mercoledì 25 marzo 2020

Il Ciarlatano, il vero protagonista dei mercati in Garfagnana: storie di truffe e speranze mancate nei secoli passati

Ciarlare...,  discorrere in modo prolisso, vivace e sconclusionato
di argomenti leggeri o futili. La nostra lingua è bellissima, ogni parola ha un suo perchè ed una etimologia ben precisa, legata anche a dei fatti, a storie o a dei personaggi, proprio come questo vocabolo, nato da una figura antica, ambigua, ingannatrice e truffaldina: il ciarlatano. Il ciarlatano era uno spacciatore di certezze che non erano altro che menzogne ben vendute, insomma un venditore del nulla che faceva leva sui poveri creduloni a cui vendeva medicamenti portentosi promettendo guarigioni miracolose. Il losco figuro traeva da ciò lauti guadagni, era difatti un'imbonitore sopraffino, dotato di un forte carisma che lo portava ad avere un successo e una popolarità strepitosa. La loro fama, ad onor del vero, era anche dovuta dagli scarsi successi che la medicina ufficiale aveva, la scienza medica di quel tempo era infatti basata su principi empirici e sperimentali e come si suol dire "non levava un ragno dal buco". A dare un significativo suggello a questi manigoldi ci pensarono pure alcuni regnanti del tempo. Luigi XIII, re di Francia dal 1610 al 1643, dedicò molta attenzione a questi "signori", investendo somme ingentissime allo scopo di acquistare "il segreto dei medicamenti preziosi per divulgarli a pubblico vantaggio". Naturalmente, nonostante il loro alto lignaggio, gli illuminati sovrani venivano regolarmente
Pietro Leopoldo

truffati, così come capitò al granduca Pietro Leopoldo di Toscana (fratello della più celebre Maria Antonietta), quando su consiglio del medico di corte e dell'intero collegio medico di Firenze, comprò da un ciarlatano "il medicamento contro ogni male": "...Si prendano rospi vivi, si mettano in una pentola bene invetriata, ed il copercio sia ben turato con loto sapiente, acciò non svapori lo spirito. Si metta in un forno rovente la pentola più volte, acciò si secchino bene i detti rospi. Seccati e freddi che saranno, si faccia polvere con macinino, si unga bene il capo del paziente con lardo di porco, e s’impolveri il capo con detta polvere, si ponga sopra una vescica compressa di porco, si copra il capo con pezzuola e fasce, acciò stia e rimanga applicata la polvere al capo, si tenga il medicamento per 24 ore, di poi si sfascia, si leva detta vescica, e resterà il paziente pulito senza verun nocumento e dolore”... Ma chi erano i ciarlatani più famosi? Due nomi, talmente noti che la loro fama è perfino giunta ai giorni nostri: Cagliostro, che si serviva di pratiche magnetiche per ottenere guarigioni straordinarie e Giacomo Casanova, rinomato da tutti come un vero e proprio "tombeur de femmes", ma altresì celebre per la sua "acqua di gioventù", un'elisir di lunga vita famoso in tutta l'Europa del 1700.
Figuriamoci, se nella rete di questi furfanti cadevano cotante teste coronate, il popolino ignorante, incolto e povero, che faceva? Ci
Giacomo Casanova
cadeva nella solita maniera ma a prezzi alla portata della povera gente e fra questa povera gente ci furono molti, ma molti garfagnini.

Questi imbroglioni, capirono fin da subito che per perpetrare le loro truffe dovevano seguire le rotte e gli spostamenti delle persone e dalla Garfagnana passava proprio una delle vie più famose e frequentate di quei tempi. Infatti la via Francigena generava un notevole afflusso di pellegrini per la valle, che portò negli anni a venire alla nascita dei mercati che ancora oggi conosciamo. Lì, ognuno poteva vendere la propria merce, i prodotti del campo e i propri manufatti, si potevano anche offrire i più svariati servizi come piccole riparazioni o la vendita di attrezzi. Ben presto, il marchese di Modena Niccolò III(XV secolo),  visto il successo ottenuto da questi mercati, decise di distribuire
Via Francigena
equamente l'opportunità  di guadagnare qualche soldo a tutti quei paesi che erano sul percorso di questa santa strada, così si dispose che ognuno di questi borghi "ivi posto", un giorno alla settimana, alternativamente, potesse godere di questi scambi commerciali, ecco allora che il giovedì sarebbe toccato a Castelnuovo, il mercoledì a Gallicano, il martedì a Piazza al Serchio e così via... In men che non si dica i ciarlatani diventarono però i veri protagonisti di questi mercati. Erano veramente degli instancabili malfattori, percorrevano tutta l'Italia, dalle Alpi alla Sicilia, scaltri, furbi, sapevano stuzzicare la curiosità delle persone con mezzi sagaci che stimolavano una morbosa curiosità nel popolo. Il loro arrivo in paese era difatti sempre annunciato giorni prima, facendo uso di bercianti araldi o di ampollose affissioni. Appena arrivavano nei mercati garfagnini sapevano rubare subito la scena, montavano

in men che non si dica il loro palchetto e subito vi salivano sopra(proprio per questo modo di fare furono chiamati anche saltimbanchi), e da quei banchi facevano sfoggio di grandi e presunte conoscenze, accompagnandole talvolta con declamazioni di storielle e filastrocche, insomma, il successo era garantito, tant'è che a Castelnuovo gli fu riservato(nell'attuale Piazza Umberto I)lo spazio migliore, quello dover poter accogliere più gente. Naturalmente la maggior parte di questi ciarlatani erano persone prive d'istruzione, che vendevano medicamenti di ogni genere: unguenti fenomenali, antidoti potentissimi, nonchè scatolette contenenti polveri segrete per guarire dai più svariati malanni: mal di denti, mal di testa, febbri, ferite, vere e proprie panacee supportate da un (falso) certificato ottenuto dalle autorità sanitarie e politiche. Fra i "dotti" impostori che bazzicavano i mercati della Garfagnana si ha notizie di due infingardi, non sappiamo se le generalità fornite siano vere, ne dubito, ma dai registri delle autorità si ha notizia del dottor Salvadori, medico tirolese... che vendeva "vino amaro", approvato nientedimeno dal sigillo del medico di corte del Regno di Napoli, un vero toccasana "per la febbre alta, o per le febbri periodiche putride o tisi, nelle ostruzioni di fegato e milza, e nelle digestioni depravate", la bottiglia era sigillata con tanto di ceralacca, a scanso di frodi ed
adulteramento...non si sa mai...Fra i medicamenti più richiesti in Garfagnana, a quanto pare, esisteva un olio benefico, detto olio di Sasso, un prodotto che veniva direttamente dalle nostrane(al tempo)terre del Ducato di Modena, tale portento scaturiva da alcune sorgenti del Monte Giglio, nei pressi di Sassuolo. Sicuramente questa "medicina" non mancava al più famoso di tutti i ciarlatani che in Garfagnana andavano di mercato in mercato: Luigi Gambarotta di Pistoia, possessore inoltre del vero ed unico "salutifero balsamo antiermintico": Modo di adoperare il salutifero Balsamo antermintico, o sia antiverminoso dispensato da me Luigi Gambacorta di Pistoia, solo possessore di detto segreto, con privilegio. Primieramente serve per dolor di capo causato da freddo, ungendo le narici, le tempie, la fronte. Per doglie frigide in qualsivoglia parte della vita, ungendo la parte offesa con detto balsamo, e facendo strofinazione sopra, sempre all’ingiù con panni caldi sana. Per sordità d’orecchie, piglia una fasta di bambagia bagnala in detto segreto, porla dentro l’orecchio,
untandoti anche fuori, ricupera l’udito. Per quelli che patiscono retenzione d’orina, e renella, calcoli, e viscosità usi con detto segreto tra un sesso, e l’altro, sopra il petenecchio e i fianchi, allarga i meati, stacca i calcoli, fa orinare la renella portata nella vescica, e subito guarirai. Ai vermi delle creature si scalda detto segreto, e poi ungendo i petti e le tempie, le narici del naso, la fontanella della gola la bocca dello stomaco, e l’ombellico, che subito gli manderà fuori.Per ferite è noto perché leva il dolore, stagna il sangue in 48 ore, salda la ferita, ma caldo con filacci sopra. Alle doglie, catarri, freddore, e umidità di qualsivoglia parte della vita untati dov’è il dolore con panni caldi. Risolve i tumori che provengono da calcare e le contusioni dissolve, e il sangue congelato col suo caldo impedisce la putrefazione, per le sciatiche nove, e vecchie, untando sette volte sana. Giova per le cascate, percosse, maccature, calci di cavalli e morsicature di cani, con taffa di roba sottile posta dentro la morsicatura, e per tagli e
ferite si adopra senza chiarata
 per non incitare la contusione"... poi, eventualmente, chi non voleva acquistare la pozione, il buon Luigi vendeva anche cinghie, cinture per uomo, per donna e cerotti.

Sono trascorsi i secoli e il ciarlatano non si è estinto... sono passate guerre, re, regine, cataclismi sconvolgenti... ma il ciarlatano nel 2020 è sempre vivo e vegeto, anzi ha fatto di meglio, si è evoluto e si è adattato ai tempi moderni, adesso non salta più sul banco ad arringare gente, adesso lo troviamo in televisione o sul nostro computer, il loro intento è però rimasto invariato da secoli: fare soldi sulle speranze e sulle sofferenze della povera gente... 



Bibliografia:

  • "Ciarlatani nei secoli" di Ugo Gabriele Becciani, Pistoia 2005
  • "Corriere della Garfagnana" n°4 aprile 2015, "I nuovi articoli sul dazio" di Guido Rossi

mercoledì 18 marzo 2020

La storia della Garfagnana nelle pagine della gloriosa "Domenica del Corriere"

"Un giornale non può prosperare se pensato e composto tutto quanto
nell'intimità di una redazione, da taluni pochi individui. Anch'esso come le piante non fatte pei languori delle serre chiuse, ha bisogno d'aria e di sole, di correnti vive di simpatia, della larga e spontanea collaborazione di molti. Un giornale specialmente se illustrato, deve risultare specchio, riflesso della multiforme complessa vita pubblica. Domandiamo quindi la collaborazione dei nostri lettori: desideriamo che il Signor Tutti sia il nostro principale redattore, che una continua corrente spirituale unisca il giornale al pubblico, il pubblico al giornale". Così il direttore Attilio Centelli presentava questa nuova creatura editoriale, era il 1899, di li a poco questo giornale illustrato a colori sarebbe divenuto il più popolare e diffuso settimanale in Italia. Nasceva la "Domenica del Corriere". Il periodico fu fortemente voluto dal direttore de "Il Corriere della Sera" Luigi Albertini e uscì per la prima volta l'8 gennaio 1899 come supplemento del già famoso quotidiano. La domenica era il giorno della sua uscita nelle edicole, era stampato in grande formato, aveva dodici pagine e veniva distribuito gratuitamente agli abbonati del Corriere o poteva essere acquistato anche singolarmente per 10 centesimi. Come può certamente sembrare il giornale non nacque come periodico di informazione, non doveva risultare un doppione del quotidiano, venne pensato proprio come "un settimanale degli italiani", doveva dettare i tempi come un calendario, fra le
giornate liete, gli avvenimenti e le sciagure, insomma doveva essere un viaggio fra piccoli e grandi fatti. Il suo grande successo lo si può comunque sintetizzare in due motivi: il primo fu proprio dovuto alla sua caratteristica nazional-popolare, il settimanale era rivolto sopratutto a quel "Signor Tutti" a cui si riferiva Centelli. Esistevano già giornali simili, era loro il monopolio di questa tipologia editoriale, ma le varie "L'Illustrazione Italiana" o "La Tribuna Illustrata della Domenica" erano rivolte sopratutto ad un pubblico alto borghese. Finalmente con questo giornale anche il "popolino" ebbe il suo settimanale, finalmente anche la gente comune, dall'operaio, all'artigiano potè farsi una propria opinione su quanto accadesse loro intorno. Il secondo motivo fu espressione di un preciso orientamento strategico, il direttore optò per quella che fu ritenuta la miglior forma giornalistica con cui s'intendesse comunicare visivamente i fatti di cronaca, in altre parole il vero successo fu dovuto ai disegni, la prima pagina e l'ultima erano sempre disegnate: "il disegnatore e la sua vena narrativa c'erano là dove i limiti della tecnologia e dei mezzi di trasporto impedivano ai fotografi di essere presenti di
Achille Beltrame
persona e nei giusti tempi".
Tutto questo usciva dalla matita magica di due grandi artisti: Achille Beltrame, il primo disegnatore (dal 1899-al 1945)e Walter Molino (dal 1945 al 1966). A queste copertine veniva affidata una funzione d'impatto mai osata prima, il meglio del giornale veniva offerto tutto e subito, perchè attirasse l'attenzione del lettore già sul banco dell'edicola. Ben presto la diffusione di questo giornale raggiunse vendite mai viste prima, si calcolava che di media fossero settecentomila le copie vendute, un'infinita per un'Italia che sapeva appena leggere e scrivere e quando accadeva che la zona in cui abitavi era sulla copertina de "La Domenica del Corriere", c'era una corsa per accaparrarsi il tanto sospirato numero e così succedeva anche in Garfagnana... Purtroppo però, le rare volte che la valle comparì su queste pagine non fu sempre per fatti allegri. Ma non per questo mi posso esentare nel fare un viaggio esclusivamente garfagnino ne "La Domenica del Corriere", il settimanale più famoso d'Italia.

La prima volta fu il 22 gennaio 1902, e salimmo alla ribalta delle cronache nazionali per una delle tante nostre bellissime tradizioni. Così titolava l'articolo: "La forza delle tradizioni-Il giro del diavolo". L'usanza voleva (e vuole anche adesso) che in quel di San Pellegrino in Alpe vi fosse un luogo deputato alla remissione dei peccati, la consuetudine diceva che per espiare i propri peccati
bisognava caricarsi un sasso sulle spalle per depositarlo poi al centro di un campo, dopo aver compiuto tre giri del luogo. La grandezza del masso era direttamente proporzionale alla gravità del peccato commesso: "...lo spettacolo di uomini e donne in età avanzata con in sul capo rudi macigni è veramente penoso...". (per saperne di più clicca:http://paolomarzi.blogspot.com/2016/09/il-giro-del-diavolo-un-rito-millenario.html)
Passarono alcuni anni prima che la Garfagnana avesse nuovamente menzione sul giornale e il 22 gennaio 1914 una sensazionale notizia ci volle nuovamente protagonisti. La notizia era all'interno del giornale e parlava di un'importante opera infrastrutturale: "La diga di Villa nella Garfagnana". Eravamo alla vigilia della prima guerra mondiale e nonostante i venti di guerra questa diga fu la prima costruita in Valle del Serchio per lo sfruttamento delle acque per la produzione
di energia elettrica e la "Domenica del Corriere" così scriveva: "Per raccogliere le acque del torrente Corfino e affluenti a scopo industriale, la società idroelettrica toscana ha fatto costruire nel pittoresco comune di Villa, nella Garfagnana, una diga in calcestruzzo. Lunga 70 metri essa raggiunge l'altezza di oltre 40. Questa poderosa barriere che è ancora ricinta di armature può rappresentare un miracolo di sollecitudine se si pensa che la sua costruzione non esigè che 67 giorni". Ebbene, 67 giorni e non si può dire che fu costruita in fretta, furia e male, il grande invaso resistette perfino al devastante terremoto del 1920, l'epicentro era proprio lì, a Villa Collemandina.
Altri dieci anni esatti passarono prima di comparire nuovamente sul noto periodico e quando la Valle riapparse su quelle pagine gli fece onore la copertina principale con il magnifico disegno di Beltrame. Il fatto accadde sulle Apuane, era il 27 gennaio 1924, l'argomento trattava di un episodio marginale ma altresì molto curioso: "Un aquila gigantesca contro due cacciatori, l'altro riusciva ad ucciderla schiacciandole la testa con il calcio del fucile". Un ennesimo fatto bizzarro salì agli onori delle cronache alcuni anni più tardi, nell'ottobre del 1939. Il disegno anche questa volta uscì dalla matita di Beltrame, stavolta però occupava l'ultima pagina: "Un ciclista della Garfagnana correva veloce sulla carrozzabile di Ponte di Campia, quando nell'evitare un grosso autocarro, batteva violentemente contro il parapetto della strada, precipitando nel sottostante binario ferroviario, proprio mentre
transitava un treno. Egli andava così a finire sul tetto del vagone, riuscendo a mantenersi supino sino alla prossima stazione, dove, fermatosi il treno poteva discendere senz'altre conseguenze". Come possiamo leggere, tutto era condito dalle retoriche parole del tempo che enfatizzavano ogni accadimento come se fosse una cosa eccezionale. Non ci fu nessuna enfasi però sulle copertine che verranno negli anni successivi. Era scoppiata la seconda guerra mondiale e gli avvenimenti rappresentavano la triste realtà dei fatti. Nei due casi che la Garfagnana apparve sulle pagine de "La Domenica del Corriere" per il conflitto in corso fu menzionato Gallicano. Sette gennaio 1945, la prima pagina fu disegnata da Walter Molino. Era lui il discepolo prediletto di Achille Beltrame. Al tempo di questa prima pagina il vecchio disegnatore era sofferente, dopo un mese morì, lasciando il compito di realizzare le tavole del giornale al giovane Molino. Fu questa infatti una delle sue prime memorabili copertine, in questa rappresentava una battaglia che imperversava in ogni dove, da una parte c'erano italiani della
Repubblica Sociale e tedeschi e dall'altra gli americani, gli alleati però sembravano avere la peggio:"La guerra sul fronte dell'Italia centrale: nel settore di Gallicano (Lucca),le truppe italiane e germaniche con improvviso attacco hanno sfondato le posizioni nemiche e ricacciato i reparti statunitensi parecchi chilometri verso sud, mantenendo poi le località liberate". Qui probabilmente si faceva riferimento ad accadimenti che avvennero nel dicembre '44, con particolare riferimento alla celeberrima "Battaglia di Natale". I fatti però non andarono proprio come quelli descritti nella didascalia, nella realtà da lì a poco i reparti tedeschi si ritirarono nelle posizioni di partenza. D'altronde era da ben capire la faziosità del giornale che aveva sede proprio in quella Milano assoggettata dalla regole e dalle leggi del neonato stato fantoccio della Repubblica di Salò. Ne fu conferma la copertina di alcuni mesi dopo, questa volta il disegno fu di Albertarelli e mostrava dei bersaglieri italiani che catturavano dei soldati americani: "Audace colpo di mano dei
bersaglieri della divisione "Italia" nella zona di Gallicano in Garfagnana: un reparto da ricognizione assalta un avamposto nemico, distruggendolo, catturando numerosi prigionieri e consolidando poi le posizioni conquistate".
La guerra finalmente finì e gli argomenti del periodico riflettevano la voglia di evasione e spensieratezza di una nazione intera. Singolare fu infatti il tema dell'articolo del 3 novembre 1946 che parlava della Garfagnana. Il pezzo era all'interno del giornale e così titolava "Garfagnana, terra sconosciuta", portava la firma di un garfagnino doc: il Gian Mirola, ovverosia Alfezio Giannotti, grandissimo giornalista, che fece pubblicità alla sua terra in un insolito articolo per quel tempo, si parlava infatti di turismo. All'epoca i viaggi erano alla portata di pochi individui, figuriamoci poi dopo una guerra mondiale, ma lui volle dare una mano alla sua terra, facendo conoscere le sue bellezze e le sue tradizioni ad una nazione intera. Stupendo è l'inizio del servizio: "La Garfagnana non è una delle
misteriose province dell'Asia, nè uno sperduto villaggio della Patagonia. Se qualcuno leggendo il titolo di questo articolo, lo avesse immaginato, si ricreda...". Era il 1947, esattamente il 21 dicembre, quando la Garfagnana e la sua gente apparvero per l'ultima volta su "La Domenica del Corriere", la penna era sempre quella del Gian Mirola e la devozione stavolta fu la protagonista del pezzo: "La miracolata della Garfagnana". Eravamo a Gramolazzo, Anna Morelli era una paesana che a quanto pare vedeva la Madonna: "La folla s'inginocchia, piange sommessamente. Anna, la miracolata con lo sguardo fisso in avanti, sorride e mormora parole incomprensibili. E' in estasi. Riesco a percepire alcuni monosillabi privi di senso:-si...no...-. Per accertarmi del suo stato di sensibilità la pungo per due volte inaspettatamente, con uno spillo. Due goccioline di sangue, la ragazza non sente e non fa un movimento. Gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto
vedono...sviene...". (per saperne di più clicca:http://paolomarzi.blogspot.com/la-bernadette-di-gramolazzo-anna.html)
Stavano comunque per finire gli anni d'oro del giornale, nel corso degli anni cinquanta e sessanta, l'avvento della televisione e di nuovi settimanali (come L'Europeo, Panorama, L'Espresso) portò a un graduale ed inarrestabile crisi di copie. Alla Garfagnana non rimase che l'onore di essere più volte apparsa sulle tavole e sugli scritti del periodico più famoso in Italia. Per chi come me ha queste straordinarie copie, le conserverà come uno dei beni più preziosi.