mercoledì 20 dicembre 2017

Dal censimento del 1901: la Garfagnana e l'Italia, com'erano e come sono diventate dopo più di un secolo...

Ormai ci siamo, l'anno è finito. Di solito proprio in questo periodo ognuno di noi traccia un consuntivo personale di quei fatidici
dodici mesi appena trascorsi, qualcosa è andato bene, qualcos'altro male e gli auspici di un anno migliore sono il migliore augurio che si possa fare ad una persona. Questo rendiconto viene fatto a tutti i livelli del nostro viver quotidiano, come detto c'è quello personale e c'è quello delle aziende che tirano le somme del loro andamento annuale. Esiste anche un rendiconto generale sull'andamento generale della nostra Italia che si ha però ogni dieci anni, questa indagine è a tutti conosciuta semplicemente come "censimento". Il lasso di tempo naturalmente è ben più ampio  di un semplice anno, dieci anni sono considerati un tempo ragionevole per vedere i cambiamenti che sono in atto in Italia. L'ultimo che abbiamo avuto è stato nel 2011 e si ripete come detto di dieci anni in dieci anni, nell'anno  però che termina con uno. Questo perchè la sua storia parte proprio dal 1861, anno dell'Italia unita e da quella data puntualmente ogni decennio si ripete, a onor del vero nella storia nazionale non si è svolto per due volte, nel 1891 per mancanza di fondi e nel 1941 quando si era in piena guerra mondiale. La funzione principale del censimento è quella di far capire all'amministrazione statale quante persone ci sono residenti nei confini nazionali, quanti di sesso maschile, quanti di sesso femminile, quanti sono i bambini rispetto agli anziani, così da avere una precisa radiografia del Paese, in più, novità inserita nel lontano 1951, oltre al censimento della popolazione in quell'anno(ed è tutt'ora in vigore)fu inserito quello relativo alle abitazioni. Grazie a tutto questo è possibile anche sapere come sono strutturalmente gli edifici e come sono suddivisi. Tutto ciò viene indetto e finanziato dall'I.S.T.A.T (istituto nazionale di statistica)che fa tutto questo non per semplice
curiosità, ma lo fa in funzione a due articoli della Costituzione (art. 56 e 57). Il quadro che viene fuori confrontando i vari censimenti è un vero e proprio spaccato di vita, fa vedere veramente come cambiano i tempi da un punto di vista sociale e culturale e fra le mani mi sono proprio capitati alcuni dati di un censimento del 1901 con particolare riferimento alla Garfagnana. Il 1901 è un anno molto importante: "Oggi inizia un'epoca in cui la storia del mondo dev'essere riscritta", così cita l'inizio del primo capitolo del libro "Il mito del XX secolo" e niente di questo è più vero.Il 1901 si apre al secolo che segnerà per sempre la storia dell'umanità nel bene e nel male: due guerre mondiali, grandi invenzioni ed innovazioni (luce, televisione, aeroplani...), vaccini, antibiotici e così via e quindi è interessante vedere come la nostra Garfagnana viveva prima di questa epocale svolta. Partiamo però prima da un raffronto generale su quello che era l'Italia a quel tempo e su come è oggi, in base proprio ai censimenti del 1901 e del 2011 a ben 110 anni di distanza. Il primo dato che balza agli occhi  è il numero dei residenti che attualmente o meglio secondo l'ultimo censimento (2011) risultavano essere 59.433.744, quasi raddoppiati in poco più di un secolo, infatti al tempo (1901) eravamo 32.965.504. Tale
Com'era l'Italia nel 1901
aumento della popolazione secondo l'I.S.T.A.T lo si deve esclusivamente agli stranieri, poichè 
dal precedente censimento(2001)hanno segnato un'aumento del 4,3%, in pratica parlando in numeri gli stranieri residenti regolari in dieci anni sono aumentati di 2.694.256, mentre gli italiani sono diminuiti di 250 mila unità. Le donne italiane vincono sugli uomini in quantità, il gentil sesso si attesta su oltre 30 milioni, gli uomini sono 28 milioni; diverso nel 1901 quando le donne erano il 49,7% e i maschi il 50,3%, causa probabile di questa inflessione era che  molte donne purtroppo morivano di parto e talvolta insieme a loro i bambini che portavano in grembo, le cifre in tal senso sono ragguardevoli e spaventose, oltre 46 mila pargoli perivano per le più svariate cause, mentre oggi (dato 2011) sono 2084 i piccoli che muoiono nei primi cinque anni di vita. Sempre rimanendo su questo triste argomento i morti totali di inizio secolo scorso erano 715.036, oggi 613.520. Per quanto riguarda le famiglie nel 1901 il 36% era sposato, in quell'anno 234.819 matrimoni, contro gli attuali 207.138, inoltre (sempre nel 1901) tre famiglie su dieci avevano sei o più componenti (il 30%), non si trattava solo di genitori e figli ma anche di nonni, zii e consanguinei vari, non trascurabile nemmeno le famiglie composte da cinque persone che erano il 13,8% e solo l'8,8% da una sola persona. Oggi le famiglie unipersonali invece sono quasi una su tre (dato in aumento), nel contempo diminuiscono le coppie senza figli (oltre cinque milioni, il 31,4% del totale). La vita come si sa era ed è dura, quindi emigrare era una soluzione per dare una svolta alla propria
La famiglia italiana del 1901:
 otto persone
esistenza, a inizio secolo erano 533.245 gli individui che abbandonavano il suolo natio (nell'ordine) per gli Stati Uniti(121.139), per il Brasile(82.159)e per l'Argentina (59.881), anche attualmente si emigra, nella sorprendente cifra di 147.000 persone, le principali mete (sempre nell'ordine) sono: Regno Unito, Germania e Francia, e sempre più sono i laureati italiani che lasciano il Paese con più di 25 anni di età (quasi 23 mila, con un +13% rispetto al precedente censimento), oltretutto in forte aumento l'emigrazione di coloro che hanno un'istruzione medio bassa (+9%). A proposito di istruzione nell'anno scolastico 1901-1902 gli iscritti alla scuola elementare non sono neanche tre milioni, alle medie 92 mila, alle superiori 27 mila, il 32,7 % degli uomini è analfabeta e il 46,1% delle donne idem, per un totale nazionale del 39,4%, pensiamo però che questa piaga sociale non è affatto estinta, tutt'altro, gli analfabeti in Italia sono la ragguardevolissima cifra di 583.523: Palermo, Messina e Bari sono le città con più illetterati (dati 2001). Allora, come diceva la mia mamma se non si studia si lavora... nel censimento del 1901 fra gli occupati erano considerati anche i bambini nati nel 1891 cioè di nove anni d'età (momento in cui finiva l'obbligo scolastico), in alcuni casi per gli inferiori a questa età la
La famiglia italiana del 2017:
tre persone
dichiarazione di occupazione era fatta dal capofamiglia ma come dice l'Analisi Ufficiale del censimento dell'epoca:
 "...si è preferito di non tener conto di tali dichiarazioni, perchè il lavoro eseguito da fanciulli di così tenera età, forse per poche ore del giorno ed in qualche stagione dell'anno, non può dare un contributo apprezzabile all'attività economica...", allora è evidente che i disoccupati erano la irrisoria cifra di 200 mila persone. Naturalmente degli occupati maschi il 61,1% era impiegato nell'agricoltura e il 21% nell'industria, le femmine invece il 60,9% nell'agricoltura, e il 24,5% nell'industria. Stendiamo un velo pietoso sui dati odierni dall'ultimo censimento, il tasso di disoccupazione 2011 era l'8,4%, dal dato aggiornato a ottobre 2017 in soli sei anni siamo saliti all' 11,1% (si tratta di quasi tre milioni di persone)...
Poi al tempo esisteva anche un angolo di mondo che si chiamava  Garfagnana e che timidamente e inconsapevolmente si affacciava al secolo che porterà anche a lei sconvolgimenti mai avuti prima. Analizziamo anche qui un po' di dati che ci dovrebbero fare un po' riflettere e vediamo che quello che salta subito all'occhio è il dato in controtendenza sui numeri dei residenti. Se a livello
La Garfagnana oggi
nazionale abbiamo avuto nei decenni un forte incremento della popolazione, la Garfagnana ha avuto negli ultimi centodieci anni uno spopolamento. Nel 1901 erano 46.916 gli abitanti che risiedevano legalmente nella Valle, quelli di fatto invece erano 37.856, divisi in 17 comuni, oggi (dato 2011) i garfagnini sono 28.307, divisi in 14 comuni. I garfagnini di inizio secolo proprietari di fabbricati e di terreni erano 6481. I "proprietari capitalisti" (così definiti coloro che hanno terreni e case date in affitto o in gestione), sono 721, di questi "proprietari capitalisti" nessuno è milionario, si tratta in ogni modo di fortune piuttosto ragguardevoli e queste persone sono rappresentate sopratutto da quegli emigranti che sono rimpatriati portandosi dietro quel discreto "gruzzoletto" frutto del duro lavoro. Di fronte a tutto questo penso che sia chiaro che l'attività principale era l'agricoltura: 8573 maschi e 3912 donne per un totale di 12.485 erano le persone impiegate "in qualità di contadini o coloni" (specifiche parole), da aggiungere a tutti questi i piccoli proprietari che lavoravano direttamente il proprio terreno, aggiungendo questo dato si può dire che gli addetti all'agricoltura erano i due quinti dei residenti. Nell'industria, nei mestieri e nell'artigianato lavoravano 2416 uomini e 501 donne, le cose però cambieranno totalmente nel 1916 quando a Fornaci di Barga aprirà la Società Metallurgica Italiana meglio conosciuta come S.M.I, la svolta occupazionale sarà  e rimarrà epocale per la valle. Altri dati sul lavoro ci dicono ancora che nel piccolo commercio
La SMI di Fornaci: svolta sociale
e economica della valle
(bottegai, piccoli commercianti...) ci sono 503 uomini e 17 donne, rimangono poi tutti quei mestieri (che sinceramente non so perchè) vengono calcolati tutti insieme che sono: impiegati dello Stato, guardie municipali e campestri, preti, frati, maestri e maestre questi sono 608 uomini e 12 donne, di questi 136 uomini e 12 donne appartengono al culto (preti, frati e suore). Un fatto curiosissimo da sottolineare è che in questi numeri non vi è nemmeno una maestra...eppure chi è che non ha avuto nel passato o nel presente una maestra? Con molta probabilità l'occupazione principale delle maestre non era quella d'insegnare, non è difficile che anch'esse fossero nelle categorie agricole. Ai lavori domestici invece c'erano 144 uomini "casalinghi" e 8998 donne...
 i pensionati invece erano 44...Per quanto riguarda la scuola, gli scolari, gli studenti (per studenti si intende i ragazzi che frequentavano la scuola media inferiore o superiore) e i seminaristi erano 1003 maschi e 1032 femmine, un numero veramente bassissimo...Eppure le scuole elementari in Garfagnana erano tantissime, ben 122, ma i bambini che la frequentavano erano pochissimi, consideriamo che la riforma della scuola secondo la legge Coppino del 1877 prevedeva l'obbligo fino alla terza elementare e la facoltà di arrivare fino alla quinta  classe (ed eventualmente anche oltre), ma purtroppo il 65% dei bambini
Scuola femminile di inizio secolo
(foto tratta da Bargarchivio)
abbandonava l'istruzione finita l'obbligatorietà.

La Garfagnana quindi si presentava al nuovo e importante secolo arretrata sotto tutti i punti di vista: culturale, sociale e lavorativo. Augusto Torre (giornalista e professore universitario 1889-1977) fece un esame attento a questo censimento "garfagnino" del 1901, dando un perchè a questa grave arretratezza e così ebbe a dire:"...la mancanza di scambio e di idee fra paese e paese, mancanza che trae a se anche quella di qualunque rapporto e suscita e favorisce invece i contrasti e le ostilità fra villaggio e villaggio, quel campanilismo , che per cause futili e insignificanti produce lotte e risse talvolta ferimenti e uccisioni, coi relativi strascichi..." . In questo senso nonostante sia passato un secolo forse è cambiato qualcosa? Ostinati sempre a curare solamente ed unicamente il nostro piccolo orticello...


Bibliografia

  • "Censimento della popolazione del Regno d'Italia" 10 febbraio 1901. Volume V. Direzione Generale di Statistica. Roma
  • "15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni 2011" Ufficio stampa ISTAT
  • "La Garfagnana" di Augusto Torre. Articolo pubblicato su "La Voce", 26 ottobre-2 novembre 1911

mercoledì 6 dicembre 2017

Morte e distruzione.I danni della II guerra mondiale in Garfagnana

Questa infinita crisi economica ha attanagliato ogni speranza sul
Castelnuovo Garfagnana bombardata
(foto di Vladimiro Bertoi
 su gentile concessione di Nicola Simonetti)
futuro: non si fanno più figli, non si costruiscono più case, non si acquistano più auto e per questo (nonostante qualche lieve ripresa) viviamo in uno stato di incertezza assoluto. Spesso discutendo con amici e conoscenti si è parlato di quale poteva essere la miglior soluzione per uscire da una recessione quasi ormai cronica e la risposta più frequente, 
più sbalorditiva e sconcertante  è stata: la guerra. La guerra da molti (o da alcuni, non lo so) è vista come la panacea di tutti i mali e come un avversità necessaria per la ripresa economica mondiale, ma forse non ci rendiamo bene conto di ciò che diciamo. Le perdite umane e infrastrutturali non sono mai proporzionate ai guadagni e tra le altre cose i danni civili sono spesso più alti di quelli militari, questo vale per le guerre passate e per quelle attuali e future. C'è forse qualcuno di noi che è disposto a perdere un suo caro o la sua casa in nome di una eventuale ripresa economica? Credo proprio di no...L'articolo in questione vuole aprire un po' gli occhi su questa strampalata teoria e far capire bene, dati alla mano su dove possa arrivare il potenziale distruttivo dell'uomo e non crediamo di vivere in un angolo di mondo particolare e ovattato, la Garfagnana durante la seconda guerra mondiale fu colpita in maniera inesorabile, metteremo quindi anche il dito sui danni che subimmo a quel tempo, ma partiamo dai dati generali parlando di quello che fu l'ultimo conflitto mondiale in fatto di distruzioni perpetrate a cose e persone. In Italia la quasi totalità dei bombardamenti fu operata da parte degli alleati (inglesi ed americani quindi), mentre una piccola parte fu compiuta dai tedeschi. Nella seconda fase del conflitto i danni materiali
Propaganda italiana
sui bombardamenti americani
prodotti dalle razzie, dalle ruberie e dalla occupazione delle case pubbliche e private sono state compiute dalle truppe naziste ai danni della popolazione civile inerme. Tutto il Paese da nord a sud soffrì di questa situazione e i numeri in tal senso parlano chiaro: -29% della produzione industriale nazionale (nonostante lo sforzo bellico), - 63% il calo della produzione agricola, il 40% delle linee ferroviarie distrutte, diciamo poi che è difficile quantificare nello specifico  le distruzioni subite dai privati, un calcolo più preciso può essere fatto sul patrimonio artistico-culturale, non tralasciando però le vittime civili dei bombardamenti che si aggiravano  nel nostro Paese intorno alle centocinquantamila unità. Passando ancora alle cifre le città che subirono più danni a livello del patrimonio storico- culturale furono nell'ordine: Napoli, Milano, Torino, Genova, Palermo, Foggia, Roma e Messina. Invece parlando in termini di percentuale le peggiori distruzioni alle costruzioni private e pubbliche le hanno subite le città di Rimini distrutta per l'80% delle sue abitazioni, poi Livorno (80%),
Alcune vittime dei bombardamenti su Roma
(foto tratta da "L'Unità)
Foggia(80%), Civitavecchia (80%), Cagliari (70-80%), La Spezia (70-75%)e ancora a decrescere altre città come Reggio Calabria, Messina, Ancona...altre cittadine più piccole come Recco, Cassino e Paternò furono distrutte nella sua totalità, invece le prime tre città che subirono più vittime furono: Napoli (20-25 mila), Foggia (20 mila) e Roma (7 mila), tutto questo portò nei cinque anni di bombardamenti incessanti al fenomeno dello "sfollamento"; le popolazioni erano rimaste senza casa, sconvolte dalla paura non trovarono di meglio che fuggire dalle loro città e paesi cercando rifugi più sicuri altrove. Un numero elevato di persone (quasi due milioni), lasciò allora le proprie case (o quello che rimaneva)per salvarsi da probabile morte.  In tutto questo computo non c'è calcolato però tutto il resto d'Italia: le cittadine, i piccoli paesi e le sperdute zone montane, ed
Thunderbolt americani pronti
a bombardare anche la Garfagnana
 anche la Garfagnana non è compresa in tutto questo rendiconto. Un grosso lavoro in tal senso per recuperare dati e notizie lo si deve al professor Oscar Guidi che è riuscito negli anni a rendere un quadro ben chiaro di quello che furono le distruzioni
 materiali e non, nella nostra Valle. C'è subito da dire che da un punto di vista prettamente violento la guerra combattuta in Garfagnana non fu sicuramente fra le più cruente, diverso il discorso se guardiamo gli effetti di questo sulla gente e le infrastrutture, per rendere bene l'idea cerchiamo di dare un quadro delle conseguenze delle azioni belliche sulle case, sulle strade e sui ponti ed anche (purtroppo)sulle persone decedute. I bombardamenti sulla valle cominciarono nel maggio 1944, quando gli aerei americani mitragliavano i treni che transitavano sulla linea Lucca- Aulla, a Fornaci di Barga ad esempio dopo una di queste incursioni perse la vita un uomo di Castelnuovo e anche alla stazione di Poggio- Villetta e Pontecosi stessa fine subirono altre persone. Il triste primato di primo paese garfagnino bombardato
Gallicano distrutta
toccò a Piazza al Serchio, il 29 giugno un attacco aereo causava la distruzione di diverse case e di una chiesa, i morti furono circa una quindicina e i feriti cinquanta. Il 2 luglio fu il turno di Castelnuovo Garfagnana e della sua stazione ferroviaria, qui persero la vita tre bambini ed un ragazzo di diciassette anni, a quanto pare queste operazioni miravano (su indicazione dei partigiani) a far esplodere depositi di munizioni e carburante nemico. Fu poi il turno dei passi appenninici, così fu preso di mira il Passo delle Radici, ma il peggio si ebbe quando si attestò il fronte in tutta la valle, oltre ai bombardamenti entrò in campo anche l'artiglieria pesante. A farne le spese più di tutti fu proprio Castelnuovo che fu quasi rasa al suolo, la posizione strategica del paese la portò più e più volte ad essere martirizzata dalle bombe, le sue distruzioni furono immani tanto da assurgere a simbolo di devastazione e di rovina, cosi il 15 febbraio 1945 nei pressi della cittadina in località Novicchia in un rifugio antiaereo trovarono la morte 30 persone, nei mesi precedenti (nel novembre
Barga devastata
'44)Sassi pagò il suo tributo lasciando sul campo undici bambine e quattro suore, tutti sfollati da Pisa, poi nel dicembre del solito anno fu colpito Gallicano, qui le vittime furono ventidue ed ancora la lista si allunga con San Romano, Villa Collemandina e Pieve Fosciana. Ai danni provocati dai bombardamenti alleati si aggiunsero quelli dei tedeschi che battendo in ritirata facevano saltare in aria qualsiasi infrastruttura di collegamento: gallerie ferroviarie, ponti e strade. A fronte di tutto questo cominciava la tragedia dei "senza tetto", centinaia trovarono rifugio presso il Centro Profughi di Lucca. La situazione era veramente critica, a Molazzana risultavano distrutte 150 case e 5 ponti, i "senza tetto" erano circa 1250(compresi gli sfollati di altre zone), a Fosciandora il problema maggiore(oltre alle case devastate) lo creava la
Il ponte di Ceserana in fase di ricostruzione
(foto di Vladimiro Bertoi su gentile
concessione di Nicola Simonetti)

distruzione del Ponte di Ceserana, collegamento fondamentale con la strada provinciale (oggi regionale), anche Pieve Fosciana lamentava devastazioni: i ponti di Pontardeto e di Pontecosi erano stati fatti saltare in aria e qui i senza casa erano circa un migliaio, a Castiglione 37 erano le case inagibili e 500 i "senza tetto", in più i vari ponti e ponticelli che portavano al Passo delle Radici erano inutilizzabili, nel comune di San Romano il bellissimo ponte ferroviario della Villetta non fu risparmiato così come i caselli dei pastori di Campocatino subirono danni. L'elenco sarebbe ancora lungo e vi rimando al libro "Dal Fascismo alla Resistenza. La Garfagnana tra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi per aver maggiori dettagli, fattostà che la quasi totalità dei nostri paesi ebbe distruzioni ingenti a beni pubblici e privati, in pratica tutto il sistema viario stradale e ferroviario aveva subito danni rilevantissimi, a tutto questo con gli anni successivi alla fine del conflitto si andò ad aggiungere il problema dei campi minati e degli
Il Ponte ferroviario della
 Villetta distrutto
ordigni abbandonati degli eserciti in lotta, per questa ragione i morti e i mutilati(sopratutto bambini)continuarono ancora in tempo di pace. Ma tutti questi danni chi le pago? Come faceva una nazione ridotta allo stremo come la nostra Italia a riparare tutto questo? A risolvere i nostri problemi ci pensò lo "Zio Sam", uno zio d'America, o per meglio capirsi gli Stati Uniti d'America in persona, attraverso un piano di ripresa europea ("European Ricovery Program") meglio conosciuto a tutti come "Piano Marshall" dal nome del suo principale fautore il segretario di stato statunitense George Marshall, che durante un discorso all'Università di Harvard invitò i paesi europei a presentare un programma di ricostruzione economica che gli stessi Stati Uniti si impegnavano a finanziare. Anche l'Italia usufrui di questi finanziamenti, il danno globale della guerra calcolato in tutti i suoi ambiti si aggirava intorno ai 3.200 miliardi di lire ( equivalente a quasi 1 miliardo e settecentomila euro...), dagli Stati Uniti arrivarono ben 1500 milioni di dollari (cifra in parte data in prestito e in una buona percentuale elargita a fondo perduto) destinati alla ricostruzione delle linee ferroviarie, strade, ponti, acquedotti, fognature, case, industrie e aziende agricole. Il Piano Marshall diventò operativo il 3 aprile 1948, ma solo dopo pochi giorni 
rischiò subito la sospensione, eravamo infatti in prossimità delle
Il Piano Marshall
elezioni politiche italiane e il pericolo comunista era tangibile, gli americani furono chiari fin da subito, qualora il nostro Paese avesse eletto un governo comunista gli aiuti sarebbero stati interrotti in maniera definitiva, per scongiurare la minaccia scese in campo Papa Pio XII che paventò lo spettro "dello stomaco vuoto e l'anima dannata" e insieme a lui gli stessi Stati Uniti che appoggiarono senza se e senza ma la Democrazia Cristiana che 
quel fatidico 18 aprile 1948 con il 48,5% dei voti ottenne una schiacciante vittoria. Le sovvenzioni quindi ripresero e i primi aiuti che arrivarono a Milano furono dei camion di farina, benedetti  personalmente dal cardinal Schuster che li definì prontamente "una grazia di Dio", ma l'autista del camion immediatamente lo corresse:-No Eminenza, mi scusi, casomai è grazia degli americani...-. 



Bibliografia:

  • "Missione Americana ERP in Italia- Uffico stampa- Divisione informazione- giugno 1951
  • "Dal fascismo alla resistenza.La Garfagnana fra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi-Banca dell'identità e della memoria. Anno 2004
  • "I danni materiali e la conseguenza della guerra" www.icar.beniculturali.it

mercoledì 8 novembre 2017

Cent'anni fa l'influenza "spagnola" Morte e malattia nella Garfagnana del 1918

H1N1. Una sigla che non dice niente a nessuno, potrebbe significare
molte cose...magari era una delle prime navicelle spaziali russe o americane che solcarono la volta celeste, o forse un nuovo tipo di cocktail di quelli che vanno adesso in discoteca, è probabile che allora sia il nuovo motore della Ferrari per il prossimo campionato mondiale di Formula 1...niente di tutto questo. Questa sigla secondo studi scientifici uccise in un anno più persone che la peste nera in un secolo e in ventiquattro settimane quanto l'AIDS ha ucciso in ventiquattro anni. Il suo nome completo è "influenza virus A, sottotipo H1N1" meglio conosciuta come "influenza spagnola"  o semplicemente "la spagnola", che  tra il 1918 e il 1919 (solamente cento anni fa)colpì tutto il mondo, uccidendo 50 milioni di persone e infettandone oltre 500 milioni. Eravamo ormai alla fine della I guerra mondiale, che da sola in cinque anni di conflitto causò 15 milioni di morti, molti di meno dell'influenza spagnola stessa. Si credeva ormai di vivere con la pace ottenuta una nuova prosperità, ma quello che si stava per abbattere sul mondo intero era niente a confronto. La Garfagnana non fu per niente risparmiata, morti su morti si accumulavano nei cimiteri dei nostri paesini, fu la peggior disgrazia di sempre che si abbatte sulle teste dei nostri nonni, peggio anche del famoso terremoto del 1920. Pensiamo poi, che per la Valle del Serchio questo  fu uno dei periodi più tragici della sua storia: prima il lungo conflitto mondiale che portò via dalle proprie case, mariti, figli e nipoti, poi la sciagura della "spagnola" e finalmente quando sembrava debellata questa nefasta epidemia ecco che arrivò il devastante terremoto del 1920.
Ai primi di febbraio del 1918 l'agenzia di stampa spagnola FABRA aveva trasmesso il seguente comunicato: "Una strana forma di malattia a carattere epidemico è comparsa a Madrid...l'epidemia è a carattere benigno non essendo risultati casi mortali". Con queste poche parole di sottovalutazione fu dato il primo annuncio della più grave forma di pandemia della storia dell'umanità, in effetti dapprima si presentò come una semplice influenza, ma poi nell'agosto del 1918 l'influenza gettò la maschera mostrando il suo vero volto divenendo in poco tempo una vera e propria calamità. Fu chiamata impropriamente "spagnola", ma di spagnolo aveva veramente poco e in realtà questo nome trova il suo perchè nella stampa iberica che fu la prima a parlarne, dal momento che la Spagna essendo neutrale nella
guerra in corso non era sottoposta a regime di censura. Negli altri paesi (compresa la nostra bella Italia), il violento diffondersi della malattia venne tenuto nascosto dagli organi d'informazione che tendevano a parlarne come di un'epidemia circoscritta alla sola Spagna, ma non solo, la censura colpiva anche le lettere inviate ad amici e parenti, la guerra era più importante non bisogna demoralizzare e mettere nel panico ancor di più una popolazione che veniva ormai da quattro anni di guerra, insomma la parola d'ordine era minimizzare, questo era il volere del Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. Quando si cominciò poi a diffondere veramente con tutta la sua virulenza e a colpire senza distinzione di ceto e di razza (fu infettato anche il re di Spagna Alfonso XIII)si cominciò a cercare il suo ceppo, che a quanto sembra fu trovato nelle truppe americane. A Fort Riley nel Kansas infatti 1100 soldati statunitensi furono costretti a letto dalla malattia, soldati del medesimo forte saranno quelli che sbarcheranno in Europa poco tempo dopo. La conseguente mancanza di igiene dovuta dalla guerra, lo spostamento dei militari e la forzata vicinanza degli stessi con le popolazioni locali fece il resto, contribuendo a far crescere a dismisura gli infettati, inoltre il rientro a casa dei militari alla fine della guerra decretò la massima diffusione del contagio. I classici sintomi erano febbre alta e vomito, ma ben presto il corpo reagiva riempiendo i polmoni di sangue, seguiti da sanguinamento dalla bocca, orecchie o dal naso, pelle che diventava
L'ospedale militare di Fort Riley,
da dove forse
partì il contagio
bluastra e morte susseguente che arrivava in un paio di giorni completavano il terribile quadro clinico.

Molti comuni della Garfagnana, nonostante l'imperversare della pandemia inizialmente non riconobbero la gravità della situazione al punto che nei primi casi di decessi come causa di morte veniva scritto "morte improvvisa" o "improvviso morbo". I primi rimedi prescritti dai medici garfagnini si limitavano alla cura dell'igiene personale, alla somministrazione di pastiglie e sciroppi (che forse potevano guarire un raffreddore), ma il tempo e le continue morti aprirono gli occhi a tutta la Valle. Nessuno in verità sapeva come gestire l'emergenza, le prime misure precauzionali prese dai sindaci furono quelle di gigantesche opere di disinfestazione degli
ambienti pubblici e di istituire una specie di coprifuoco per limitare i contagi, per cui furono sconsigliate le visite ai malati, i viaggi da un luogo ad un altro, furono sospesi mercati e fiere, inoltre la sera le osterie anticipavano la chiusura e i teatri non aprivano nemmeno. I sindaci comunicavano con i prefetti dichiarando che si stavano trovando di fronte a qualcosa di spaventoso e sconvolgente e che quello che stava avvenendo "era peggio della guerra". Decine e decine di morti colpivano i paesi garfagnini, a Vagli ad esempio la terribile spagnola fece ricordare al "Corriere della Garfagnana" le "stragi descritte dall'immortale Manzoni": seicento furono gli ammalati e ben 53 i morti. Verso la fine del 1918 era talmente alta la possibilità di essere contagiati che il prefetto di Massa diramò a tutti i comuni di competenza "misure estreme di contenimento e comportamento" al fine di evitare ulteriori diffusioni del virus:
A completamento delle misure profilattiche suggerite da questo ufficio con le precedenti circolari, comunicasi che per maggiormente salvaguardare l’incolumità delle persone ed impedire la diffusione dell’influenza, ha disposto quanto segue:
  1. Da oggi e sino a nuovo avviso sono proibiti tutti i cortei funebri
  2. Tutti i feretri, di qualunque categoria, dovranno essere
    trasportati direttamente dalla casa del defunto al Cimitero e sarà in permanenza un sacerdote per le assoluzioni di rito
  3. Potranno seguire il feretro soltanto un sacerdote e i rappresentanti della famiglia dell’estinto
  4. Tutti i Cimiteri resteranno chiusi al pubblico dal 27 Ottobre corrente all’11 Novembre inclusi, rimanendo così oppresse tutte le funzioni e le onoranze alle tombe, solite a farsi nei primi di Novembre per la commemorazione dei defunti
Venne perfino proibito il suonare delle campane a morto, avrebbero abbattuto lo spirito pubblico, non si trovavano più nemmeno le casse da morto, i falegnami non stavano dietro alla sequela di morti che si era abbattute sulla Garfagnana. Lettere ritrovate e scampate al taglio della censura parlano di morti "trasportati come sacchi di patate " e "seppelliti come cani", addii senza croci, senza fiori e senza gente. Lettere ritrovate negli archivi paventavano addirittura una specie di punizione divina ancora:" Nel paese c'è una malattia che fa paura, ce ne muore di giovani nel fiore della vita. Tanti ammalati che fan paura, pare tutto un castigo di Dio un tempo per meditare e per pregare". Rimase indelebile nei ricordi di una signora quel episodio in cui un prete invitò i propri parrocchiani a pentirsi, perchè questa malattia arrivata sulla Terra era una punizione mandata da Dio per le cattiverie dell'umanità, per tutta risposta alcuni "amabili" parrocchiani lo picchiarono a sangue; ricoverato all'ospedale il parroco chiedeva la precedenza sugli altri ammalati, non accontentato chiamò i carabinieri, il dottore così poi si giustificò di fronte ai militi: -Ditegli che gli toccherà aspettare, adesso dobbiamo curare i malati. Intanto mentre aspetta ditegli che provi a pentirsi lui...-. 
Fra tutti questi dottori si distinse particolarmente Ubaldo Santini che i castelnuovesi insignirono nell'estate del 1919 di una medaglia d'oro e una pergamena per "...l'opera pietosa spiegata durante l'epidemia spagnola..."
E poi nel 1920 silenziosa così come arrivò, altrettanto silenziosamente la "spagnola" tornò via. Il conteggio dei morti e degli ammalati nella Valle del Serchio non fu mai stimato con precisione, visto
Gallicano agli inizi
 del secolo scorso
l'emergenza e il caos regnante, lo possiamo calcolare approssimativamente (dati sulla media nazionale)in qualche centinaio di morti, contando che mediamente in un paese di 600 persone ne morivano 40/50. Ad esorcizzare la paura e il dolore ci provò alla sua maniera il poeta dialettale castelnuovese Pietro Bonini, che in un verso di una sua poesia illuminò chiaramente la situazione di quel tempo:


"...Tanto più che s'un trovin alla lesta 
un velen che distruci tale malore
fortunato sarà chi vivo resta"

E come detto gradualmente l'emergenza cessò, ma per la Garfagnana le sofferenze non finiranno qui... Ad un anno circa dalla fine della tremenda pandemia lo sconvolgente terremoto del settembre 1920 porterà ancora morte e distruzione.


Bibliografia:

  • "Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana fra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi edito Banca dell'identità e della memoria
  • "Il flagello della spagnola" Sanità e grande guerra
  • Testimonianze riportate oralmente

mercoledì 1 novembre 2017

Quando (un simil) Halloween si celebrava anche in Garfagnana. Analogie fra la ricorrenza americana e le antiche tradizioni garfagnine

Alla fine dei conti la colpa è un po' anche nostra se adesso ce la
ritroviamo fra i piedi. Per nostra intendo di noi europei e se si vuole scendere nel particolare anche di noi garfagnini. La tanta vituperata ricorrenza di Halloween che crediamo tipicamente americana, tipicamente americana non lo è, gli americani hanno avuto semplicemente il "merito" di perpetuare nel tempo un'usanza e una tradizione di chiara origine europea, questa infatti era una ricorrenza che i primi emigranti europei si erano portati dietro dal vecchio al nuovo continente, d'altronde questa festa da noi nei secoli ha perso del suo significato pagano e macabro ed è andata presto nel dimenticatoio, assumendo poi un carattere prettamente religioso, in compenso si è sviluppata negli Stati Uniti attraverso un merchadesign e una pubblicità impressionante. Le sue origini sono da ricercarsi nell'Europa precristiana e nelle tradizioni celtiche. Nelle isole britanniche il 31 ottobre segnava la fine dell'estate e tale ricorrenza era chiamata "Samhain", il nome viene dal gaelico e indica precisamente la conclusione della stagione dei raccolti e l'inizio dell'inverno, una stagione dura dove le tenebre prendono il posto della luce ed è proprio in quella notte di passaggio fra due mondi e due modi di vivere che le anime dei morti tornano a vagare sulla terra. Per trovare ancora similitudini e analogie con Halloween non occorre scomodare nemmeno i rudi e rozzi celti se è vero come è vero che la potente e progredita Roma festeggiava i "Parentalia", una tradizione che si celebrava ogni anno in onore dei
Mosaico sulla morte dell'antica Roma
propri defunti. La differenza stava nella data di celebrazione, che cadeva fra le idi di febbraio (il giorno 13) e il 21 febbraio, giorno vero e proprio in cui si omaggiavano pubblicamente i morti (Feralia), in quel giorno c'era l'usanza di "portare" doni ai morti perchè si credeva che in quel periodo le anime dei defunti potessero girare liberamente insieme ai vivi. I doni che venivano portati alle tombe dei propri cari erano diversi: ghirlande di fiori, spighe di grano, un pizzico di sale e pane imbevuto nel vino e viole, semplici offerte forse introdotte da Enea che aveva versato vino e viole sulla tomba del padre Anchise. Erano guai seri se però ci si dimenticava di onorare i defunti; Ovidio narra che una volta quando i romani erano impegnati in una guerra si dimenticarono di questa consuetudine, i morti allora uscirono dalle tombe girovagando per le strade rabbiosamente. Insomma, tutti questi riti sparsi per l'Europa assumevano ovunque il medesimo significato che era quello di accogliere, confortare e placare le anime degli avi defunti, un modo quindi per esorcizzare la paura dell'ignoto e della morte. Figuriamoci che la ricorrenza era talmente radicata fra la gente che Santa Romana Chiesa la volle fare sua, plasmando e modificando tale aberrante significato pagano. Innanzitutto questa costumanza fu spostata di un giorno (il 2 novembre), poichè questa data faceva  riferimento all'evento biblico del diluvio universale, con particolare riferimento a quell'episodio in cui Noè costruì l'arca, che secondo il racconto cadde nel "diciassettesimo giorno del secondo mese" e che corrisponderebbe proprio all'attuale novembre. La Chiesa con ciò volle quindi dare onore a tutte quelle persone che Dio stesso aveva condannato alla morte al fine di scongiurare la paura di nuovi eventi simili. Nell'835 per sradicare ogni culto pagano residuo Papa Gregorio II spostò la festa di "Ognissanti" dal 13 maggio al 1 novembre e nel 998 Padre Odilo, abate di Cluny istituì ufficialmente nel calendario cristiano il 2 novembre come data per commemorare i defunti. Ma la Garfagnana in tutto questo che c'entra? Certo che c'entra, anche noi abbiamo dato il nostro contributo a

diffondere queste credenze che nascevano proprio dai quei lontani tempi. Con il passare dei secoli abbiamo amalgamato questo credo in una sorta di leggenda mista a religione che è arrivata fino ai giorni nostri. Testimonianze raccolte ricordano ancora che i morti tornavano silenziosi, rientravano nelle loro case, mangiavano e bevevano e tornavano a dormire nel loro letto, si cibavano sopratutto di mondine (n.d.r: caldarroste), che erano difatti uno dei loro cibi preferiti, le donne garfagnine così le lasciavano pronte per loro sul tavolo da cucina. La castagna si legava a filo doppio con la tradizione dei morti e così ricorre spesso nelle testimonianze orali di quel giorno in cui si rammentava che nelle aie garfagnine si festeggiava e si ballava intorno ad un grande fuoco dove venivano preparate scoppiettanti mondine e tradizione voleva che i partecipanti dovevano tingersi la faccia con il nero della castagne bruciate, tale "travestimento" già nel medioevo era in uso e era credenza che fosse utile per confondersi con le anime dei morti che il giorno dopo sarebbero tornate sulla terra e quel giorno in effetti cominciava molto presto. La messa per la commemorazione dei defunti solitamente veniva celebrata alle 4 della mattina, orario giustificato dal momento che con la luce del sole sarebbero cominciati i lavori nei campi e la raccolta della castagne. I bambini naturalmente erano i primi ad impressionarsi e alzarsi a quel ora  non era affatto facile, allora servivano delle "spintarelle" e un bambino di Sermezzana (Minucciano) di quell'epoca ricorda che i genitori dicevano di buttarsi giù dal letto il prima
possibile, sennò da li a poco sarebbero venuti i morti a tirarlo per i piedi, poi sarebbe toccato ai defunti dormire e riposarsi nuovamente nel proprio letto che avevano abbandonato in vita. Altre leggende e storie di paura garfagnine degne del miglior Stephen King fanno da corollario per il 2 novembre, un episodio forse accaduto a Nicciano (Piazza al Serchio) racconta che dopo la messa dedicata ai morti la gente riprendeva le sue opere e in quel periodo ancora si raccoglievano le castagne e nel tempo che serviva per dire la messa e la raccolta delle castagne stesse non si poteva assolutamente rientrare a casa, perchè era lì, nelle proprie case che i morti venuti dall'aldilà tornavano. Un uomo curioso volle sfidare la sorte per vedere se era vero che i defunti tornassero in vita per tornare nelle loro dimore, decise così di preparare delle mondine e di metterne un piatto sul tavolo, dopodichè si nascose, ad un tratto comparve nella cucina una fitta nebbia, una volta svanita il piatto con le mondine era vuoto... Un'altra testimonianza viene dalle Verrucolette(Minucciano): “Nel giorno dei morti alla mattina io mi alzavo alle 5, chiudevo la finestra, bella ‘stricca’ (stretta) e poi dopo m'alzavo e lasciavo il posto; dicevan così i nostri vecchi,bisognava che i morti tornassero nel loro letto. Allora io alle 5 della mattina m'alzavo, venivo giù in casa, stavo laggiù a fare le mie faccende e con le finestre sempre chiuse per far dormire questi morti. Io ci credevo perchè facevano così il mio babbo, la
mia mamma e i miei nonni mi raccontavano così. Poi ci si preparava, s'andava alla messa,  pigliavo un po’ di fiori nell'orto, li portavamo lassù alla chiesa. Dopo quando il prete aveva detto la messa, la funzione dei morti, la benedizione e tutto, si ritornava a casa. Si veniva a casa a piedi e s'andava tutti insieme, si facevano le mondine, si cantava e si stava lì. Avevamo paura. Avevamo paura perchè c'erano questi morti, allora un po’ si pregava e un po’ si cantava e si stava tutti insieme e così si passava la giornata. Alla sera quando si tornava a letto si aveva un po’ di timore perché i morti erano stati li e non si voleva andare, così si stava in cucina e dopo, a una cert'ora, quando non ci si faceva più s'andava a dormire. Io andavo a letto con la mia mamma e col mio babbo perché avevo paura che questi morti mi venissero addosso”. Fra tutte queste testimonianze ci sono alcune in cui traspare anche affetto e tenerezza, come l'episodio di quella moglie che tutti i 2 di novembre apparecchiava la tavola con la tovaglia bianca e preparava il cibo preferito da suo marito morto: maccheroni, pane, formaggio e vino. 
A tagliare la testa al toro sul fatto delle affinità e delle somiglianza fra Halloween e le tradizioni locali basterebbe leggere una vecchia e ormai sparita usanza garfagnina chiamata "ben dei morti" che si svolgeva non nel giorno dedicato ai cari estinti, ma bensì nella notte fra l'ultimo giorno dell'anno e il primo, le ultime testimonianze risalgono ormai a cavallo fra le due guerre mondiali, quando i bambini andavano di casa in casa a chiedere generi alimentari di ogni tipo: arance, noci, biscotti, castagne secche, a queste donazioni i bambini promettevano di pregare per l'anima dei defunti del gentile benefattore. 

I tempi passano e certe superstizioni e leggende sono belle da ricordare, ognuno è libero di fare e credere ciò che vuole, ma  rimane il fatto che l'unico posto dove rimarranno sempre vivi i nostri cari sarà nel profondo del nostro cuore.


Bibliografia:

  • Umberto Bertolini http://museoimmaginario.net
  • "Usanze, credenze, feste  riti  e folklore in Garfagnana" di Lorenza Rossi, edito Banca dell'identità e della memoria, anno 2004

mercoledì 25 ottobre 2017

"W la Garfagnana, W il re". Quello che accadde prima, durante e dopo le elezioni di quel fatidico 2 giugno 1946

Che brutta "bestia"! Molti dicono che è un male necessario, altri
La scheda elettorale del 1946
dicono che senza si potrebbe vivere meglio, alcuni la dividono in due categorie: in quelli che la fanno e in quelli che ne approfittano. Personalmente mi piacque molto la definizione che ne dette Ronald Reagan, il 40o presidente degli Stati Uniti d'America, che così disse:- La politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomigli molto alla prima-. Già, la politica, un argomento delicato, difficile da affrontare e pericoloso da trattare, ma prendiamone atto e approfondiamo la questione, d'altronde con la politica ci si vive tutti i giorni e poi i fatti  narrati risalgono a una Garfagnana di settantuno anni fa e alle elezioni, referendum compreso, più importanti della nostra Italia repubblicana. Si, infatti correva l'anno 1946, l'Italia era uscita da oltre vent'anni di dittatura e finalmente si poteva esprimere liberamente al voto. La Garfagnana (o meglio buona parte di essa) affrontò le votazioni prima di tutti con le elezioni amministrative del 10 marzo 1946, i comuni di Careggine, Castelnuovo, Castiglione, Gallicano, Giuncugnano, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, Sillano, Trassilico, Vergemoli e Villa Collemandina scelsero il loro primo sindaco post-guerra e finalmente, cosa da non dimenticare, per la
Per la prima volta le donne al voto
prima volta le donne garfagnine andarono a votare (leggi un mio articolo sull'evento: http://paolomarzi.blogspot.it/la-prima-volta-al-voto-delle-donne.html). Arrivò poi lo storico 2 giugno 1946 e le elezioni politiche che determinarono l'Assemblea Costituente a cui sarebbe stato dato il mandato di redigere la nostra Costituzione, in contemporanea attraverso un referendum si doveva scegliere fra la Monarchia o la Repubblica. I risultati di ciò nella nostra valle da un certo punto di vista furono clamorosi, ma analizzando bene furono in tendenza con quello che era la nostra tradizione, la nostra cultura e il nostro modo di vivere. Certo, quello che si sarebbe presentato davanti alla nuova dirigenza politica locale e nazionale non era un compito sicuramente facile, anzi, la guerra aveva distrutto le case e il morale delle persone, e c'era da ricominciare proprio da lì, a dare nuove speranze, ad aver nuovamente fiducia nella vita e nella politica, ma in Garfagnana il quadro della situazione prima di quelle elezioni non era certo idilliaco: morti da piangere, odi personali e tra fazioni che impiegheranno anni per sopirsi, processi da celebrarsi per le violenze subite, ponti, strade e ferrovia da ricostruire, bombe e mine da rimuovere. La situazione nelle valle
Castelnuovo Garfagnana bombardata
era talmente grave che furono istituiti comitati "Pro Garfagnana" per la raccolta di fondi a sostegno della ricostruzione, ma già nel settembre 1945 a soli cinque mesi dalla fine della guerra e nello stile della più classica delle  storielle all'italiana ci si domandava dove fossero finiti quei soldi. Da un punto di vista occupazionale forse la situazione era anche peggiore, nel gennaio 1946 i reduci di guerra e i disoccupati minacciavano l'occupazione della "Metallurgica" di Fornaci di Barga se entro breve tempo non fossero stati riassunti a pieno titolo, dall'altro canto l'azienda invece continuava a licenziare costretta a riconvertire la sua produzione da bellica in civile, la "Valserchio" (n.d.r:fabbrica tessile) a Castelnuovo dava lavoro a trecento
La "Valserchio" bombardata
operai, adesso era completamente distrutta, l'estrazione del marmo fonte di reddito vitale per l'Alta Garfagnana versava ormai da anni in una profonda crisi, ma non solo, i disoccupati di Molazzana passarono alle vie di fatto occupando il comune e accusando gli amministratori di scarso impegno nei loro confronti. Di  fronte a tutto questo c'erano gli "sciacalli" che approfittando della crisi occupazionale vendevano merce di prima necessita al mercato nero a prezzi altissimi, la grave recessione sfociò in una grande manifestazione di piazza dove si chiedeva che i salari fossero adeguati ai prezzi esorbitanti. Anche l'ordine pubblico non si riusciva a domare, molti garfagnini nonostante la fine della guerra nelle loro cantine conservavano armi degli eserciti in ritirata, praticamente la Garfagnana era ancora un arsenale a cielo aperto. Il colonnello americano Hamilton (commissario provinciale alleato)emise diversi bandi in cui ordinava di consegnare le armi e di cessare anche gli atti di violenza, vendette politiche trasversali si stavano infatti consumando in tutta la valle e per di più in tutto questo caos generale trovò terreno fertile anche la delinquenza comune che rapinava i denari a persone comuni (ma sopratutto ai commercianti). Malgrado tutto, un barlume di speranza affiorava e le buone notizie cominciarono ad arrivare, il governo centrale esentò per due anni la Garfagnana dal pagamento delle tasse, la voglia di vivere cominciava a fare capolino e le richieste per aprire sale da ballo furono numerose, riaprirono anche i cinema, le fiere paesane(seppur a ritmo ridotto)ripresero vita, rinasceva così anche l'associazionismo: le Misericordie, i circoli culturali, le pro loco
Gallicano: macerie sullo sfondo,
 ma la vita riprende
e rinacquero anche i partiti, vecchi e nuovi e la vita politica riprese forza e vigore. A Castelnuovo nel settembre '45 si tenne il primo congresso locale del Partito Comunista, idem a San Romano dove la sezione contava già più di cento iscritti, altri partiti come il Partito d'Azione, il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana cominciavano ad "affilare le armi" per la tornata elettorale che sarebbe avvenuta di lì a poco tempo. Ci furono così i primi comizi politici nella valle, personalità che sarebbero diventate di spicco nel panorama nazionale visitarono la Garfagnana, su tutti il futuro Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (democristiano). Insomma, questa era la situazione generale della Garfagnana, questi erano i gravi problemi che dovevano risolvere i nuovi amministratori e in quel 10 marzo 1946 i primi risultati delle prime elezioni (amministrative) libere parlavano già chiaro:

(***i numeri sotto riportati fanno riferimento ai seggi conquistati)

                      Iscritti    % voto    D.C    Blocco Sinistre    Indip    Indi

Careggine:      945          76          /                  /                   12            3

Castelnuovo   3998         65        16                4                    /              /

Castiglione     2135         59        16                4                     /              /

Gallicano        2908         78        16                4                     /              /    

Giuncugnano                                4                                       4             3

Piazza. S         1787         70       12                3                     /              /

Pieve Fosc.                                   3                12                   /              /

Sillano                                           6                  /                    9             /

Trassilico       1152          89           /                  /                   12            3

Vergemoli       948           81           3                 /                   12             /

Villa Coll.       1293          75          12                3                    /              /


La Democrazia Cristiana mise così il suo suggello nella Valle del Serchio, un suggello che durerà per quasi mezzo secolo, ed effettivamente analizzando quello
storico voto vediamo che i comuni dei centri più importanti della Garfagnana erano in mano al partito scudo-crociato: Castelnuovo, Gallicano, Castiglione e Piazza al Serchio. Il blocco delle sinistre si affermava in un solo comune: Pieve Fosciana, probabilmente quell'antico nucleo locale comunista, stroncato violentemente dalla forze nazi-fasciste non era morto, anzi nel tempo aveva continuato a vivere in clandestinità facendo proseliti fra gli abitanti del posto. Il dato più interessante viene dai cosiddetti Indipendenti, dei populisti ante-litteram che avevano una visione della politica molto vicina alle idee delle persone, infatti non avevano fiducia nei partiti e nella politica in generale, il loro pensiero sostanzialmente diceva che un comune per essere ben amministrato non occorre che sia comunista, socialista, repubblicano o cattolico, un buon comune ha bisogno di buoni amministratori, tutti quegli amministratori che sono legati ad una idea politica sono di parte e non farebbero il bene della gente. Queste idee portarono gli Indipendenti a conquistare ben cinque comuni (così come la D.C): Careggine, Giuncugnano, Trassilico, Vergemoli e Sillano, proprio in quei comuni dove la lotta partigiana era di casa, questo lascia pensare che nonostante tutto quelle lotte e quelle idee partigiane  non siano state comprese dalla gente, oppure questa riluttanza era dovuta a una mentalità conservatrice tipica della Garfagnana dell'epoca.
La riconferma di questa mentalità si riebbe clamorosamente due mesi più tardi quando ci furono le elezioni per la Costituente e il referendum Monarchia o Repubblica. I dati sul referendum sono impressionanti:     
                   REPUBBLICA     MONARCHIA
                  
                                             
Camporgiano           40,8          59,2
Careggine             29,7          71,3
Castelnuovo           46,6          53,4
Castiglione           24,1          75,9
Fosciandora           13,7          84,3
Gallicano             53,5          46,5
Giuncugnano           19,5          81,5
Minucciano            37,0          63,0
Molazzana             28,4          71,6
Piazza al Serchio     45,9          54,1
San Romano            48,0          52,0
Pieve Fosciana        48,1          51,9
Sillano               46,9          53,1
Vagli                 48,3          51,7
Vergemoli             31,3          68,7
Villa Collemandina    20,4          79,6

(*i numeri sono espressi in percentuale: Garfagnana monarchica con il totale del 61,5%)

La Garfagnana al grido di "W il re" risultava irremovibilmente
monarchica, un solo comune, Gallicano, era repubblicano, ma il resto della comunità confermava Umberto II Re d'Italia. Fanno sensazione i numeri di comuni come Fosciandora che con l'84,3% dei voti si affermava come il comune più monarchico della Garfagnana a ruota seguivano con percentuali altissime Giuncugnano, Villa Collemandina, Vergemoli, Castiglione e Careggine. La provincia di Lucca risultava invece repubblicana con il 57,7%, così come il resto d'Italia con il 54%. I dati garfagnini facevano profondamente riflettere, in sintesi premiavano quella monarchia che aveva consegnato il potere a Mussolini e che aveva portato alla guerra civile. D'un tratto la guerra vissuta sulla propria pelle, le lotte partigiane, i lutti e le macerie sembravano che non avessero sortito nessun effetto sulla loro coscienza, prevaleva quindi  l'indole conservatrice, la nostra paura atavica della novità e il timore di lasciare la strada vecchia per quella nuova. Questo conservatorismo si riflesse anche sull'elezione dell'assemblea Costituente, le radici fortemente cattoliche della Valle del Serchio e l'influenza dei preti sulle persone premiarono la Democrazia Cristiana con percentuali totali addirittura più alte che di quelle referendarie pro monarchia; con il 66% dei voti la D.C surclassava tutti gli altri partiti che si dovettero accontentare delle briciole, P.C.I e P.S.I ottennero insieme il 24%. Dopo cinquant'anni la Garfagnana aveva però un suo rappresentante parlamentare,l'onorevole Loris Biagioni(D.C). Quello che accadde dopo queste votazioni fa parte di tutto quel bagaglio politico tipicamente italico che ormai conosciamo tutti bene. Coloro che durante la guerra avevano compromesso fortemente il loro passato, senza vergogna alcuna fecero ben presto a salire sul carro del vincitore, emblematico fu quell'episodio che riportò al tempo  sulle proprie pagine "La Gazzetta del Serchio" e che accadde al già citato colonnello Hamilton, quando in
Il re Umberto II lascia
l'Italia dopo i risultati
del referendum
una delle sue visite in Garfagnana si fermò a Camporgiano, tutte le autorità comunali accolsero l'importante ospite, fra queste autorità: "...c'era un fascistone conosciuto in tutta la provincia per le altissime cariche ricoperte nell'ex partito nazionale fascista, tra cui marcia su Roma, fascia littorio, membro federale, fondatore dei fasci in Garfagnana. Ecco, allora vorremmo sapere chi sono i componenti di questo comune per non conoscere l'attività deleteria del dottor XYZ, svolta in venti anni di regime fascista. Forse questi signori vivono in un altro mondo? Conoscevano per fama la sfacciataggine di questo gerarca, ma non fino a questo punto...". Di questo clima se ne accorsero di più e meglio coloro che tornarono dai campi di prigionia e che avevano subito angherie inverosimili da questi aguzzini, il loro sbigottimento era totale: "Le cose continuavano come prima, chi aveva collaborato con il nemico continuava imperterrito nel proprio lavoro avendo cambiato solo casacca" .

Così la Garfagnana e l'Italia entravano nell'era repubblicana.


Bibliografia


  • "Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana fra le due guerre mondiali" di Oscar Guidi. Banca dell'identità e della memoria . Anno 2004