mercoledì 19 dicembre 2018

Gli "erbi" garfagnini fra riti magici e cerimonie religiose

"Insegnate ai vostri figli tutto ciò che noi abbiamo insegnato ai
nostri; che la terra è la madre di tutti. Tutto ciò che capita alla terra capita anche ai suoi figli. Sputare a terra è sputare a se stessi. La terra non appartiene all'uomo, è l'uomo che appartiene alla terra. Tutto è collegato, come il sangue che unisce una famiglia. Ciò che capita alla terra, capita anche ai suoi figli". Queste erano le parole del medico francese David Servan-Schreiber che aveva capito quanto stretto e collegato fosse il legame fra l'uomo e il posto in cui vive. Questo vincolo è compreso ancor di più a colui che vive in mezzo alla natura, a colui che fin da tempi immemori ha cercato di trarre dalla terra il cibo da mettere in tavola, portando così l'uomo e i frutti della terra a una relazione intima che coinvolgeva e coinvolge tutti gli aspetti della vita. Infatti con i frutti della terra non ci sfamava "solamente", ma con la raccolta delle erbe che
forniva la natura venivano fatte medicine, colori per i tessuti e manufatti, ma si utilizzavano anche per riti e magie. Il garfagnino nei tempi passati ha fatto di questo il suo Credo,  legando alla terra, ai suoi frutti e alle sue erbe una serie di credenze popolari, tant'è che nel tempo certe credenze si sono consolidate e hanno assunto in certi casi anche il ruolo di verità, tanto da suscitare gli interessi di sociologi e studiosi che hanno voluto riscontrare scientificamente quanto in tutto questo ci sia di vero. 
Diamo anche noi allora un po' di lavoro a questi ricercatori esaminando i meandri delle credenze e dei riti garfagnini legati al mondo delle piante, dei fiori e degli "erbi". Nelle cerimonie religiose e nei riti magici la pianta che spicca su tutti è l'olivo. L'olivo benedetto nel rito cattolico ricorda la celebrazione dell'entrata trionfale in Gerusalemme di Gesù e nel giorno della sua ricorrenza,la domenica della palme, vengono benedetti i rametti di questa pianta, guai sarebbe se una volta finita la liturgia fossero buttati, poichè secondo il Codice di Diritto Canonico gli oggetti sacri non devono essere gettati nella spazzatura ma trattati con
rispetto, dato che durante la Messa sono stati presi dal sacerdote e trasformati in un sacramentale (n.d.r:oggetto che avvicina alla celebrazione dei sacramenti), anzi vanno mantenuti perchè efficaci contro i temporali e oltretutto assumono anche un valore misto fra religione e magia, difatti non mancava nelle mulattiere garfagnine di incontrare carretti o micci (n.d.r:asini)che avessero messo da qualche parte un rametto benedetto, aveva il potere di allontanare malattie e calamità. Altra pianta legata al periodo pasquale è il bussolo e curiosamente a questo era legato un gioco per ragazzi. Per tutta la durata della Quaresima, secondo altre versioni soltanto nei giorni della Settimana Santa,i più giovani erano soliti mettersi in tasca un rametto di bussolo quale segno di buon augurio. Incontrandosi tra loro chiedevano: “Ce l’hai il mi verde?”; chi non ce l’aveva doveva pagare con una penitenza, offrendo al vincitore una caramella, un
Il bussolo
uovo, o un qualsiasi piccolo dono. Nelle testimonianze raccolte a Caprignana (San Romano Garfagnana), si doveva tenere per tutti e quaranta i giorni del periodo quaresimale una foglia di bussolo in bocca che “durava fino al giorno di Pasqua”. Da non dimenticare che il bussolo è anche utilizzato come antidoto contro gli streghi, poi pulire i forni dalla cenere con i rami di questo arbusto ha un significato protettivo. 
La Chiesa Cattolica come visto fa largo uso di piante e fiori, nella solennità del Corpus Domini era solito vedere nei paesi della valle, durante la processione della ricorrenza, spargere petali di rosa prima del passaggio di essa, gettare petali rossi aveva il significato di ricordare la coppa che raccolse il sangue di Cristo, oltre al concetto universalmente conosciuto di sinonimo di amore. Anche i santi non disdegnarono l'uso di piante e fiori. San Viano si cibava
Cavolo di San Viano
solamente di una specie di cavolo, oggi a lui dedicato e conosciuto proprio con il nome di cavolo di San Viano, particolarità botanica che si trova solamente nell'area di Campocatino e del Monte Tambura, proprio la zona dove viveva in epoca medievale l'eremita. Si sostiene che cibarsi di queste foglie o solamente conservarle in casa sia di buon augurio. Anche San Pellegrino non poteva mancare a questo elenco e la storia è molto simile a quella del suo "collega" raccontata nelle righe qui sopra. Anche lui si cibava solo di un'arboscello, del cosiddetto fiore di San Pellegrino, l'unica differenza si dice che stia che tale fiore sia sempre rivolto verso il paese di San pellegrino in Alpe, dove ora riposano le spoglie del santo. Essendo vicini al Natale non poteva mancare una pianta che ricordi le festività, questa è  lo zinepro (o ginepro); al suono della campana 
la sera della vigilia di
Il fiore di San pellegrino
Natale
  bruciare un ramo di questa pianta aveva due scopi, scacciare gli spiriti e scaldare il Bambinello. Lo stesso si faceva anche con l'elicrisio; il giorno di Natale allo scampanare dell'Ave Maria veniva bruciato nel camino di casa, inoltre si dice che i fiori seccati di questa pianticella vadano messi dentro le scarpe, sono un toccasana per chi ha i piedi freddi. Alcune piante avevano anche il potere di difendere o scacciare forze malefiche e fra queste il malocchio la faceva da padrona. Il semplice finocchietto selvatico insieme a foglie d'olivo benedetto e sale, costituiva quello che negli anni passati era conosciuto come "breo". Il "breo" era un sacchettino rosso dove all'interno erano racchiusi questi elementi sopra citati, spesso veniva collocato sulle corna delle mucche e non era nemmeno difficile notarlo qualche volta messo alla canottiera del contadino, era un deterrente formidabile contro il malocchio, così come il vezzadro; i butti della pianta in Garfagnana
il vezzadro
sono apprezzati nelle frittate, ma ancor di più se si usa facendo dei decotti delle foglie che sarebbero poi utilizzati per fare i bagni, utili contro questa maledizione. Ma in Garfagnana non c'è solo da difendersi dal malocchio, anche gli streghi danno il loro bel da fare; il timo selvatico per esempio, meglio conosciuto come Labiata, una volta seccato e appeso in camera da letto a testa in giù (con radici comprese),scaccia sicuramente le oscure presenze che potrebbero assalirci la notte. Il pericolo di essere stregato veniva invece dalla pianta di noce; proprio com'è credenza in molte altre regioni italiane sotto il noce si raccoglievano in adunanza gli streghi e le streghe, quindi mai capitare in un bosco di noci, tale pregiudizio è ben sintetizzato a Sillano dove si racconta che chi andava in un campo dove c'erano dei noci veniva stregato e portato in Corsica, meta del durissimo lavoro di carbonaio per i garfagnini che emigravano in quel tempo. L'erbo dell'ascensione invece ha potere
L'erbo dell'Ascensione

divinatorio, tale consuetudine è molto consolidata in alta Garfagnana dove il giorno dell'Ascensione quest'erba veniva raccolta e portata in casa, se seccava se ne traeva un cattivo presagio, in caso contrario non sarebbe successo niente di grave e di conseguenza veniva posta in un vaso. Altra curiosa usanza viene da Orzaglia, nel comune di San Romano, e fa riferimento alla rosa canina, una volta benedetta il giorno di Santa Rita (22 maggio), i petali di questa rosa venivano mangiati da ogni componente della famiglia in segno di protezione divina. La più curiosa fra queste credenze riguarda comunque una bacca, conosciuta con il nome di bagola del lupo. Nel
la bagola del lupo
borgo di Dalli Sotto (comune di Sillano)si dice che questo frutto non va assolutamente mangiato perchè è maligno, dato che lo mangiano i lupi, animali che nella cultura popolare simboleggiano la cattiveria, ad ogni modo ricerche scientifiche dicono che questo falso mirtillo ha proprietà allucinogene, inoltre può portare anche vomito e nausea.

Dunque, ecco la degna conclusione di un semplice vademecum sui miti, leggende e usanze che si rifanno ad antiche paure, nascoste nella nostra certezza più profonda che la nostra vita sia sempre minacciata da qualche forza malefica. Quando ci sentiamo vittime cerchiamo protezione e riparo anche per mezzo di una innocente pianticella, di conseguenza tutte le nostre azioni e le nostre credenze vengono così legittimate...


Bibliografia:

  • "Cercare, raccogliere ed utilizzare piante spontanee (e non). Alcune indagini etno scientifiche in Provincia di Lucca" da uno studio di Maria Elena Giusti e Andrea Pieroni 

mercoledì 12 dicembre 2018

Quando non c'era internet. La storia della Garfagnana sui quotidiani del tempo

Una volta non c'era internet che ci informa su tutto e tutti, adesso appena succede un qualsivoglia evento lo sappiamo in tempo reale, qualsiasi cosa succeda, anche dall'altro capo del mondo: attentati terroristici, rivoluzioni, catastrofi naturali... Una volta per "sapere" bisognava uscire di casa, levarsi le pantofole, mettersi le scarpe, andare in edicola e comprare un quotidiano. Ecco, a quel punto li ci si poteva informare su quello che accadeva nel nostro pianeta, anzi talvolta le notizie che giungevano oltre oceano venivano pubblicate qualche giorno dopo...non c'erano gli smartphone. C'è poco da fare però, il mondo cambia e...forse tra non molto (e con mio grande rammarico) assisteremo ad un "de profundis" epocale...addio carta stampata, addio giornale, compagno di tante ore liete, eravamo io, te e il mio caffè...I dati d'altronde parlano chiaro, la diffusione dei giornali cartacei è scesa al minimo storico, dal 2014 sono state chiuse venti testate giornalistiche e pensare che il secolo scorso (XX secolo)c'aveva lasciato in eredità qualcosa come 14 milioni di lettori di giornali, mentre lo scorso anno eravamo scesi a tre milioni... A dire il vero non è la prima volta che succede una cosa del genere, era già successo in prossimità di altre invenzioni di comunicazione: prima il telegrafo, poi la radio ed infine la televisione, ma stavolta la musica è cambiata, internet e gli
smartphone hanno cambiato e stanno cambiando la quotidianità delle persone, rivelandosi più minacciosi di qualsiasi altra invenzione precedente. La gente va sempre più di fretta, non ha tempo di leggere, le notizie devono arrivare sotto forma di tweet, di post, figuriamoci se qualcuno ha voglia di approfondire una notizia o di leggere un articolo intero, eppure una volta un articolo ben fatto era un efficace strumento di divulgazione, di crescita, infatti se tanto mi da tanto la stampa (storicamente parlando) ha fatto si che la popolazione incominciasse a leggere, ha favorito lo sviluppo dell'illuminismo, nonchè (e sopratutto) il diffondersi dell'opinione pubblica. Insomma, capiamoci bene, internet ben venga, non si può negare che sia una grandissima scoperta, voi infatti mi state leggendo attraverso questa invenzione e sono anch'io un suo accanito fruitore, però leggere un libro o un giornale, quella rimane un'altra cosa.Del resto la storia del giornalismo in Italia parte da lontanissimo; "La Gazzetta di Mantova" ha l'invidiabile primato
Il 1° numero de "La Nazione"
di essere il quotidiano più antico d'Italia, le sue pubblicazioni risalgono al 1664, ma dobbiamo dire che il vero e proprio boom del giornalismo fu a metà del 1800. "La Gazzetta del Popolo" di Torino fu tra i primissimi quotidiani di quel periodo, correva il 16 giugno 1848 quando uscì il suo primo numero, nel 1859 usciva "La Nazione" di Firenze fondata da Bettino Ricasoli (presidente del consiglio dopo Cavour), a ruota ecco nascere "Il Giornale di Sicilia" (1860)e "L'Osservatore Romano" (1861). "Il Corriere della Sera" (il quotidiano più venduto oggi in Italia) uscì "solamente" nel 1876 e sempre per rimanere nell'ambito toscano il quotidiano livornese "Il Telegrafo" vide luce nel 1887, prenderà poi nel 1977 il nome de "Il Tirreno".
Come detto fra i maggiori pregi che ebbe la diffusione del giornalismo ci fu anche quella di divulgare  e di portare alla ribalta nazionale zone d'Italia che fino allora erano sconosciute. La Garfagnana era fra queste, lontana se si vuole dai grandi avvenimenti del Paese talvolta faceva capolino fra i più celeberrimi quotidiani nazionali, alcune volte con notizie belle, spesso brutte e tragiche e alcune altre curiose e di attualità. Ecco allora il frutto di questa mia meticolosa ricerca,dove sono riuscito come meglio ho potuto a raccogliere le vecchie e principali notizie dei giornali a tiratura nazionale (o perlomeno regionale)dove si parla di Garfagnana, ne esce un quadro di fatti alle volte conosciuti e altre volte di notizie che ce n'eravamo dimenticati o che forse non conoscevamo.
Guardiamo quindi, quello che si sapeva in Italia della Garfagnana, quando internet non c'era...
Ultima cosa, le notizie sono divise per temi e non in ordine cronologico
  • La prima (presunta) volta che un quotidiano nazionale parla di Garfagnana 
A proposito di diffusione e conoscenza. Era il 27 agosto 1884 e  "Il Corriere della Sera" parlava di questa regione semi sconosciuta: "...del resto, è ancora poco conosciuta, giacchè abbiamo veduto qualche giornale metterla in Toscana e qualche altro crederla una borgata...".
Poco meno di un mese dopo sempre "Il Corriere della Sera" ne parlerà in tutt'altri termini. Mercoledì 18 settembre 1884, il pezzo s'intitola "Le miserie della Garfagnana". La valle è stata colpita da un'epidemia di colera. Da notare la "velocità" delle informazioni: l'articolo è del 15 settembre fu pubblicato tre giorni dopo



  • Le visite importanti...
Guardiamo un po', allora, da quello che mi risulta (almeno dai
giornali) la nostra terra è stata visitata da una regina (per due volte), da un principe ereditario, da due presidenti del consiglio e da un Presidente della Repubblica. In ordine cronologico i primi a fare visita furono il principe ereditario Umberto (futuro re per un mese) con l'augusta madre la regina Elena. Eravamo in piena I guerra mondiale e non poteva mancare la visita "alle fabbriche di munizioni" (ovverosia la S.m.i di Fornaci di Barga). Ecco allora che il 26 settembre 1918 sulle pagine de "L'Arrengo-giornale della Toscana" campeggia una bella foto gli operai della metallurgica con le loro maestà
Due anni dopo la regina Elena tornerà a far visita alla Garfagnana ma per ben altri motivi. Giungerà un'altra volta tra noi per portar conforto e...cinquantamila lire del re ai terremotati. Erano i tristi giorni del settembre 1920. Nel maggio 1930 toccherà a Benito Mussolini visitare la S.m.i e dare omaggio alla tomba del Pascoli, come evidenzia "Il Corriere della Sera". La più alta carica dello stato il toscano Giovanni Gronchi il 21 marzo 1959 inaugura l'ultimo tratto ferroviario della Lucca-Aulla.
Il Presidente della Repubblica come riporta "La Nazione" si fermerà a Minucciano, Piazza al Serchio e Castelnuovo. Ecco poi che il 17 giugno 1967 Aldo Moro, al tempo presidente del consiglio giunge a Castelnuovo Garfagnana. "Il Corriere della Sera" evidenzia l'avvenimento con un articoletto
di poche righe e riporta le parole di Moro dalla rocca ariostesca: " Vogliamo lavorare nella pace. Pace nel nostro paese, innanzitutto pace
politica..." proprio quella a cui non lo faranno mai arrivare...















  • Il terremoto del 7 settembre 1920

Dopo la guerra questo è  l'avvenimento più tragico che ha colpito la Garfagnana. Ancora oggi viviamo con la paura sulle spalle di quella catastrofe. Ore 7:56 un sisma del IX-X° della scala Mercalli colpisce la valle. I dati ufficiali parlano di 171 morti e 650 feriti. Ecco i giornali del
tempo. In uno di questi la Garfagnana viene menzionata come..."alta regione della Grafagnana", direi che non eravamo tanto conosciuti al tempo...


  • Le emergenze terremoto 
In Garfagnana abbiamo vissuto anche di emergenze e sfollamenti in previsioni di terremoti catastrofici, grazie a Dio mai avvenuti. La prima risale al 23 gennaio 1985, l'allora ministro della Protezione Civile Zamberletti mobilita le prefetture, protezione civile ed esercito. Dai dati del terremoto avvenuto il giorno prima e da uno studio degli esperti sui terremoti in zona successi negli ultimi mille anni (così riporta "Il Tirreno") nelle prossime 48 ore è previsto un terremoto di forte intensità. I telegiornali e i giornali (bellissima la foto in prima pagina de "Il Tirreno) danno l'annuncio...vi potete immaginare e tanti come me si ricorderanno pure...panico totale e fuggi,fuggi generale. Era la
prima volta che in Italia si provava a fare una previsione su un terremoto e lo subirono sulle spalle i garfagnini. La cosa si ripete poi non molti anni fa (internet c'era già), infatti la notizia arrivò con un tweet dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: "Il Dipartimento nazionale di Protezione Civile ha comunicato che nelle prossime ore potrebbero verificarsi altre scosse di terremoto con epicentro in prossimità di
Castelnuovo Garfagnana...", si ripeterono così le solite scene di quasi trent'anni prima.  In barba a Twitter e a tutti i social "Il Tirreno" il giorno dopo riportò la notizia quando l'allarme era già terminato.


  • La guerra
La Garfagnana è molto menzionata sui giornali nazionali in fatto di guerra. La Linea Gotica attraversa le montagne della valle e molti episodi della II guerra mondiale troveranno spazio sui quotidiani. Naturalmente era quasi impossibile dettagliare tutti i giornali che in questo periodo parlano di guerra riferendosi alla Garfagnana, comunque ci sono delle uscite degne di nota come le prime pagine illustrate della celeberrima "Domenica del Corriere" disegnate magnificamente da Walter Molino. Questo giornale era un supplemento settimanale de "Il Corriere della Sera" ed era fra i più apprezzati e letti a livello nazionale. Finire in una copertina illustrata del periodico voleva dire
visibilità assoluta, infatti il giornale arriverà ad una tiratura di un milione e trecentomila copie  Capiterà due volte di finire sulla prima pagina de "La Domenica del Corriere", una il 7 gennaio 1945 riferendosi della guerra nell'Italia centrale nel settore di Gallicano, dove truppe italiane e tedesche sfondano le linee nemiche ricacciandole indietro di parecchi chilometri. La seconda è dell'8 aprile 1945, mancano ormai pochi giorni
alla fine della guerra, qui si parla di un audace colpo di mano dei bersaglieri della divisione "Italia" sempre nella zona di Gallicano. Altri quotidiani come "Il Resto del Carlino" di Bologna o "Il Corriere della Sera" non fanno mai mancare gli aggiornamenti sugli scontri in Garfagnana



  • La prima volta del treno in Garfagnana
Evento storico e epocale fu l'arrivo del treno in Garfagnana, 25 luglio 1911. Al tempo il treno arrivava fino alla stazione di Fornoli e curiosamente per l'avvenimento due giornali locali si uniscono in una sola testata: "La Garfagnana" e "Il Serchio". Altra curiosità i giornali nazionali parlano delle nuove stazioni illustrandone la loro bellezza ma fanno un po' di confusione con i paesi della valle, mescolando i nomi delle
varie localita: la stazione di Barga- Gallicano diventerà Borgo- Gallicano e Fornaci di Barga, Fornaci di Bagni... 



  • Tragedia: lo scoppio della polveriera di Gallicano
E' stata sicuramente la tragedia lavorativa più grave che abbia mai colpita la Valle del Serchio. Il 27 febbraio 1953, dieci persone perirono in quella che "La Nazione" chiama a giusto modo una "terrificante sciagura": l'esplosione della polveriera di Gallicano


  • Garfagnana milionaria
Quando la Garfagnana fu baciata dalla
dea bendata era il 28 ottobre 1964. Il primo premio della lotteria di Merano, 150 milioni di lire, fu vinto da un abitante di Sassi. Così riporta "L'Unità": "il biglietto vincitore del primo premio del Gran Premio di Merano potrebbe appartenere ad uno dei cento abitanti dl Sassi, frazione di Nolazzana (n.d.r: Molazzana), nell'alta Garfagnana, in tale località, infatti, è stato venduto il tagliando vincente. Non è stato ancora possibile, tuttavia, aver'una conferma: Sassi non ha telefono e non è collegata da alcuna strada carrozzabile"


  • Attualità e curiosità
La Garfagnana è piena di tradizioni come ben sappiamo e nel lontano 22 giugno 1902 "La Domenica del Corriere" con un bellissimo articolo porta alla ribalta nazionale "il giro del diavolo" che si svolge a San Pellegrino: " ...Lo spettacolo di uomini e donne in età avanzata con sul capo rudi macigni è veramente penoso. La grossezza delle pietre è un titolo d'onore perché rende maggiore la penitenza, si che nel mucchio si scorgono pietre tanto grosse da sembrar strano che qualcuno abbia potuto trasportarle sin lassù. E basterebbe tanto poco a persuadere i pellegrini che la chiesa al santo è ormai costrutta… dal medio evo!! Ma c'è di mezzo la forza della tradizione!"
A proposito di devozione ecco il 21 dicembre 1947 un'altra storia sempre dalle pagine de "La
Domenica del Corriere" che titola "La miracolata della Garfagnana".
Lei è Anna Morelli di Gramolazzo e a quanto pare sembra che veda la Madonna. Le apparizioni chiamano in Garfagnana cronisti da tutte le parti d'Italia, ma l'articolo più bello rimane proprio questo del garfagnino Gian Mirola: "La folla si inginocchia, piange sommessamente. Anna, la "miracolata" con lo sguardo fisso in avanti, sorride e mormora parole incomprensibili. E' in estati. Riesco a percepire alcuni monosillabi privi di senso:- Si...No...-. Per accertarmi del suo stato di sensibilità la pungo per due volte inaspettatamente, con uno spillo. Due goccioline di sangue, la ragazza non sente e non fa un movimento. Gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto vedono...Sviene". Sempre le pagine de "La Domenica del Corriere" nel 1914 non si dimenticano
neanche delle infrastrutture garfagnine ed ecco che nelle sue pagine si parla di questa avveniristica diga: la diga di Villa Collemandina. Dalla foto dell'articolo un po' meno avveniristica mi sembra la sicurezza sul cantiere di lavoro (niente da stupirsi, una volta era così...)
Inconsueto per quel tempo, ma sulle pagine de "La Domenica del Corriere" il 3 novembre 1946 si comincia a parlare di Garfagnana da un punto di vista turistico. il titolo è emblematico: "Garfagnana terra sconosciuta". Il pezzo così comincia:"La Garfagnana non è una delle misteriose provincie dell'Asia, né uno sperduto villaggio della Patagonia. Se qualcuno,
leggendo il titolo di questo articolo, lo avesse immaginato, si ricreda.E' invece un pittoresco lembo di terra toscana, incuneato fra gli Appennini e le Apuane, dove termina il regno dell'ulivo ed incomincia quello del castagno".
Il più singolare rimane però l'articolo de "Il Tirreno", datato 16 gennaio 1988, qui si parla di un gruppo di abitanti di Bolognana che una volta partiti per un escursione sul Monte Palodina si dice che abbiano
incontrato gli gnomi, esseri non più alti di 50-60 centimetri, che una volta volta visti gli umani pare si siano rotolati lungo un pendio per poi scomparire. Da segnalare anche, che nella stessa zona tempo prima era apparso un mega lucertolone verde che aveva messo in fuga un cacciatore...
  • La morte di Giovanni Pascoli 
Il Pascoli non morì a Castelvecchio, partì dal paese il 17 febbraio 1912 per curarsi a Bologna. In Valle del Serchio non vi fece più ritorno se non da morto. Muore il 6 aprile 1912 nella sua casa bolognese in via dell'Osservanza n°4. "Il Corriere della Sera" il 7 aprile annuncia in prima pagina e a pieno titolo il decesso del poeta
  • Il rapimento di Elena Luisi
Fu un'avvenimento che toccò il cuore di tutta la valle e di tutta la nazione. Tutti i giornali dettero grande risalto alla vicenda. Nella notte tra domenica 16 e lunedi 17 ottobre 1983, durante un temporale, dopo avere scardinato la porta, un gruppo di malviventi entra a casa Luisi a Lugliano (Bagni di Lucca). I malviventi dopo avere malmenato i nonni e la mamma Luisa portano via la piccola
Elena di diciassette mesi che indossa un pigiamino azzurro e piange disperatamente. Viene richiesto un riscatto di 5 miliardi da pagare entro 5 giorni. Scattano le ricerche e le indagini da parte degli inquirenti e vengono anche coinvolti i servizi segreti. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini rivolge un appello ai rapitori e lo stesso fa anche il Papa Giovanni Paolo II. Nella notte tra il 25 ed il 26 novembre, dopo 42 giorni la liberazione: i banditi sentendosi accerchiati abbandonano la bambina, coperta solo da un cartone sul ciglio di una strada a 50 km da Messina.

Così con un pizzico di nostalgia questo è quello che era prima del web. La carta stampata oggi appare più che mai un’isola sperduta, frequentata solo da quella ristretta diaspora generazionale che ancora non si è arresa del tutto al dominio della rete. La domanda, o meglio, la curiosità è allora sapere... per quanto tempo ancora i giornali sapranno resistere all’ondata digitale?

mercoledì 5 dicembre 2018

L'epopea degli sfollati garfagnini nella II guerra mondiale. Fatti e testimonianze di una tragedia poco conosciuta

La definizione che da il vocabolario della parola "sfollato" è netta
Sfollati. II guerra mondiale

e precisa, non lascia ombra di dubbio sul significato di questo termine: "Persona che ha dovuto abbandonare la propria residenza o il proprio centro abitato a causa di una guerra, di una calamità naturale o per motivi di sicurezza". Ad oggi, o perlomeno dagli ultimi dati aggiornati di fine 2017 dall'Unchr (l'agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati) gli sfollati nel mondo sono circa 68 milioni. Solo nel 2017 le persone costrette a fuggire di casa a causa di guerre e persecuzioni sono state più di 16 milioni, un numero enorme che (spiega l'O.N.U) equivale a 44.500 persone sfollate al giorno o una persona sfollata ogni due secondi. A pesare sul numero delle persone in fuga lo scorso anno sono stati in particolare la crisi nella Repubblica Democratica del Congo, la guerra in Sudan e il trasferimento in Bangladesh di centinaia di migliaia di rifugiati di persone di etnia rohingya provenienti dal Myanmar.
Luoghi ed esseri umani lontani questi, di cui forse nemmeno conosciamo il nome del loro Paese di provenienza o della loro etnia,
Agenzia delle Nazioni Unite
per il rifugiato
eppure anche noi italiani siamo stati "sfollati", anche noi abbiamo conosciuto l'oltraggio e il dolore di lasciare la propria casa, le proprie abitudini per rifugiarsi altrove. Sono passati più di settanta anni da quei giorni, quando la seconda guerra mondiale travolse con una violenza massiccia centinaia di migliaia di civili. Moltissime città furono distrutte dai bombardamenti incessanti, la popolazione era sconvolta dalla paura e dall'avanzata di due eserciti contrapposti, la gente oramai era ridotta alla fame, costretta a vivere ammucchiata in ricoveri di fortuna o ancora peggio costretta a spostarsi verso zone ignote. Questi sono gli sfollati della seconda guerra mondiale, un numero elevato, più di due milioni di italiani, di donne, di bambini, anziani, uomini inadatti all'uso delle armi, vissero un'esperienza al limite dell'esilio, colpita dall'umiliazione e dalla privazione degli affetti più cari. Una tragedia senza voce e nonostante l'importanza di questo fenomeno, gli storici non hanno mai voluto approfondire questo argomento che segnò per sempre la vita di molti. Ad oggi ci rimangono però le testimonianze di coloro che vissero questa tragedia, ci rimangono le parole di molti garfagnini che vissero sulla propria pelle questo dramma. La Garfagnana fu infatti una delle zone più colpite da questi avvenimenti; la morfologia delle nostre montagne  era l'ideale per fornire rifugio e riparo dalle bombe e dalle violenze della guerra, la nostra terra non fu in realtà ricovero per i soli garfagnini, ma per moltissima altra gente che proveniva dalle città di tutta la Toscana e da molte altre zone d'Italia.

La situazione di fatto cominciò a peggiorare drasticamente a partire dal 1943, quando in molte città iniziarono i bombardamenti più
Castelnuovo Garfagnana bombardata
insistenti, molte persone presero la decisione di fuggire in Garfagnana in cerca di un rifugio e di una relativa tranquillità, non sospettando poi di rimanere intrappolati in una morsa letale, di li a pochi mesi il fronte si attesterà nella valle, americani e tedeschi si affronteranno senza esclusione di colpi sulla celeberrima Linea Gotica. Nel corso del 1944 proprio sulla base di questi eventi bellici tutta la provincia fu presa dal panico totale quando si profilò l'intenzione di uno sfollamento generale di tutta la popolazione. Trecentosessantamila civili si sarebbero dovuti spostare per destinazioni ignote per far combattere liberamente i due eserciti, il piano non fu poi attuato per la difficoltà dell'operazione, ma la cosa non cambiò di molto se gli sfollati nel novembre '43 a Castelnuovo erano già 676, provenivano non solo dalle città vicine come Lucca, Firenze, Livorno, Pisa e La Spezia ma da altre città della penisola come Roma, Torino, Cagliari, Bolzano, Varese, Verona. Ma anche gli stessi castelnuovesi abbandonarono la loro cittadina, rendendola letteralmente un  paese fantasma, la popolazione lasciò le case e i propri beni in cerca di riparo nei paesi ritenuti più sicuri, alloggiando presso parenti o amici, ma non mancò chi anche trovò riparo in metati, capanne, chiese, gallerie ferroviarie o addirittura nelle grotte:- Tutti fuggono dalle loro case- scrisse Don Gigliante Maffei, parroco di Torrite- lasciando lauta preda agli ottimi predoni tedeschi e agli sciacalli italiani che si fanno spie e traditori del poco bene nascosto dai castelnuovesi sfollati-.  Il commissario prefettizio Guerrini nell'agosto 1944 denunciava già un emergenza umanitaria in tutta la Garfagnana:
- ...terminate tutte le scorte di viveri e di denaro, al momento non si può fronteggiare la situazione. Mancano viveri (il prodotto della farina dolce, l'unica risorsa della zona, anche quest'anno è rimasto minimo perchè danneggiata dal maltempo),
Rifugiati francesi che tornano
 nelle loro case 1944
AP Foto colorazione
di Sanna Dullaway per TIME
vestiario, specialmente calzature e fondi liquidi per sussidiare i meno abbienti. A quanto sopra si aggiunga una forma epidemica tifoidale...-.
O
ltre 600 sfollati erano giunti anche a Castiglione, provenienti per la maggioranza da Livorno e Viareggio, gran parte di questi erano nullatenenti, la stessa amministrazione comunale cercava di fare il possibile per aiutare la popolazione e gli sfollati, il reperimento del cibo come visto era problematico, trovare le medicine per gli ammalati era quasi impossibile. Nel resto della valle la situazione era identica, pure a Gallicano e a Sillano gli sfollati erano più di 600, 55 a Vergemoli, a Molazzana svariate decine. A Giuncugnano il comune metteva a disposizione degli sfollati stessi 25 case, insomma, si calcola che fra il 1943 e il 1944 in Garfagnana vi siano stati stabilmente circa 5.000 rifugiati. Come detto a memoria di tutto questo rimangono ancora vive le testimonianze indimenticabili che ha raccolto Tommaso Teora nel suo bel libro "Storie di guerra vissuta".
Lei è Tagliasacchi Teresa di Castelnuovo Garfagnana al tempo era una ragazza di diciassettenne anni e viveva con la sua famiglia in località i "Ceri" nei pressi della cittadina. Così racconta di quel periodo:
"Tutto rimase tranquillo fino a quel 2 luglio '44 quando Castelnuovo fu martoriata dai bombardamenti alleati. Arrivarono così nella
Castelnuovo. Porta Castracani
 dopo il bombardamento
località molti sfollati da Castelnuovo, credendo che in campagna fossero più al sicuro. La capanna e il metato furono completamente occupati dalle famiglie Lenzi, Vangi, Tolaini, Mazzei e dagli zii da parte di mio padre, in tutto eravamo una quarantina. Abbiamo vissuto con i bombardamenti aerei continui finchè ad ottobre cominciarono a piovere cannonate anche da Barga. Verso i primi di novembre una di queste colpì l'angolo della capanna. Erano circa le 18. Purtroppo dentro c'erano i Vangi ed i Tolaini. La moglie dell'Umberto Vangi fu colpita ad un braccio da una scheggia ed i due figli maschi più grandi furono feriti e portati in ospedale...Purtroppo perirono entrambi il giorno dopo...
- e il terribile racconto continua:- La paura fece scappare tutti gli sfollati che se ne andarono verso le Piane di Cerretoli. Rimanemmo solo noi ed i parenti- 

Nel dicembre ancora una cannonata colpì la casa di Teresa e pochi giorni dopo, l'ennesimo colpo di cannone scoppiò ad una quarantina di metri dall'abitazione, questo fece desistere ogni speranza di rimanere in casa, così la famiglia Tagliasacchi eccetto padre e zio e nonni fuggì
- Mentre salivamo con la neve verso "Buggina", fu lanciato un bengala e ci fermammo tutti, nascondendoci contro una cisterna
Tedeschi in fase di rastrellamento
dell'acqua. Finito il chiarore si ripartì. Sostammo in una capanna già occupata nella parte superiore da molti sfollati, noi ci sistemammo di sotto dopo aver steso il fieno in terra, dove il bestiame non c'era più, ma c'era un gran freddo. Il giorno dopo vedemmo arrivare mio nonno, portato con una barella improvvisata, perchè infermo e mia nonna trasportata a spalla. Il babbo e lo zio erano rimasti ad accudire le bestie. Nel frattempo gli uomini scavarono un rifugio vicino alla casa, aiutati da Decimo Lunardi, esperto di scavi perchè aveva lavorato in galleria. Fecero un bel rifugio con pali e tavoloni di circa dieci metri. Tornammo tutti a casa quando finì il conflitto-.

Significativo e spaventoso è anche il ricordo di Tognocchi Ivana classe 1930 di Brucciano (comune di Molazzana), all'epoca viveva con la sua famiglia nella casa dove ancora abita:
- Già nel 1943 arrivarono in paese tanti sfollati da Pisa e da Livorno, poi in seguito nel 1944, anche quelli da Castelnuovo e Gallicano. Quando iniziarono a piovere le cannonate da Ghivizzano e da Barga, i primi giorni dell'ottobre '44 cominciò la paura. Ce ne andammo in casa dei nonni paterni, dove internamente c'era anche una grotta, insieme ad altri parenti; eravamo circa una ventina. Il 22 ottobre verso le 22 vedemmo arrivare Don Pietro Dini accompagnato da due o tre soldati tedeschi con il mitra spianato, che ci disse: "Bisogna partire tutti". Rimasero in paese solo le persone anziane, mio zio Renato e mio padre, che dovevano accudire i nonni e le bestie-
Tutti i rastrellati furono così portati a Castelnuovo a Palazzo
Sfollati. Madre e tre figli
Pierotti, alcuni fuggirono lungo le canale dello stabile e gli altri attesero il loro destino. La mattina seguente gli sfollati furono tutti portati al Poggio, li identificati e poi tutti rilasciati. Da questo momento per la famiglia Tognocchi comincerà un lungo esilio prima di tornare a casa:

- Da qui in tanti decisero di andare con il prete a Corfino, noi invece decidemmo di andare a Sillicano, dove mia zia Marianna, maestra elementare di Gallicano, conosceva il parroco Don Aurelio Ricci. Arrivammo a buio in canonica trovammo altre persone, eravamo una quindicina. Il sacerdote ci accolse con carità e siamo rimasti li per tre o quattro giorni, dopodichè si decise di tornare a Brucciano-
A Brucciano non arriveranno poichè il paese era in mano ai tedeschi. Il lungo peregrinare continuò prima sostando diversi giorni a Eglio dai genitori di una vicina di casa, poi di li a Calomini da una
Sfollati in fuga
conoscente che li accolse in casa, dopodicè i Tognocchi ripartirono, destinazione Gallicano, accolti da un cugino della mamma di Ivana, li rimasero fino al bombardamento del paese il 28 dicembre. Presi dalla paura fuggirono ancora e arrivarono a Valico di Sotto dove rimasero fino alla fine della guerra. Ecco ancora dalle parole di Ivana il tragico epilogo di questa storia:

- Alla fine di aprile '45 siamo tornati in Sant'Andrea (n.d.r:località di Gallicano) dal cugino di mia madre. Purtroppo in quel lasso di tempo, dopo varie interrogazioni a parecchie persone, alle quali chiedevamo notizie di mio padre e di mio zio, venimmo a sapere della loro morte- 
Ivana continua a raccontare così la morte del padre, che nell'intento di superare il fronte...: -Arrivati in "Selva Piana", località sopra il Ponte di Campia, mio padre calpestò una mina e fu sventrato, lo zio morì poco dopo dissanguato-.
Orrori, tragedie, drammi e mortificazioni che solo una guerra può dare, ed ecco allora che nel 2004 in una Giornata Mondiale delle migrazioni a monito per l'intera umanità riecheggeranno per sempre le parole di Giovanni Paolo II : "Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i rifugiati, significa impegnarsi
seriamente a salvaguardare innanzitutto il diritto a non fuggire dalle proprie case, a vivere cioè con pace e dignità nella propria Patria".



Bibliografia:

  • Rapporto annuale 2017 "Global Trends Forced Displacement", Unhcr (United Nations Commission for Refugees)
  • "Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana tra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi, edito Banca dell'identità e della memoria, anno 2004
  • "Storie di guerra vissuta. Garfagnana 1940-1945" di Tommaso Teora, edito da Tra le righe Libri, anno 2016
Fonte:
  • Rai Storia "Sfollati Italiani della seconda guerra mondiale" con Silvia Salvatici, Chiara Chianese