent'anni di dittatura e finalmente si poteva esprimere liberamente al voto. La Garfagnana (o meglio buona parte di essa) affrontò le votazioni prima di tutti con le elezioni amministrative del 10 marzo 1946, i comuni di Careggine, Castelnuovo, Castiglione, Gallicano, Giuncugnano, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, Sillano, Trassilico, Vergemoli e Villa Collemandina scelsero il loro primo sindaco post-guerra e finalmente, cosa da non dimenticare, per la
Per la prima volta le donne al voto
prima volta le donne garfagnine andarono a votare (leggi un mio articolo sull'evento: http://paolomarzi.blogspot.it/la-prima-volta-al-voto-delle-donne.html). Arrivò poi lo storico 2 giugno 1946 e le elezioni politiche che determinarono l'Assemblea Costituente a cui sarebbe stato dato il mandato di redigere la nostra Costituzione, in contemporanea attraverso un referendum si doveva scegliere fra la Monarchia o la Repubblica. I risultati di ciò nella nostra valle da un certo punto di vista furono clamorosi, ma analizzando bene furono in tendenza con quello che era la nostra tradizione, la nostra cultura e il nostro modo di vivere. Certo, quello che si sarebbe presentato davanti alla nuova dirigenza politica locale e nazionale non era un compito sicuramente facile, anzi, la guerra aveva distrutto le case e il morale delle persone, e c'era da ricominciare proprio da lì, a dare nuove speranze, ad aver nuovamente fiducia nella vita e nella politica, ma in Garfagnana il quadro della situazione prima di quelle elezioni non era certo idilliaco: morti da piangere, odi personali e tra fazioni che impiegheranno anni per sopirsi, processi da celebrarsi per le violenze subite, ponti, strade e ferrovia da ricostruire, bombe e mine da rimuovere. La situazione nelle valle
Castelnuovo Garfagnana bombardata
era talmente grave che furono istituiti comitati "Pro Garfagnana" per la raccolta di fondi a sostegno della ricostruzione, ma già nel settembre 1945 a soli cinque mesi dalla fine della guerra e nello stile della più classica delle  storielle all'italiana ci si domandava dove fossero finiti quei soldi. Da un punto di vista occupazionale forse la situazione era anche peggiore, nel gennaio 1946 i reduci di guerra e i disoccupati minacciavano l'occupazione della "Metallurgica" di Fornaci di Barga se entro breve tempo non fossero stati riassunti a pieno titolo, dall'altro canto l'azienda invece continuava a licenziare costretta a riconvertire la sua produzione da bellica in civile, la "Valserchio" (n.d.r:fabbrica tessile) a Castelnuovo dava lavoro a trecento
La "Valserchio" bombardata
operai, adesso era completamente distrutta, l'estrazione del marmo fonte di reddito vitale per l'Alta Garfagnana versava ormai da anni in una profonda crisi, ma non solo, i disoccupati di Molazzana passarono alle vie di fatto occupando il comune e accusando gli amministratori di scarso impegno nei loro confronti. Di  fronte a tutto questo c'erano gli "sciacalli" che approfittando della crisi occupazionale vendevano merce di prima necessita al mercato nero a prezzi altissimi, la grave recessione sfociò in una grande manifestazione di piazza dove si chiedeva che i salari fossero adeguati ai prezzi esorbitanti. Anche l'ordine pubblico non si riusciva a domare, molti garfagnini nonostante la fine della guerra nelle loro cantine conservavano armi degli eserciti in ritirata, praticamente la Garfagnana era ancora un arsenale a cielo aperto. Il colonnello americano Hamilton (commissario provinciale alleato)emise diversi bandi in cui ordinava di consegnare le armi e di cessare anche gli atti di violenza, vendette politiche trasversali si stavano infatti consumando in tutta la valle e per di più in tutto questo caos generale trovò terreno fertile anche la delinquenza comune che rapinava i denari a persone comuni (ma sopratutto ai commercianti). Malgrado tutto, un barlume di speranza affiorava e le buone notizie cominciarono ad arrivare, il governo centrale esentò per due anni la Garfagnana dal pagamento delle tasse, la voglia di vivere cominciava a fare capolino e le richieste per aprire sale da ballo furono numerose, riaprirono anche i cinema, le fiere paesane(seppur a ritmo ridotto)ripresero vita, rinasceva così anche l'associazionismo: le Misericordie, i circoli culturali, le pro loco
Gallicano: macerie sullo sfondo,
 ma la vita riprende
e rinacquero anche i partiti, vecchi e nuovi e la vita politica riprese forza e vigore. A Castelnuovo nel settembre '45 si tenne il primo congresso locale del Partito Comunista, idem a San Romano dove la sezione contava già più di cento iscritti, altri partiti come il Partito d'Azione, il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana cominciavano ad "affilare le armi" per la tornata elettorale che sarebbe avvenuta di lì a poco tempo. Ci furono così i primi comizi politici nella valle, personalità che sarebbero diventate di spicco nel panorama nazionale visitarono la Garfagnana, su tutti il futuro Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (democristiano). Insomma, questa era la situazione generale della Garfagnana, questi erano i gravi problemi che dovevano risolvere i nuovi amministratori e in quel 10 marzo 1946 i primi risultati delle prime elezioni (amministrative) libere parlavano già chiaro:

(***i numeri sotto riportati fanno riferimento ai seggi conquistati)

                      Iscritti    % voto    D.C    Blocco Sinistre    Indip    Indi

Careggine:      945          76          /                  /                   12            3

Castelnuovo   3998         65        16                4                    /              /

Castiglione     2135         59        16                4                     /              /

Gallicano        2908         78        16                4                     /              /    

Giuncugnano                                4                                       4             3

Piazza. S         1787         70       12                3                     /              /

Pieve Fosc.                                   3                12                   /              /

Sillano                                           6                  /                    9             /

Trassilico       1152          89           /                  /                   12            3

Vergemoli       948           81           3                 /                   12             /

Villa Coll.       1293          75          12                3                    /              /


La Democrazia Cristiana mise così il suo suggello nella Valle del Serchio, un suggello che durerà per quasi mezzo secolo, ed effettivamente analizzando quello
storico voto vediamo che i comuni dei centri più importanti della Garfagnana erano in mano al partito scudo-crociato: Castelnuovo, Gallicano, Castiglione e Piazza al Serchio. Il blocco delle sinistre si affermava in un solo comune: Pieve Fosciana, probabilmente quell'antico nucleo locale comunista, stroncato violentemente dalla forze nazi-fasciste non era morto, anzi nel tempo aveva continuato a vivere in clandestinità facendo proseliti fra gli abitanti del posto. Il dato più interessante viene dai cosiddetti Indipendenti, dei populisti ante-litteram che avevano una visione della politica molto vicina alle idee delle persone, infatti non avevano fiducia nei partiti e nella politica in generale, il loro pensiero sostanzialmente diceva che un comune per essere ben amministrato non occorre che sia comunista, socialista, repubblicano o cattolico, un buon comune ha bisogno di buoni amministratori, tutti quegli amministratori che sono legati ad una idea politica sono di parte e non farebbero il bene della gente. Queste idee portarono gli Indipendenti a conquistare ben cinque comuni (così come la D.C): Careggine, Giuncugnano, Trassilico, Vergemoli e Sillano, proprio in quei comuni dove la lotta partigiana era di casa, questo lascia pensare che nonostante tutto quelle lotte e quelle idee partigiane  non siano state comprese dalla gente, oppure questa riluttanza era dovuta a una mentalità conservatrice tipica della Garfagnana dell'epoca.
La riconferma di questa mentalità si riebbe clamorosamente due mesi più tardi quando ci furono le elezioni per la Costituente e il referendum Monarchia o Repubblica. I dati sul referendum sono impressionanti:     
                   REPUBBLICA     MONARCHIA
                  
                                             
Camporgiano           40,8          59,2
Careggine             29,7          71,3
Castelnuovo           46,6          53,4
Castiglione           24,1          75,9
Fosciandora           13,7          84,3
Gallicano             53,5          46,5
Giuncugnano           19,5          81,5
Minucciano            37,0          63,0
Molazzana             28,4          71,6
Piazza al Serchio     45,9          54,1
San Romano            48,0          52,0
Pieve Fosciana        48,1          51,9
Sillano               46,9          53,1
Vagli                 48,3          51,7
Vergemoli             31,3          68,7
Villa Collemandina    20,4          79,6

(*i numeri sono espressi in percentuale: Garfagnana monarchica con il totale del 61,5%)

La Garfagnana al grido di "W il re" risultava irremovibilmente
monarchica, un solo comune, Gallicano, era repubblicano, ma il resto della comunità confermava Umberto II Re d'Italia. Fanno sensazione i numeri di comuni come Fosciandora che con l'84,3% dei voti si affermava come il comune più monarchico della Garfagnana a ruota seguivano con percentuali altissime Giuncugnano, Villa Collemandina, Vergemoli, Castiglione e Careggine. La provincia di Lucca risultava invece repubblicana con il 57,7%, così come il resto d'Italia con il 54%. I dati garfagnini facevano profondamente riflettere, in sintesi premiavano quella monarchia che aveva consegnato il potere a Mussolini e che aveva portato alla guerra civile. D'un tratto la guerra vissuta sulla propria pelle, le lotte partigiane, i lutti e le macerie sembravano che non avessero sortito nessun effetto sulla loro coscienza, prevaleva quindi  l'indole conservatrice, la nostra paura atavica della novità e il timore di lasciare la strada vecchia per quella nuova. Questo conservatorismo si riflesse anche sull'elezione dell'assemblea Costituente, le radici fortemente cattoliche della Valle del Serchio e l'influenza dei preti sulle persone premiarono la Democrazia Cristiana con percentuali totali addirittura più alte che di quelle referendarie pro monarchia; con il 66% dei voti la D.C surclassava tutti gli altri partiti che si dovettero accontentare delle briciole, P.C.I e P.S.I ottennero insieme il 24%. Dopo cinquant'anni la Garfagnana aveva però un suo rappresentante parlamentare,l'onorevole Loris Biagioni(D.C). Quello che accadde dopo queste votazioni fa parte di tutto quel bagaglio politico tipicamente italico che ormai conosciamo tutti bene. Coloro che durante la guerra avevano compromesso fortemente il loro passato, senza vergogna alcuna fecero ben presto a salire sul carro del vincitore, emblematico fu quell'episodio che riportò al tempo  sulle proprie pagine "La Gazzetta del Serchio" e che accadde al già citato colonnello Hamilton, quando in
Il re Umberto II lascia
l'Italia dopo i risultati
del referendum
una delle sue visite in Garfagnana si fermò a Camporgiano, tutte le autorità comunali accolsero l'importante ospite, fra queste autorità: "...c'era un fascistone conosciuto in tutta la provincia per le altissime cariche ricoperte nell'ex partito nazionale fascista, tra cui marcia su Roma, fascia littorio, membro federale, fondatore dei fasci in Garfagnana. Ecco, allora vorremmo sapere chi sono i componenti di questo comune per non conoscere l'attività deleteria del dottor XYZ, svolta in venti anni di regime fascista. Forse questi signori vivono in un altro mondo? Conoscevano per fama la sfacciataggine di questo gerarca, ma non fino a questo punto...". Di questo clima se ne accorsero di più e meglio coloro che tornarono dai campi di prigionia e che avevano subito angherie inverosimili da questi aguzzini, il loro sbigottimento era totale: "Le cose continuavano come prima, chi aveva collaborato con il nemico continuava imperterrito nel proprio lavoro avendo cambiato solo casacca" .

Così la Garfagnana e l'Italia entravano nell'era repubblicana.


Bibliografia


  • "Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana fra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi. Banca dell'identità e della memoria . Anno 2004

mercoledì 18 ottobre 2017

Alla curiosa e intrigante scoperta del significato dei nomi dei paesi garfagnini

Mamma mia che brutta parola! "Toponimo". Un vocabolo che fa venire
alla memoria mille cose strane fuorchè quella esatta, invece è uno dei termini più affascinanti ed interessanti che ci sia. Nel suo specifico tale parola proviene dal greco, ed è composta dalle parole tòpos = luogo e onoma = nome, infatti la toponomastica (altra terribile parola) è lo studio dei nomi dei luoghi, ed una materia bellissima che attraversa nello stesso tempo altre materie, come la storia, la geografia, la glottologia (n.d.r: lo studio delle lingue) e la filologia (n.d.r: l'insieme delle discipline che ricostruiscono i documenti letterari alla loro corretta interpretazione). Come tutti sanno ogni nome di luogo, città o paese ha dietro di se una storia molto antica che al suo interno racchiude un significato nascosto che non sempre si conosce e allora vi siete mai chiesti come mai il vostro paese si chiama proprio così? Da dove deriva il suo nome? Qual'è il suo significato? Avete mai notato che alcuni dei paesi garfagnini hanno dei nomi composti, altri invece sono apparentemente indecifrabili, mentre altri ancora contengono un nome di un santo? I toponimi hanno di fatto un origine molto varia, ad esempio possono derivare da alture del terreno e d'impulso ecco mi viene in mente
Il paese del Poggio
il paese del Poggio (comune di Camporgiano)che si è formato difatti originariamente sul Colle della Capriola, o sennò possono nascere da cime, passi, valli, corsi d'acqua, boschi, colture, miniere e attività lavorative in genere e vediamo in questo caso paesi come Fornovolasco che deve la sua denominazione a dei forni legati alla fusione del ferro, o Fornaci di Barga che deve ricercare le proprie radici etimologiche sempre intorno ad un forno, ma che stavolta serviva però per cuocere mattoni. Ma sopratutto i nostri paesi hanno legato il proprio nome a una persona, che in origine poteva essere il fondatore, il feudatario o il proprietario di quell'appezzamento di terreno. Un "trucchetto" per capire ancor di
Le attività dei coloni romani in un
mosaico del III secolo
più l'origine dei borghi (in questo caso la regola è generale) sta nell'osservare come termina il nome del proprio paese o città che sia e vediamo che quelli che terminano con il suffisso ano e ana sono di origine latina, mentre ago-aga-ico-ica sono di derivazione gallica, ciò che finisce in engo è di chiara genesi germanica. Tornando alle località che hanno i suffissi ano-ana, questi con ogni probabilità si sono formati dal nome del proprietario del terreno sul quale e poi sorto l'insediamento, per ben chiarire portiamo il caso di Gallicano, e vediamo appunto che "fundus Gallicanus", significa fondo (agricolo) appartenente a Gallicanus. Da non tralasciare sono i toponimi con i nomi religiosi, questi luoghi verosimilmente sono di origine medievale (Pieve, Badia, Angeli e così via...)e in particolare i nomi dei paesi che provengono direttamente da un santo si chiamano niente di meno che  "agiotoponomi" (altro parolone) e in Garfagnana da questo punto di vista possiamo portare una miriade d'esempi: San Michele (Piazza al Serchio), San Romano, San Pellegrino in Alpe...Altra curiosità intrigante è vedere che ci sono nomi che vengono da viabilità antiche e di conseguenza alludono alle miglia romane, caso esemplare nella provincia di Lucca sono le località di Sesto di Moriano (sextum lapidem), Valdottavo (octavum lapidem) e Diecimo (decimun lapidem) che segnalavano le miglia sull'antica Via Clodia. Molto comuni inoltre sono quei toponimi garfagnini(e non solo garfagnini) che riprendono l'appellativo dalla presenza in loco di antichi
L'antica Via Clodia
castelli, fortezze o anche torri, lampante l'esempio nostrano di Castelnuovo Garfagnana, Castiglione o Castelvecchio Pascoli. 

Sia chiara una cosa, non sempre è possibile risalire all'origine del luogo, origine persa ormai nel tempo, a volte è possibile fare delle ipotesi, ed è quello che farò adesso, naturalmente non sono mie personali supposizioni, ma di studiosi dell'argomento che hanno cercato di dare un perchè del nome ai paesi della Garfagnana. Per non fare "torto" a nessuno faremo però un excursus sui comuni, uno per uno. Cominciamo da...

Camporgiano: L'origine del toponimo è incerta e anche se non sembra questo è un nome composto, la prima parola deriva dal latino
Camporgiano e la sua rocca
"campus" (campo). La seconda parola potrebbe avere origine dal nome della vicina località "Rogiana" (ora Poggio San Terenzio), oppure dal latino "hordeum" (orzo), con significato globale di campo coltivato a orzo.


Careggine: Per alcuni questo nome è derivante da "Caricinum" o "Cariginae" e starebbe a significare "campo della regina" e se come si presume fosse riferito ad un accampamento militare romano varrebbe a dire "campo a capo di altri castra (intesi come accampamenti)". Altra ipotesi vorrebbe che il nome nascesse da "Pagus Caricius", in riferimento ad una pieve edificata secondo la tradizione paleocristiana sui "pagi" (villaggi rurali), in alternativa un luogo ricco di "carices", ovvero giunchi.

Castelnuovo Garfagnana: Il nome fa riferimento ad un "Castrum Novum" ossia ad un nuovo castello di costruzione recente rispetto ad uno già esistente. 

Castiglione Garfagnana: Tale appellativo risale al periodo della
Il Castello del Leone:
Castiglione
Garfagnana
dominazione romana quando si costruivano i "castra" (cioè di fortificazioni). Tra queste fortificazioni c'era "Castrum Leonis", il castello del leone, al tempo tenuto in gran considerazione per la sua posizione di controllo per la più facile via che conduceva al di là dell'Appennino. Era quindi l'antico "castrum leonis", la più forte delle fortificazioni capace di battersi e difendersi come un leone per proteggere il proprio territorio. 


Fabbriche di Vergemoli: Nome composto. "Fabbriche" viene fatto risalire a dei mastri ferrai che si stabilirono in zona nel XIV
Fabbriche e il ponte medievale
secolo, quando l'economia del luogo era basata sulla lavorazione del ferro. L'etimologia del nome Vergemoli è più complessa ed è piuttosto controversa e incerta, le ipotesi sono svariate. Si parla che sia riferita ad una persona tale Geminus, potrebbe derivare anche dalla posizione geografica del paese che sorge sullo spartiacque di due valli: "vallis gemina" (valli gemelle), oppure dal latino 
"Virgemulum", vale a dire piccolo piantonaio(n.d.r: vivaio con terreno opportunamente lavorato dove si interrano le pianticelle innestate). Si può anche ipotizzare che il nome sia composto da "Ver",(radice di vertice) vale a dire luogo in alto e da "moli" che significherebbe macine, il nome perciò significherebbe "molini in alto", vista la numerosa e antica presenza di questi nella zona.

Fosciandora: Questo toponimo è fra i più curiosi e singolari e ci dice che la provenienza di questo nome verrebbe da "fuscandola", ciò probabilmente indicava il colore fucsia delle pietre utilizzate per la costruzione delle case in epoca remota. 

Gallicano: Il nome era già in uso nel 771 come Galicanum,
Il centro storico di Gallicano
probabilmente dal nome di un colono romano di nome Gallio o Gallicano (a dire il vero nella tabula Alimentare di Veleia è noto come Cornelius Gallicanus).


Giuncugnano: Il nome della località nascerebbe dal nome proprio "Iucundius", al quale viene aggiunto il suffisso "anus" indicante l'appartenenza.

Minucciano: Il paese prende il nome dal console romano Quinto Minucio Termo (in precedenza il luogo si chiamava Saltus), incaricato della difesa del confine dalle invasioni barbariche.

Molazzana: Difficile risalire all'origine di questo nome. Diverse sono le interpretazioni, tutte però riconducono alla mola, intesa
Molazzana
come macina. Tutto questo però non ha alcun fondamento documentato, anche se c'era l'antica presenza (sul torrente 
Vescherana) di due importanti  mulini per la comunità di Molazzana.

Piazza al Serchio: Il nome è composto da "piazza" che farebbe riferimento a uno spiazzo o meglio a una vasta area che in epoca medievale era usata come luogo di mercato e "al Serchio", che si riferisce al fiume che scorre vicino al paese. Da far notare che fino al 1923(anno in cui il borgo passò alla provincia di Lucca) il paese si chiamava Piazza Massese.

Pieve Fosciana: Eccoci ancora davanti a un nome composto, in questo
Pieve Fosciana
caso da "Pieve" che ha chiara attinenza alla parola chiesa, infatti dall'XI secolo prese il nome di "Plebes de Fosciana". Il toponimo Fosciana ha anche in questo caso origini romane ed è attribuibile al latifondista Fuscus che a quanto pare avrebbe avuto una superficie agraria dove oggi è situato il Piano Pieve, che al tempo si chiamava "Campus Fuscianus", cioè i campi di Fuscus.


San Romano Garfagnana: Il paese prende semplicemente il nome dal santo a cui è dedicata la chiesa principale.

Sillano: Lucio Cornelio Silla generale romano è alla genesi di
L'illustre generale
romano Lucio Cornelio
Silla
questo paese. Si racconta che le sue armate dirette in Gallia dovettero fermare la loro avanzata nei pressi dell'attuale paese a causa di una forte nevicata, visto il maltempo per un certo periodo i valorosi soldati di Silla soggiornarono in questi boschi costruendo delle casupole, alla loro partenza queste casupole furono occupate dagli abitanti locali. 


Vagli: Il temine Vagli deriva da "Vallis", valle.

Villa Collemandina: Il paese nasce da una fattoria (o casa di campagna) romana: "Villae". Con l'arrivo dei longobardi si hanno le prime notizie documentate sul luogo che continua ad essere citato come "Villa". Nel 1168 viene nominata in una bolla papale come "Ecclesia Sancti Sixi de Villa (Collemondinga)" che indicava il luogo della fondazione del paese: Colle Mondingo. Nel tempo il nome varierà in "Villa di Colle", "Villa Colle Mondingo", "Villa Colle Mondina", ed infine Villa Collemandina.

E questo è quanto. Naturalmente non va tutto preso per oro colato, il campo in questione e la materia sono difficilissimi da interpretare,
d'altronde si fa riferimento a nomi nati mille e più anni fa. Di questi ricercatori c'è solo da apprezzare il puntiglioso studio e la minuziosa ricerca, per la "sola" e semplice voglia di sapere e di farci conoscere le nostre radici. 



Bibliografia:

  • "Dizionario della toponomastica-storia e significato dei nomi geografici italiani" UTET

mercoledì 11 ottobre 2017

Una bontà tutta garfagnina, la farina di neccio. Le sue origini e la sua storia

"Il castagno è il nostro albero del pane. Ci andrebbe messa, in ogni
castagno, una croce, come si fa con gli alberi divenuti sacri..."
Giovanni Pascoli nel 1908, sulle pagine del giornale "La Prensa" descrisse così, agli italiani emigrati in Argentina  il significato profondo che poteva avere il castagno per la gente della Valle del Serchio. Nulla di più vero e rappresentativo, d'altronde i numeri di ieri e di oggi parlano da se, difatti nel 1846 Carlo Roncaglia funzionario estense, da una statistica generale sullo stato modenese contava in Garfagnana più di due milioni di piante di castagno (per l'esattezza 2.052.157) con una resa in castagne secche pari a 76.135 quintali. Oggi i numeri naturalmente sono cambiati, ma ciò non toglie che la lucchesia sia a livello regionale e sia a livello  nazionale è la provincia con la maggior superficie boschiva a castagneto, nel 1978 risultavano oltre 29 mila ettari e solo in Garfagnana prosperavano castagni che coprivano 12.740 ettari. Con gli anni il numero si è drasticamente ridotto, anche se ancora rimangono cifre di tutto rispetto e secondo il censimento del 2005 promosso dalla comunità montana e dall'associazione castanicoltori della Garfagnana, risultano a castagneto 3.000 ettari, con una resa di castagne fresche pari a 25.000 quintali che si trasformeranno in ben 2000 quintali di prelibata farina di neccio. Già, la squisita farina di neccio, salvezza dei garfagnini in svariate epoche storiche, anche
Il castagneto di Pratomaleta
 (Sillano Giuncugnano)
lei merita la sua storia e una sua identità che va ricercata intorno all'anno mille, quando con l'aumento della popolazione garfagnina ci fu bisogno di mettere a frutto anche le diverse zone incolte della vallata, si pensò così di incrementare la coltivazione del castagno, naturalmente non è che mancassero in quel periodo, ma loro presenza era considerata secondaria e il consumo dei suoi frutti irrilevante. Detto fatto anche questa volta il bosco fu piegato alla volontà dell'uomo, ed ecco affermarsi una volta per tutte il castagno in Garfagnana. Uno dei maggiori promotori di questa nuova politica economica-alimentare fu Paolo Guinigi, signore di Lucca che capì da subito l'importanza di questa pianta: "cultivazioni più idonee alla produzione di farina buona e serbevole", ritenendo a giusta ragione che questa avrebbe sfamato una famiglia per gran parte dell'anno. Ma non solo, Paolo Guinigi intuì da subito che una selva pulita ed una cura del castagno avrebbe portato un raccolto  molto più ampio e di conseguenza a una maggior quantità di farina, a questo scopo fu istituito nel 1487 "l'Offizio
Paolo Guinigi
sopra le Selve
", fra le altre cose fu sempre sua cura impedire il taglio indiscriminato dei castagneti, così nei luoghi concessi al taglio sussisteva l'obbligo (sottolineo l'obbligo) entro tre anni  di innestare da 50 a 100 piedi di castagni per coltra (ogni coltra misura 2000 mq circa), la legge inoltre prevedeva che adoperandosi in queste mansioni si acquisiva legalmente il diritto di usufruire del raccolto per otto anni e in alcuni anni si poteva anche prendere il possesso del terreno, in aggiunta sussisteva il dovere di ripulire il bosco da tutte le piante che non davano frutto, dai rovi e dalle pietre, al fine di migliorare il pascolo, poichè sotto questi alberi vi pascolavano le pecore in una simbiosi fra castanicoltura e pascolo ovino, fra castagne e formaggio. Un concetto questo e un modo di vivere tutto garfagnino confermato dall'agronomo Vincenzo  Tanara nel 1664 nel suo "L'economia del cittadino in villa": "I castagni sono di due sorti, selvatico il naturale, domestico l'artificioso. Dal frutto si ricava una farina dalla quale si fa pane e di tanto nutrimento, che levatone quello di frumento nutrisce più di ogni altro grano, e ce ne accerta vedere uomini robustissimi e donne giovani che nella carne somigliano al latte, e nelle guance rosa, vivendo solo di questa farina, di formaggio e di acqua". Insomma la farina di neccio era entrata ormai a buon titolo come fonte principale del sostentamento garfagnino, bisognava quindi proteggerla con delle leggi ad hoc e Barga in questo senso fu una delle prime, nel suo statuto nel 1360 si leggono severe disposizioni sulla raccolta delle castagne e per la farina (tanto per cambiare) furono messe delle tasse sulla sua produzione. Fondamentale per la
metato garfagnino
creazione della farina di neccio era, ed è il metato, casupole in muratura fatte in modo da contenere le castagne messe li ad asciugare. Sono costruzioni sparse qua e là per i castagneti, divise a metà da un solaio a stecche di legno, poste l'una accanto all'altra (il canniccio), dove sopra verranno messe le castagne, al piano inferiore invece si fa 
una brace, un fuoco leggero,  con gli stessi ciocchi di castagno, il fumo sale così verso "il canniccio" e fa si che le castagne a poco a poco diventino secche. Dopo 40 giorni di essiccatura sono pronte per essere portate al mulino per farne farina. Ancora oggi se si va per i boschi della Garfagnana non ci si può non imbattere in un metato e anche se non sono mai stati fatti censimenti in tal senso possiamo stimare dalla produzione di farina degli anni '50 del '900 che i metati in funzione nella provincia di
castagne messe a seccare nel metato
Lucca erano circa 7.000 e per far capire ancor meglio l'entità della produzione della farina di neccio in Garfagnana possiamo sicuramente affermare che nell'ottocento i mulini attivi erano 245. Ma il vocabolo "neccio", che da il nome alla squisita farina e in buona parte agli altri piatti fatti con le castagne, da dove viene? Alcune fonti ci dicono che  in epoche lontane i garfagnini con le ghiande producevano una sorta di farina, che anche questa aveva il solito procedimento di essiccazione delle castagne è presumibile che queste ghiande fossero ghiande di leccio, con l'andar dei decenni questa farina fu abbandonata negli usi alimentari per essere sostituita con quella di castagne è possibile quindi che nel linguaggio comune si sia mantenuta la solita parola "ilceus"(leccio- neccio), altri affermano che 
potrebbe anche derivare da parole latino medievale o liguri. Certo che le prelibatezze  che si possono fare con la farina di neccio
Necci con ricotta
sono innumerevoli, un tempo erano piatti poveri per la povera gente e ora sono fra i piatti più ricercati in gastronomia, come la "polenta e ossi", ottima polenta di neccio accompagnata con ossi di maiale e zampucci con ancora abbastanza carne attaccata, oppure il classico "neccio", schiacciatella cotta fra due testi da gustarsi con dell'ottima ricotta locale, o sennò "i manafregoli" la stessa polenta cotta nel latte, per non parlare del "castagnaccio" , torta di farina di castagne guarnita con pinoli, noci e bucce d'arancia... e la vinata invece? Questo piatto è per palati forti e si consumava specialmente nelle sere "a veglio", quando la polenta di castagne resa ormai una morbida crema veniva versata in un piatto fondo, servita con del vino già fatto bollire e una spolverata di zucchero. Finalmente nel 1998 la farina di neccio eb
casta
be il riconoscimento che da sempre meritava, grazie sopratutto all'associazione dei castanicoltori garfagnini, quando la Comunità Europea gli ha riconosciuto ufficialmente il marchio di Denominazione di Origine Protetta. Un suggello doveroso dopo mille anni di storia.



Biblografia



  • "I castagni della Garfagnana" Studi per la tracciabilità di filiera e la caratterizzazione qualitativa della farina di neccio della Garfagnana DOP- "L'albero del pane storia della farina di neccio della Garfagnana" di Ivo Poli. Edito Regione Toscana anno 2009
  • "Statistica generale degli stati estensi" a tutto l'anno 1847 di Carlo Roncaglia edito da tipografia Vincenzi 1849
  • "L'economia del cittadino in villa" di Vincenzo Tanara 1664

mercoledì 4 ottobre 2017

I centenari di Garfagnana e il loro segreto per l'elisir di lunga vita

La storia è fatta sopratutto da memoria e testimonianze e fra le più
grandi risorse per chi scrive di storia come me, i racconti delle persone anziane sono fondamentali. Sono una fonte inesauribile di notizie e di aneddoti, talvolta felici e talvolta commoventi, basta mettersi lì cominciare un discorso ed ecco che magicamente il loro album dei ricordi si apre...Grazie a Dio in fatto di memoria e quindi di gagliardi vecchietti la Garfagnana (e i suoi storici) possono andare tranquilli, secondo statistiche recenti infatti i centenari in tutta la provincia di Lucca sono addirittura triplicati, da indagini ISTAT non sono mai stati così tanti. Ben 144 in totale e il gentil sesso è in stragrande maggioranza con 120 signore che hanno spento le cento e più candeline, mentre i signori sono "solamente" 24, così ripartiti geograficamente: 115 vivono fra la Piana e la Garfagnana e 29 in Versilia. Il dato è impressionante paragonato a quello del 2002 (appena 15 anni fa), ed effettivamente all'epoca si contavano appena 53 centenari (un incremento del +170% !!!), consideriamo poi che è in forte aumento anche la fascia degli over 75, nel 2015 erano 39 mila, oggi siamo già oltre le 49 mila unità. Anche nel resto della nostra regione (la Toscana) non si scherza, anche  qui i centenari sono in abbondanza (1506) e addirittura si prevede che in provincia (Lucca) nel 2030 gli arzilli nonnetti che arriveranno ai cento anni saranno  oltre 500, dati che fanno ben sperare, dal momento che la stessa Toscana risulta essere fra le primissime in Italia in quanto "a speranza di vita" (80,9 per gli uomini e 85 per le donne, primato che in 25 anni
è aumentato di 6 anni per i signori e 4 per le signore). Ecco allora comune per comune (Mediavalle e Garfagnana comprese) la dislocazione e la classifica di coloro che hanno un secolo (o oltre) di veneranda età:
  • Barga 8 centenari
  • Borgo a Mozzano 5
  • Castelnuovo Garfagnana 3
  • Bagni di Lucca 2
  • Molazzana 2
  • Gallicano 2
  • Giuncugnano- Sillano 2
  • Minucciano, Fabbriche di Vergemoli, Camporgiano, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, San Romano, Villa Collemandina, Coreglia 1

In tutta la Valle del Serchio coloro che toccano il secolo di vita sono 32. Da segnalare il dato di Barga e Borgo a Mozzano (coloro che hanno più centenari), nelle due località in questione sono presenti case di riposo, dove loro probabilmente hanno lì il domicilio.

Andiamo ancora di più nello specifico e guardiamo anche il resto della provincia:


  • Lucca 37 centenari
  • Viareggio 17
  • Capannori 17
  • Pietrasanta 12
  • Camaiore 12
  • Altopascio 4
  • Porcari 4
  • Stazzema 3
  • Massarosa 2
  • Montecarlo, Pescaglia, Seravezza,  Villa Basilica 1
Insomma in Garfagnana a quanto pare si vive bene e si vive a lungo, secondo fonti mediche tutto è legato alla connotazione rurale della valle, lo stile di vita contadino di una volta incide in maniera
Natura e aria buona (Isola Santa)
particolare sulle prospettive di vita, ancor di più incide però la qualità del cibo, alimenti sani, ortaggi senza l'aggiunta di additivi chimici e animali allevati naturalmente sono un vero toccasana. A conferma di questo molti dei nostri anziani ultra ottantenni ancora badano personalmente alle bestie e agli orti e Mario 
originario di Villa Collemandina e agricoltore a tempo pieno (che da poco ha festeggiato i 100 anni) ci dice che il segreto dei centenari è non morire prima dei 100 anni...effettivamente non fa una grinza...
Studiosi di gerontologia incuriositi dal fenomeno garfagnino hanno incominciato in questi anni a metterci dentro il naso e quindi a studiare per scoprire il possibile elisir di lunga vita, interessati sopratutto dall'eventuale crescita di questi, che ci sarà nei prossimi decenni. In particolare stanno studiando il loro stile alimentare, valutando il nesso tra composizione di cibo, invecchiamento e malattie, con un occhio anche all'antropologia sociale. Walter Longo ordinario di gerontologia e di scienze biologiche alla University of Southern California di Los Angeles ci spiega meglio il concetto: - Tutti i centenari del mondo mangiano poco e quasi sempre le stesse cose. Apprezzano e si godono i momenti della vita in comune, la chiesa, le feste, la piazza, ma sanno anche essere indipendenti dal sistema sociale, pensiero poi che vale non solo per i centenari ma per tutti gli anziani in genere-.
La buona cucina di una volta

Dunque non è solo una sana alimentazione che ci porta a vivere più a lungo, così Harriet Jameson giovane professoressa di 28 anni dell'Indiana University dice che la longevità garfagnina e in generale nella maggioranza dei casi sia legata al "senso dei luoghi":- Noi crediamo che l'assenza di stress sia da misurare anche attraverso gli spazi in cui vivono, l'aria che si respira, la frequenza dei contatti umani. In sostanza quello che noi definiamo rapporto di comunità è fondamentale per vivere meglio e più a lungo. Indaghiamo nelle "blu zone" (n.d.r: termine usato per identificare le zone geografiche dove le persone vivono più a lungo) di tutto il mondo e questo sembra essere il filo comune che lega tutti i più longevi-. la collega Asa Escocker(28 anni anche lei) porta un esempio:- Non può esserci paragone fra chi vive in una famiglia circondato dall'affetto dei figli e dei nipoti e chi passa i suoi giorni in un ospizio. Non può esserci relazione per chi vive nella frenetica New York o a Pechino e chi passa le sue giornate nella serenità di un paese. Stiamo constatando che in questi piccoli paesini la qualità della vita è diversa, è migliore. Il tratto dominante è la serenità, non la frenesia. La tranquillità, non l'ossessione e tutto avviene in spazi liberi e non soffocati, naturalmente non è da sottovalutare che questi vecchietti
La vita contadina, dura ma sana
beneficiano di nuovi standard di comodità di vita, dei progressi della medicina. Nelle interviste che abbiamo fatto a queste persone centenarie le classiche patologie dell'invecchiamento sono quasi assenti, il signor Bruno ad esempio ci ha impressionato, a una memoria vivida e lucida e ci ha raccontato la sua esperienza di guerra quando da giovane braccato dai nazisti fuggiva nei boschi di San Pellegrino in Alpe, ricordi nitidi e precisi come se fossero accaduti ieri- 

Questo è quello che scienza ci dice, ma i diretti interessati la pensano un po' diversamente e Giuseppe, 97 anni ha le idee chiare sul segreto per vivere molti anni. Lui tutti i giorni si occupa dell'orto, dei suoi pomodori, dell'insalata, delle zucchine ma per lui la sua salvezza dall'invecchiamento sono state le donne, anche ultimamente ha chiesto a una signora di uscire per bere qualcosa e ha riscoperto che è una cosa indispensabile e che fa stare felice, allegro e vivo. Di pensiero totalmente opposto è un suo omonimo (anch'egli di nome Giovanni), lui è zitello e dice che sicuramente il matrimonio gli avrebbe levato vent'anni vita, i suoi coetanei si sono tutti sposati, le mogli sono sopravvissute e loro sono tutti al cimitero... 
Poi c'è la Luigina madre di sette figli e 98 anni sul "groppone",
Secondo alcuni
allunga la vita...
lei consiglia che per vivere a lungo bisogna essere sempre ottimisti, mantenersi in attività e buttare via le sigarette. Altri consigli dispensa Vincenzo (94) e la butta sul bere, vino rosso e "bono" è la panacea di tutti i mali. L'ex maestra garfagnina Giuseppina dall'alto della sua esperienza afferma che il cervello e il corpo vanno sempre mantenuti attivi, lavora in giardino tutti i giorni e legge ancora Cechov a 92 anni. Per ultimo i ricercatori dell'Indiana University hanno incontrato Antonio e Anna marito e moglie che abitano in un paesello fra i boschi garfagnini, 96 anni lei e 95 lui e hanno fatto intuire agli scienziati che erano li ad intervistarli  che non può essere solo il buon cibo la formula del vivere a lungo, hanno affermato che senza affetto ed amore la loro vita sarebbe durata molto di meno...ed ecco allora che a un tratto mi ritornano alla mente le parole di un romanzo di Romano Battaglia:

"Chi ama profondamente non invecchia mai, neanche quando ha cent'anni. Potrà morire di vecchiaia ma morirà giovane".




Bibliografia:

  • Analisi di Coldiretti-Epaca su dati ISTAT riferiti al 2016, dati per l'argomento trattato fortemente suscettibili a variazioni
  • Studio fornito dall'Indiana University in collaborazione con University of Southern California, anno 2016
  • Cielochiaro di Romano Battaglia, anno 1993, BUR editore