venerdì 29 agosto 2014

Il porto millenario più rinomato di tutta la Garfagnana....si avete capito bene...il porto...

La Garfagnana e il suo porto...Come direte voi il suo porto !? Si avete capito bene, il suo porto.Non mi mi sono bevuto il
Il traghetto a Ponte all'Ania
cervello,certamente la Garfagnana non è famosa per le spiagge e per arrivare al mare ci vuole almeno un oretta, e allora cosa si vuole intendere? Ebbene,spieghiamoci.E' dall' anno mille che si hanno le prime notizie di traghetti (
non immaginiamoci naturalmente i traghetti della Moby Lines per andare in Sardegna o all'Elba, ma delle semplici barche o chiatte di legno) atti all'attraversamento del Serchio (la cui rotta lineare era tenuta  da due corde legate a dei pali posti sulle due sponde)  e sono stati addirittura in uso fino  al secolo scorso (1920 circa) e servivano appunto per far attraversare da una sponda all'altra persone,cose ed animali.I ponti sul Serchio erano ancora una lontanissima chimera, non esisteva il ponte di Gallicano, ne quello di Campia, ne a Castelnuovo e così via e poi tanto per farci un idea non pensiamo alla portata d'acqua attuale del fiume, ma pensiamo ad una portata ben maggiore,l'acqua toccava le due rive tranquillamente e la sua profondità era superiore a quella di adesso,naturalmente a monte non c'erano le dighe e quindi il Serchio era un unico ininterrotto fiume. Lungo le sue rive  quindi c'erano questi "porti" o degli imbarcadero tanto per intendersi in piena regola,con il suo molo per far scendere e salire le persone e le cose sulle imbarcazioni.Fra i più conosciuti c'erano quello di Ponte all'Ania e di Borgo a Mozzano, ma il più rinomato e strategicamente importante era quello di Gallicano, e dove si trovava secondo voi? Non si poteva trovare in altro posto se non in quella località che oggi è conosciuta come"La Barca" (come detto nei post in precedenza i nomi non nascono mai a caso).Il suo servizio di traghetto ha una storia millenaria, era in funzione infatti già dal Medioevo e questo porto acquistò importanza con il passar dei secoli perchè si trovò ad essere il porto di collegamento per  tre stati.Era di fatto sulla congiunzione dello stato di Lucca (Gallicano) Modena (Castelnuovo) e Firenze (Barga) sull'altra sponda.Frequente era lo scambio di merci, tanto da formarvisi un grosso giro di affari.Per i commercianti dei tre stati era il porto di eccellenza. Ho tratto dal sito Bargarchivio questo particolare di questa bellissima mappa (in fotografia qui sotto) del XV secolo (una mappa da consultare con curiosità,possiamo vedere il torrente Corsonna che si butta nel Serchio, o l'antica fabbrica di remi in località Arsenale)che evidenzia (cerchiato in rosso) il traghetto in questione situato in località "La Barca" dove appunto faceva sede la cosiddetta "Barca di stato di Lucca", il servizio chiaramente non era 

gratuito, in quel tempo il ricavato andava allo stato (tanto per cambiare), con il tempo il servizio passò poi ai privati.Il personaggio principale di questo servizio era sicuramente il traghettatore e per chiudere questo è quello che si raccontava di lui...Uno degli ultimi traghettatori garfagnini

Com'è oggi la località "La Barca"
"Il traghettatore aveva con se un vecchio cane e nella sua baracca in riva al Serchio aveva un piccolo orto con malandate verdure.L'estate la baracca si riempiva d'insetti per colpa del fiume, ma il traghettatore non si poteva allontanare, era agosto arrivavano i forestieri...Andava e veniva da sponda a sponda,le sue braccia mi parean dure come il legno dei suoi remi...Nell'attesa dei clienti il traghettatore pescava e fumava e poi fumava e pescava."

martedì 26 agosto 2014

Com'era la Garfagnana di duemila anni fa? Così descrive gli uomini e l'ambiente Diodoro Siculo storico greco...

La selvaggia Garfagnana
Ma com'era la nostra Garfagnana millenni fa? Ve la immaginate come poteva essere la nostra verde terra? Sconfinata, niente strade, macchine e rumore...e le nostre montagne invece? Vette quasi inviolate,selvagge, piene di animali di ogni specie. A me piacerebbe fare un salto indietro nel tempo e vedere come sarebbe stata la vita e l'ambiente nelle varie epoche. Una mano in questo senso ce la possono dare però le antiche memorie scritte e per descrivere la Garfagnana di duemila anni fa sono riuscito a trovare notizie sull'opera monumentale  di Diodoro Siculo storico greco che visse tra l'80 e il 20 a.C che scrisse appunto quest'opera chiamata "Biblioteca Historica", fatta di quaranta libri, restanti però a noi solamente cinque. Bene, quindi facendo dei voli con l'immaginazione possiamo tornare a quando le nostre terre erano abitate dagli antichi "garfagnini" gli Apuani. Pensate che erano divisi in ben trenta tribù (proprio in tribù come gli indiani d'America) tutti facevano "ceppo" dai Liguri che poi (ad esempio) si dividevano in Tigulli (sulla riviera di Levante) o anche in Friniati (quelli insediati fra Modena e Reggio) fino ad arrivare agli Apuani "nostri discendenti" abitanti nel bacino del Magra e nelle Apuane settentrionali.Nella loro descrizione caratteriale possiamo ritrovare curiosamente alcuni aspetti che si possono benissimo accostare al garfagnino d'oggi infatti Tito Livio (storico romano) le descrive come dal carattere ostinato, burbero e battagliero, armati di spade con foderi i cui motivi riconducevano al mondo celtico e in più erano anche forniti di una strana arma, (considerata la loro arma per eccellenza) una specie di roncola ricurva (così viene descritta) che da studi fatti viene ricondotta a quello che oggi si chiama "pennato" che viene usato in tutta la Garfagnana per fare legna.Ma tornando al nocciolo sentite allora come descrive uomini, donne e ambiente in una Garfagnana di duemila anni fa Diodoro Siculo.Chiudendo gli occhi e con un po' di fantasia sembra di esserci dentro:
 "Costoro abitano una terra sassosa e del tutto sterile e trascorrono un’esistenza faticosa ed infelice per gli sforzi e le vessazioni sostenute nel lavoro. E dal momento che la terra è coperta di alberi, alcuni di costoro per l’intera giornata abbattono gli alberi, forniti di scuri affilate e pesanti, altri, avendo avuto l’incarico di lavorare la terra, non fanno altro che
Guerriero Apuano III A.c
estrarre pietre… A causa del continuo lavoro fisico e della scarsezza di cibo, si mantengono nel corpo forti e vigorosi. In queste fatiche hanno le donne come aiuto, abituate a lavorare nel medesimo modo degli uomini. Vivendo di conseguenza sulle montagne coperte di neve ed essendo soliti affrontare dislivelli incredibili sono forti e muscolosi nei corpi… Trascorrono la notte nei campi, raramente in qualche semplice podere o capanna, più spesso in cavità della roccia o in caverne naturali… Generalmente le donne di questi luoghi sono forti come gli uomini e questi come le belve… Essi sono coraggiosi e nobili non solo in guerra, ma anche in quelle condizioni della vita non scevre di pericolo” Diodoro Siculo IV, 20,1,2.
 

Per concludere, come si può vedere ci accomunano ancora dopo duemila anni parecchie cose con i nostri antenati...Si vede che buon sangue non mente...

venerdì 22 agosto 2014

L'attentato alla Rocca di Castelnuovo: 20 agosto 1944.La cronaca della più spettacolare operazione militare avvenuta in Garfagnana

Non è un film
La Rocca Ariostesca nel 1935
sulla facciata
campeggia un classico motto fascista
di guerra,non è un romanzo storico, ne tanto meno un ipotetica fantasiosa avventura di quelle che si raccontano al focolare d'inverno dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo,ma è la pura verità...Si tratta di una delle più spettacolari ed eclatanti (anche se nella guerra non c'è niente di spettacolare) operazioni militari fatte nella seconda guerra mondiale in Garfagnana meglio conosciuta come "l'attentato alla Rocca".Sembra la trama di un film data l'evoluzione della vicenda che andrò a raccontare.Si dice addirittura che tale operazione fu presa d'ispirazione nella realtà per quello che accadde esattamente un mese prima (20 luglio 1944), l'attentato fatto ad Hitler dagli oppositori del regime nazista quando nella cosiddetta "Operazione Valchiria"(resa celebre poi da un film con Tom Cruise) nel quartier generale di Rastenberg esplose un ordigno posto sotto un tavolo nella sala riunioni.Una fiammata inghiottì il Fuhrer ma la lui rimasse presso che illeso.Il conseguente fallimento dell'attentato portò all'arresto di più di quattromila persone molte delle quali poi uccise.Ebbene con le dovute proporzioni successe una cosa molto simile anche in Garfagnana o meglio a Castelnuovo Garfagnana.Era esattamente il 20 agosto del 1944 (qualche giorno fa ricorrevano i 70 anni esatti) quando i partigiani del battaglione Casino (un nome singolare ma non casuale...) misero in atto una azione clamorosa: un attentato nella sala del consiglio del Comune di Castelnuovo nella bella rocca ariostesca. Una squadra della brigata nera "Mussolini" era stanziata a Castelnuovo. La comandava Turri Silla, che aveva anche assunto le funzioni di Commissario
"Operazione Valchiria" da qui Hitler
uscì miracolosamente illeso
Prefettizio. Quella mattina il Turri con alcuni collaboratori si trovava nella sala del consiglio del comune quando una forte esplosione sconvolse la sala. Proprio sotto la pedana sulla quale stava il tavolo del podestà era stata collocata una bomba a tempo da due partigiani di Castelnuovo che pare avessero avuto la complicità della nipote del custode, Luciana Bertolini, che aveva fornito la chiave della sala. L'obiettivo era il Turri Silla, personaggio di spicco del fascismo garfagnino.Egli, però, in quel momento non si trovava seduto al tavolo sulla pedana e si salvò. Rimase, però, ferito insieme ad altri tre.Morì, invece, un sergente di nome Battaglini Giovanni detto "Torello". La reazioni dei fascisti non si fece attendere e nei giorni successivi vennero arrestate diverse persone su ordine di Idreno Utimperghe (comandante della Brigata Mussolini di Lucca, deceduto poi in Piazzale Loreto insieme al Duce) che vengono poi tradotte nel carcere di San Giorgio a Lucca per essere fucilate...ma il bello doveva ancora venire.Detto fatto il pomeriggio del 24 agosto i componenti del famigerato battaglione Casino decidono di intervenire. Verso sera Mario Bonacchi comandate della formazione operativa (oggi si direbbe commando...) si traveste da brigata nera e, con un mitra in mano e un falso documento di
La brigata nera "Mussolini"
scarcerazione, entra in carcere e sotto gli occhi dei tedeschi beffardamente e astutamente ne esce con i tre condannati: Giorgio Gori,Gina Gualtierotti e Luciana Bertolini.La cosa naturalmente non fu presa bene da vertici nazi fascisti, la paura di rappresaglie fu tanta e giustificata, ma niente successe,forse si tentava ancora di evitare che lo scontro diventasse troppo feroce e si voleva garantire un certo rispetto della legalità. Che dire allora?...Pensare che bello se ci facessero un film.... 


mercoledì 20 agosto 2014

Le tradizioni (irriverenti) di una volta "La scampanata"...e lo sparatoria del 1833 a Stazzana...

Un matrimonio di una volta
Tempo fa ero ad un matrimonio e parlando del più e del meno con il mio amico Gino esperto di tradizioni garfagnine è venuta fuori una vecchia usanza specialmente adottata nell'alta Garfagnana riguardante appunto i matrimoni in tarda età fra vedovi.Non conoscendo sinceramente tale usanza mi sono armato di carta e penna e man mamo che Gino raccontava prendevo appunti e adesso eccomi qua ad elaborare con altre notizie rinvenute qua e la  questi appunti insieme a voi pronto a riproporvi questa tradizione meglio conosciuta come...

"La scampanata"

Per far capire bene cos'è questa scampanata voglio iniziare con due versi in dialetto della poesia di Pietro Bonini intitolata appunto "La scampanata"

Nun si sa se sia allegria
o una grande villanata
quando un vedovo pia moje
che j fan la scampanata

perchè batte c'un martello
sulle teje e su lattoni 
altr'effetto nun nisce
che rottura di cojoni

Come si comprende da questi pochi versi, quando un vedovo o una vedova, abbastanza anziani si risposavano un gruppo di scapestrati "musicisti" improvvisava sotto le loro abitazioni un concerto infernale picchiando con forza qualsiasi oggetto di metallo esistente come pentole, tegami, pezzi di latta e ferro l'importante è che riproducesse un suono il più sgradevole possibile.Naturalmente tutto questo gran casino aveva il suo scopo:infastidire gli "sposini" che per far ritornare la situazione alla normalità erano costretti ad invitare  "i musici"  ad una solenne "sbicchierata".Se però gli sposi manifestavano rabbia e dissenso allora era la fine,il fracasso e il frastuono sarebbe continuato il giorno dopo e il giorno dopo ancora fin che gli sposi non cedevano agli scampanatori e li invitavano a mangiare fichi secchi, noci e a bere qualche "bicchierottto".Il tutto nasceva naturalmente in modo scherzoso e nonostante le

ricerche non si sa l'esatta origine della tradizione.Sappiamo però che spesso e volentieri gli scherzi finiscono in pianti e anche in questo caso nel 1828 le autorità proibivano in maniera netta e decisa tale usanza perchè come riferisce l'incaricato della polizia locale al governatore della Garfagnana "Tali scampanate sono sconvenienti e fomentative di amarezza e disordini.Per sopprimere si riprovevole costumanza è assolutamente vietato tale scampanata punibile con un mese di carcere, tale pena è da commutarsi sia a chi tale scampanata la esegua,la ordini o anche a chi vi dia solamente assenso...". Ma le tradizioni sono difficili da estirpare è la cosa andava avanti in barba alla legge e anche sinceramente anche la stessa polizia chiudeva un occhio.Anche se la cronaca del 1833 riporta addirittura di uno scontro a fuoco a Stazzana dove si dice che dopo una settimana di scampanate "usando battimento di ferri e il suono di un corno" la sposa, tale Rosa di fu Francesco Lenzi affrontò il capo scampanatore tale Antonio Cecchini avendone la peggio perchè percossa e non contento il Cecchini gli esplose contro  colpi di arma da fuoco (senza conseguenze) e gli scagliò perfino le pietre "alla Rosa e alla di lei sorella Giovanna
La Croce di Stazzana
"
.Venne fuori poi da indagini fatte in seguito che la Rosa e il Cecchini erano in precedenza fidanzati e che tutto questo alterco era nato dalla pura gelosia di entrambi.Il Cecchini non fu punito come si meritava se la cavò pagando tre lire di multa si disse che non lo si poteva imprigionare perchè facente parte dell'amministrazione comunale e quindi condannandolo avrebbe screditato tutto il consiglio...Le scampanate continuarono in tutta la Garfagnana ben dopo l'ultimo conflitto mondiale, ma poi lo sviluppo sociale e culturale cominciato negli anni '50 del '900 ha spazzato ogni traccia di questa irriverente tradizione.

lunedì 18 agosto 2014

La lunga estate di guerra del 1944 in Garfagnana nei versi di Silvano Valiensi

La 92a divisione america Buffalo in azione in Garfagnana

Era un estate come questa, ma nella sostanza molto diversa.Non c'erano sagre paesane, non c'erano i ritrovi nelle piazze di paese per discutere con gli amici...non c'era tempo per divertirsi, bisogna sopravvivere. Era l'estate del 1944 in Garfagnana,era tempo di guerra. Nell'estate del 1944 (29 giugno) cominciarono i primi bombardamenti, che diventarono ininterrotti quando il fronte si attestò un po' a nord di Barga e Gallicano. Vennero colpiti e quasi completamente distrutti i paesi lungo le vie rotabili o nelle loro vicinanze.La gente si rifugiava nelle selve e nelle capanne, vivendo nei "metati".La paura e la morte era padrona della Garfagnana,ma nello stesso tempo cresceva anche la speranza,i tedeschi ormai erano in rotta su tutti fronti,era questione di tempo ormai e sarebbe finito tutto.Terrore,delusione, tristezza, speranza erano queste le sensazioni che si respiravano in quella tremenda estate che segnerà in maniera indelebile la nostra terra e a me piace ricordarla  in questa bellissima poesia  che rende bene l'idea di quello che fu quell'estate. La poesia è di di Silvano Valiensi (pubblicata postuma) partigiano del Gruppo Valanga che partecipò fattivamente alle fasi più cruente della lotta di liberazione dal nazi-fascismo:

Estate '44

Ho negli occhi
l'azzurro
di un estate di fuoco,
che ha spento
l'ultimo affronto della follia
e raccolto
il primo anelito di libertà.

Nelle orecchie,
ho il silenzio
delle notti stellate
il crepitar delle armi,
i singhiozzi repressi
di madri,
che piangono i figli,
divenuti di pietra.

Ho nel naso
odor
di ginestra e di timo,
di spari, di scoppi...
di carne bruciata.

Sulle mani,
il calore
dei sassi arsi al sole,
il sangue
dei compagni caduti...

...Fra le braccia
ho ricordi sfumati,
impalpabili
come nebbia,
speranze deluse
e la morte 
nel cuore.


Gallicano bombardata (foto tratta dal libro Gallicano in Garfagnana di Daniele Saisi)


venerdì 15 agosto 2014

I vecchi progetti (per fortuna mai realizzati) di una volta...1939: la strada Gallicano- Mare

Lo schematico progetto della Gallicano Mare
Uno dei grossi problemi che ha avuto ed ha la Garfagnana è la viabilità. Raggiungere la nostra valle non è mai stato facile. Grossi progetti si sono sprecati nei decenni per agevolare le comunicazioni stradali, si è parlato di lunghi viadotti sul Serchio in modo così da non toccare i fianchi delle montagne e quindi evitare frane, si è cercato in ogni maniera che le strade "uscissero" dai paesi con circonvallazioni e raccordi stradali, tutto questo al fine di agevolare i commerci, il raggiungimento dei grandi stabilimenti presenti e soprattutto agevolare e snellire una circolazione che negli anni ha visto una crescita esponenziale...Ma però il progetto più grande, il più ambito e ancora mai realizzato (grazie a Dio) e più volte tentato è stato quello di raggiungere ed avere un collegamento più veloce e diretto possibile con il mare versiliese, raggiungibile in un solo modo attraversando le Apuane. Questa storia forse in pochi la sanno e ci siamo andati a così tanto dal realizzarla, mai così vicini come quella volta. Tutto cominciò nell'estate del 1939 quando Stefano Paoli Puccetti esimio gallicanese (stirpe di notai e sindaci) cominciò a tessere la tela per il grandioso progetto da sempre sognato della strada Gallicano-Mare. Si trattava di un progetto elaborato come tesi di laurea dal giovane ingegner gallicanese Livio Alessandro Poli. La strada doveva partire da Gallicano, arrivare a Fornovolasco, di li inerpicarsi fino al valico di Petrosciana per poi scendere verso il mare e raggiungere quindi Lido di Camaiore...praticamente doveva passare a due passi dal Monte Forato. Ci fu grande mobilitazione, la valle accolse il progetto con entusiasmo. Barga nella persona del suo podestà Morando Stefani, per esempio sperava di attirare turismo (dato che all'epoca molti villeggianti optavano per Bagni di Lucca e le sue terme) Vergemoli sprizzava gioia da tutti i pori, infatti il comune aveva intenzione di riaprire le vecchie miniere di ferro. Questa strada avrebbe dato  sbocchi commerciali, insomma era una buona opportunità per tutti, sia turistica e di rilancio della valle, tant'è che gli amministratori locali tramite i buoni uffici della curia contattarono perfino anche Galeazzo Ciano nella sua residenza di Ponte a Moriano, gerarca fascista, ministro degli esteri e più che altro genero di Mussolini, per presentargli tale progetto. Difatti la cosa ebbe il suo effetto e si arrivò a interpellare
Vecchia cartolina, le Alpi Apuane
personalmente il Duce che si diceva pronto a finanziare un'altra italica impresa. Ma poi come detto era il 1939 ed esattamente un anno dopo cominciò la guerra. L''evolversi delle vicende belliche fecero abortire il tutto e fu forse l'unica cosa bella che fece quella maledetta guerra, salvò la nostra valle da un sicuro

obbrobrio...Una strada che magari passava nell'anello del Forato proprio non ce l'avrei vista... 

mercoledì 13 agosto 2014

Il paese "fantasma" di Col di Favilla.La sua bella (ma brutta) storia

Persi per i nostri monti e le
Col di Faviila,la chiesa di Sant'Anna
nostre vallate ci sono molti di quelli che sono meglio conosciuti come "paesi fantasma", sono quei paesi che nei lustri e nei secoli scorsi erano paesi pieni di vita, con molti abitanti, magari anche di notevole importanza perchè di li vi passarono rotte commerciali o anche perchè potevano essere luoghi che avevano attività lavorative nel territorio stesso come miniere, cave...Purtroppo poi con l'andare degli anni molti di questi paesi sono stati letteralmente abbandonati.Ormai erano diventati posti quasi irraggiungibili dalle vie di comunicazione moderne, ormai tutte le prerogative essenziali per la sua esistenza la modernità le aveva uccise, ormai le attività lavorative si erano spostate a valle e man mano che i più anziani morivano un pezzo di paese moriva con loro. Il più famoso di tutti questi paesi in Garfagnana è Fabbriche di Careggine,il paese sommerso nel lago di Vagli.Però oggi voglio andare alla scoperta di un altro "paese fantasma" meno famoso ma altrettanto bello, si chiama Col di Favilla. Col di Favilla si trova a 940 s.l.m ai piedi del Monte Corchia ed è sovrastato dal Pizzo delle Saette.Questo piccolo borgo trae il suo nome a quanto pare dal
Case abbandonate a Col di Favilla
fatto che alcuni abitanti abbiano visto sul far della sera innalzarsi verso il cielo le scintille di una carbonaia, infatti le principali attività degli abitanti chiamati colletorini furono la produzione del carbone,la pastorizia,la lavorazione dei metalli presso il canale delle Verghe,l'estrazione del tannino dal castagno destinato alle concerie del pisano.Insomma il paese era più che vivo.Adesso guardiamo le sue origini, l'area di Col di Favilla era anticamente un alpeggio e quindi un insediamento a carattere stagionale, vi giungevano dalle valli della Garfagnana e dall'entroterra versiliese i pastori addirittura fino dai primi anni del 1600.I pastori quindi spinti dal sapore della dolce comodità vi si stabilirono definitivamente intorno al 1880 dapprima costruendo case cosiddette "alla buona" e poi man mano rendendole più ampie e solide utilizzando per i muri la pietra locale e per i tetti l'ardesia.Tutta la vita paesana si svolgeva intorno alla chiesa di Sant'Anna (risalente al 1640) che accoglieva fra le sue braccia nuove genti catturate dal conveniente smercio che si stabili lassù.Questo perchè numerosi erano i sentieri che permettevano di raggiungerlo,sia dalla Garfagnana che dalla Versilia.Gli anni passarono,l'Italia si stava modernizzando e con l'Italia anche se a piccoli passi anche la Garfagnana e il paese si stava progressivamente svuotando. Una bella mano a questo abbandono fu dato precedentemente dalla II guerra mondiale,il borgo subì gravi distruzioni,il paese era segnatola popolazione fu
il campanile di Col di Favilla
dimezzata,gli scambi commerciali estinti,la voglia di reagire e ripartire era scomparsa anche quella, ed inoltre il 1960 portò alla sua definitiva morte, difatti fu costruita una strada alternativa che isolò completamente il luogo da qualunque tipo di traffico commerciale,fu il definitivo de profundis.

Nota a margine di questa storia su Col di Favilla  vorrei ricordare una notizia curiosa e una dir poco pessima.Cominciamo da quella curiosa. Nel paese c'è una meridiana particolare posta sulla sommità della chiesa che è considerata la più alta (sul livello del mare) meridiana di tutta la Toscana. La nota pessima invece è che nel 1977 il paese, ormai già abbandonato fu oggetto di devastazioni vandaliche e sacrileghe,fu necessario infatti riconsacrare la chiesa di Sant'Anna nel 1979,si arrivò perfino a pensare che alcuni scheletri fossero stati trafugati dal cimitero locale.Infine Fosco Maraini (poeta e scrittore sepolto poi nel 2004 all'Alpe di Sant'Antonio) scrisse di Col di Favilla nel 1928 in un escursione sulle Alpi Apuane:
"...Scendi e risali, risali e scendi, finalmente scorgemmo, quasi sepolto tra giganteschi castagni, un campanile, poi comparvero dei tetti a lastre di pietra grigia, e delle case.Il villaggio sorgeva in un punto di straordinaria bellezza, sulla cresta pianeggiante d’un
la meridiana di Col di Favilla
monte, a quasi mille metri di quota, proprio dinanzi ai dirupi spettacolari e selvaggi del Pizzo delle Saette. Col di Favilla,era davvero alla fine del mondo...La vita materiale e morale a Col di Favilla ruotava ancora in pieno attorno al dio castagna. Le piante che producevano i frutti preziosi erano secolari, gigantesche, con certi tronchi da abbracciarsi in tre o quattro persone, curatissime, rispettate, amate..."

lunedì 11 agosto 2014

La strage di Sant'Anna di Stazzema a 70 anni esatti dall'eccidio.In memoria dei "cugini" d'oltre Pania...

Sant'Anna di Stazzemae gli stazzemesi  non c'entrano niente con la
Garfagnana, anche se a dire il vero li possiamo serenamente riconoscere come nostri "cugini di montagna", ci dividono le nostre meravigliose Alpi Apuane.Spesso con gli abitanti di Pruno, Sant'Anna, Ponte Stazzemese e Cardoso ci siamo incontrati sulle cime dei nostri monti,un cenno e un saluto bastava per riconoscersi, ma l'unico motivo di divisione non sono solo le Apuane, ci ha diviso anche l'amaro destino di una seconda guerra mondiale vissuta sempre con tribolazioni ma in maniera diversa, infatti in Garfagnana grazie a Dio non sono mai sostate le famigerate S.S. Per i nostri "cugini" fu nettamente diverso. Oggi ricorrono esattamente 70 anni dall'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, era il 12 agosto 1944.Queste immani sciagure è bene sottolinearlo non hanno territorialità e vanno sempre e comunque ricordate e raccontate,pensare poi che tutto questo si compiva a pochi chilometri in linea d'aria dalle nostre case fa ancor di più rabbrividire. Ricordiamo allora i fatti. Ai primi d'agosto del 1944 Sant'Anna di Stazzzema era stata qualificata dal comando tedesco "zona bianca" ossia una località adatta ad accogliere sfollati, per questo la popolazione in quell'estate aveva superato le mille unità.Inoltre in quei giorni i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver compiuto particolari operazioni militari di rilievo contro i tedeschi.
Nonostante ciò all'alba del 12 agosto la 16a compagnia S.S Panzergrenadier-Divison Reichsfuhrer  salirono a Sant'Anna, mentre
il piazzale davanti alla chiesa
dove i corpi furono bruciati
un altra divisione rimase più in basso a chiudere qualsiasi via d'uscita.Alle 7 il paese era completamente circondato. Quando le SS giunsero in paese accompagnati da fascisti collaborazionisti, gli uomini si rifugiarono nei boschi per non essere deportati nei campi di lavoro in Germania,mentre vecchi, donne e bambini rimasero nelle loro case, sicuri che non sarebbe successo niente...non fu così.In poco più di tre ore vennero massacrati 560 civili,la furia dei nazi-fascisti si abbattè improvvisa su tutto e tutti; i corpi vennero trucidati, bruciati, straziati Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti lassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto,
Originale in mio possesso
de "La Domenica degli Italiani"
Genny che lancia lo zoccolo al
nazista per difendere il figlio
uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo che implorava i soldati nazisti di risparmiare i suoi parrocchiani
, uccisero gli otto fratellini Tucci con la loro mamma. Cinquecentosessanta ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. Non si trattò di rappresaglia. Com'è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia si trattò di un puro atto terroristico, di una azione premeditata studiata nel minimo dettaglio. L'obiettivo insomma era quello di sterminare la popolazione.La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso...
i funerali
Alla memoria dei "cugini" montano- versiliesi d'oltre Pania...



venerdì 8 agosto 2014

La struggente lettera di un emigrante garfagnino nel giorno di Natale ai propri genitori...Emozionante!

Uno dei meravigliosi paesi
della Garfagnana. Orzaglia
La vita in terra straniera per i nostri emigranti era tutt'altro che semplice. Alle numerose difficoltà lavorative,agli enormi problemi linguistici, al raggiungimento di una dignità sociale, si aggiungeva una profonda nostalgia mista a malinconia per aver lasciato l'amata terra di Garfagnana e i propri cari genitori, figli, mogli, sorelle...Più eloquente in questo senso di questa struggente lettera in dialetto di Michelle Pennacchi (meglio conosciuto come il "Togno della Nena") ai suoi genitori non vi è prova.Leggete ed emozionatevi:
"Cara mamma,carissimo papà,                     vi scrivo per le feste del Natale.Quaggiù non andrebbe tanto male, ciò il lavoro e comincio a guadagnà. En bravi j' assistenti e j ingegneri, che trattin come fussimo fioli e anco fora nun ci sentiam soli e nun pare d'esse in mezzo a j stragneri.La gente en bone e sirei sudisfatto se la notte un sognassi certe cose, che nun so se sian sprocchi o siino rose ma che se durin dovento matto. Io vedo il paese, il Pisanin, il mi' fiume, voialtri,la mi Tina cume mi salutò quella matina quand'e partitti per il mi destin. Sogno Argegna, Curfin, la Capriola,le mi
vecchie lettere
vacche che mangin in del prato, il ciocco che si sconsuma nel metato e tutto è bello come in d'una fola. E 'gni mattina ciò la smania addosso, perche 'sta mostra d'una Garfagnana è cusì bella anco s'ede luntana, che mi sforzo a scurdalla, ma nun posso.Crediate nun so proprio che fa! Vorei durmi tant'ore per sognammi, ma nun vorrei durmi per non svejammi e capì ch'era un sogno e tribbolà. E allora ormai ho deciso vengo via! Appena ciò i quattrini me n'antorno, ch'ede mejo mangia una volta al giorno, ma mangià al tavulin di casa mia. Vo' papà son siguro che mi capirete, che contavite sempre che alla guerra, più che altro pensavite alla tera, a me e alla mamma. Mi perdonerete se un ce la faccio a restà più qui solo e piange come se fossi torno cicco. Tanti auguri, vi abbraccio stricco, stricco
 
Voscio affezionatissimo fiolo"

mercoledì 6 agosto 2014

La sanità in Garfagnana negli anni 30: il dottore e le cure di una volta

Il dottore di una volta
La sanità una volta era una cosa seria...e così anche in Garfagnana. La figura del dottore insieme a quella del prete, del farmacista e del maresciallo dei carabinieri erano figure di tutto riguardo che incutevano rispetto e allo stesso tempo lo davano.Erano personaggi importanti perchè nel mondo contadino  e quindi anche in quello garfagnino erano le persone preposte alla cura dei  valori ancestrali primari, quindi al benessere del corpo (vedi dottori e farmacisti),alla salvezza dell'anima (il prete) e alla difesa dei beni terreni (il maresciallo dei carabinieri).Vorrei questa volta analizzare la figura del dottore per fare un tuffo nella Garfagnana di fine anni 30 del secolo passato e fare un raffronto introspettivo con oggi.Questa testimonianza che andrò a esporre ci riporta a valori e abitudini di un mondo che non ci appartiene più, ma che varrebbe la pena sotto certi aspetti di riscoprire e apprezzare.Qui si racconta come ci si preparava ad una  visita  del medico condotto a un paziente in  una casa di Castiglione Garfagnana. Il racconto è della signora Giulia, che poi darà alcuni rimedi medici naturali di una volta, dato che le medicine erano un lusso:
"Il dottore una volta,come ora per noi, era una persona
Un vecchio rimedio di una volta
di rispetto.Quando si doveva chiamare il dottore per qualche malato in casa eravamo tutti sottosopra, perchè ci dava soggezione e volevamo accoglierlo il meglio possibile,così si mettevano le lenzuola quelle con la trina nel letto dell'ammalato,come pure i cuscini. Si preparava la bacinella e l'acqua nella brocca dove il dottore si lavava le mani, come pure l'asciugamano con il pizzo. A questo punto cominciava l'attesa ,così quando arrivava andavamo alla porta facendogli strada .Il dottore visitava l'ammalato poi, secondo quello che gli riscontrava ci dava la cura,cioè se era una semplice influenza gli ordinava un bel bicchiere di magnesia San Pellegrino e magari uno sciroppo per la tosse che quello c'era, ma se era una malattia seria come la polmonite allora non essendoci a quei tempi ne penicellina ne antibiotici il dottore ordinava che gli facessero degli impiastri di farina gialla cotta nell'acqua salata e mettendola in un canovaccio (ndr: tela di canapa grossa e ruvida per usi da cucina)  quanto più caldo si poteva resistere, si doveva metterlo sul petto del malato nel punto in cui doleva: così con il calore avrebbe fatto espettorare i catarri. Finita la visita arrivava il momento di congedarsi dal dottore a cui veniva offerto immancabilmente del rosolio ( che veniva offerto solo negli eventi speciali) fatto dalla mia mamma e di tutto ringraziamento il mio babbo tirava il collo ad uno dei polli più belli per darlo per parcella al dottore . Ricordo inoltre altri rimedi che il medico consigliava in assenza di medicine.Per l'infiammazione agli occhi: si cuoceva la ruta con l'acqua, poi si facevano i fumenti, così pure se uno si pungeva con uno sprocco (ndr. spina) o si feriva lievemente,
Il gambo rosso,le medicine naturali 
si faceva bollire dell'acqua con dentro una manciata di sale  e prima che l'acqua si freddasse ci si immergeva dentro la ferita per disinfettarla. Il finocchio selvatico si bolliva e si beveva, perchè faceva bene alle vie urinarie come pure il gambo rosso. Purtroppo c'era da curarsi come si poteva, finchè serviva, altrimenti...Amen..."

lunedì 4 agosto 2014

L'origine dei nomi dei nostri paesi.Cominciamo con Fornovolasco,il primo centro siderurgico della Garfagnana...

Una vecchia immagine di Fornovolasco
 e il Monte Forato sullo sfondo
La curiosità spinge l'appassionato di storia come me a farsi nuove domande e a stimolare la propria curiosità.Oggi (stimolato appunto da quella curiosità) voglio aprire una specie di nuova rubrica nel mio blog e mi spiego;dato che la nostra Garfagnana è composta da molteplici paesi e  località e ognuna con il suo particolare nome  mi piacerebbe (anche e sopratutto con il vostro aiuto,se avete notizie in merito) di trovare l'esatta etimologia del nome dei nostri posti.Tanti nomi sono legati ad esempio al suo fondatore o anche ad attività lavorative nate in quel luogo, oppure ad antichi fatti accaduti,insomma è un mondo vastissimo che con il vostro aiuto mi piacerebbe approfondire ancor di più e poi pubblicare periodicamente con il nome di chi mi ha fornito la notizia.Bene,voglio adesso cominciare con un nome fra i più bizzarri della Garfagnana: Fornovolasco. Fornovolasco per chi non lo sapesse) si trova nel comune di Fabbriche di Vergemoli sulla strada che conduce alla Grotta del Vento.Il termine Fornovolasco risulta legato alle attività fusorie (per questo Forno) documentate fin dall'epoca medievale, dimostrate da interessanti documenti ritrovati nell'archivio di San Martino a Lucca.Infatti alle pendici della Pania sorgeva un piccolo polo siderurgico che richiamò vista la ricchezza mineraria del sottosuolo una compagnia fatta di bresciani (provenienti questi a quanto pare dalla Val Trompia)  e bergamaschi capitanati appunto da un certo conte Volasco (da qui appunto Volasco) da Brescia, qui vi trovarono le acque correnti della limpida Turrite, ampie aree boschive da quale attingere il combustibile per il funzionamento dei forni,ed inoltre la disponibilità di materie prime estratte dalla miniera locale di "Monticello le Pose" che fecero di Fornovolasco il primo paese siderurgico della Garfagnana (altro che K.M.E di Fornaci...) I nuovi ospiti da parte loro invece insegnarono ai locali nuove tecnologie di fusione e nuovi metodi lavorativi.L'attività era fiorente, si sostiene che nel 1369 si esportassero le lavorazioni perfino a Stazzema e nella parte versiliese delle Apuane.Le attività
Fornovolasco oggi
fusorie durarono addirittura fino ai primi anni dell'800.

Ecco qua allora l'origine del nome Fornovolasco nato dal connubio dei forni fusori già esistenti sul suo territorio e un certo conte Volasco da Brescia che vi creò un piccolo e fiorente centro siderurgico,il primo di tutta la valle.
Mi piacerebbe come detto continuare nella scoperta dei nomi dei nostri paesi, per chi volesse darmi una mano ( e ne sarei grato ) e avesse notizie è pregato di inserirle nella parte del mio blog riservata ai contatti.Grazie e a risentirci a presto sull'argomento...

 

venerdì 1 agosto 2014

Tempo di funghi,ma attenzione...Cronaca di una strage del 1779: famiglia di Sassi sterminata da funghi velenosi.

Tempo di funghi per la nostra Garfagnana.Questa calda estate però ne
ha limitato la nascita di questo prezioso frutto della nostra terra che, insieme alle castagne e al farro sono il fiore all'occhiello della nostra ottima cucina.Questi prodotti sono sulle nostre tavole da secoli e secoli e hanno sfamato intere generazioni di nostri avi,sopratutto nei momenti di carestia, momenti purtroppo che la Garfagnana ha spesso  conosciuto.Ma come sapete i frutti che la natura ci offre bisogna saperli riconoscere, perchè i pericoli sono sempre dietro l'angolo.Quante volte sopratutto in merito ai nostri funghi abbiamo sentito parlare di avvelenamento? Può capitare maggiormente a gente "forestiera", magari poco esperta.
Sempre in merito ai rischi di avvelenamento per funghi ci viene in aiuto dal periodico "La Pania" un articolo di Manuele Bellonzi con un documento rinvenuto nell'Archivio comunale di Molazzana, che risale a un lontano luglio del 1779. Il cronista di 230 anni fa è Luigi Pieroni, notaio di Sassi dal 1768 al 1817, nonchè Cancelliere della Comunità che, fra le memorie dell'antico comune, inserisce una:

"Notizia alli posteri e avviso per li funghi".

Il cancelliere racconta che:
"Un certo Giovanni Ferrari abitava in Sassi con moglie e sette figli; tre maschi e quattro femmine. Sembra che la mattina dell'otto mese suddetto, giorno di giovedì, tutti mangiassero funghi, e per tutto il giovedì fino a mezza notte non sentissero alcun male. Nella mezza notte incominciò a sentirsi male Maria Caterina, moglie del detto Giovanni Ferrari ed in seguito tutti li figli, e marito compreso. Nel giorno di domenica (10 luglio) morirono in cinque, cioè la moglie suddetta alle ore italiane 8, in seguito alle dodici morì Antonia figlia, alle 16 morì Apollonia pure figlia, alle ventidue morì Giovanna similmente figlia, alle ore 9 dell'11 suddetto morì Antonio figlio, così che in una sola processione la mattina dell'11 furono portati alla chiesa e moniti delli Santissimi Sacramenti" (…). 
Scamparono quindi all'avvelenamento solo il marito con due figli maschi e una femmina.
Il cronista settecentesco già nel titolo dello scritto è chiaro
nell'intento: darne notizia ai posteri ed avvisare della pericolosità dei funghi. Un proposito giusto e ancora valido oggigiorno, dove ancora si contano a decine le intossicazioni da funghi nelle stagioni di raccolta. 
Conclude il notaio di Sassi, con formula quasi testamentaria (e magari un po' interessata), fra il civile e il religioso, ricordando che:
"il caso serva, e sia a ciascheduno di regola, e di esempio col riflesso che la morte sta nascosta in qualunque cosa, e per qualunque cosa si può morire, a tal effetto (bisogna) stare sempre preparati che non sappiamo ne' l'ora ne' il momento"
Per sintetizzare il tutto, ricordo una frase che mi è rimasta impressa nella mente e me la disse un noto fungaiolo garfagnino, che alla mia ingenua domanda:
-Quali sono i funghi che si possono mangiare?-
lui prontamente rispose
- Tutti indistintamente! Ma alcuni una sola volta...-