mercoledì 15 dicembre 2021

Viaggio alla scoperta delle parolacce e degli insulti garfagnini. Perchè si dice così...

Che il turpiloquio e le parolacce siano vecchie come il mondo, certo
non ve lo devo insegnare io, quello che però lascia perplesso un povero profano come me è che gli insulti in generale siamo stati fondamentali per lo sviluppo della società e questo non lo disse uno "scenziatello" qualunque in cerca di visibilità, assolutamente no, difatti Freud, il padre della psicanalisi asseriva che: "colui che per la prima volta ha lanciato all'avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia è stato il fondatore della civiltà". L'etologo Irenaus Eibl Eibesfeldt invece avanzava un'ipotesi ancora più azzardata: "gli insulti sono stati il più importante motore nello sviluppo del linguaggio, perchè hanno aiutato a risolvere gli scontri in modo non cruento". Insomma, davanti a cotante affermazioni di esimi professori non mi rimane che togliermi il capello e vista l'importanza che questi termini hanno avuto nell'evoluzione dell'uomo non resta che intraprendere un piccolo e curioso studio sulle parolacce tipicamente (e non) garfagnine. Prima però di addentrarmi nell'argomento mi è doverosa un'introduzione, perchè niente venga lasciato al caso. Cominciamo con il dire che le parolacce o gli insulti in genere erano già nel vocabolario di egizi, greci e romani, questo per ribadire che il turpiloquio è vecchio quanto l'uomo, visto proprio che duemila anni prima della nascita di Cristo compare già nel più antico poema della storia: la saga del babilonese Gilgamesh, nel quale si dice che una
"baldracca" trasformò il bruto Enkidu in un essere civilizzato. Nello stesso periodo storico gli egizi non andavano tanto per il sottile e a quanto pare bestemmiavano senza nessun ritegno e remora. Stando all'interpretazioni di alcuni geroglifici e papiri gli studiosi deducono che Nefti, la dea dell'oltretomba, era definita "femmina senza vulva" e il dio Thot un essere "privo di madre". Tutto questo rimane però interpretabile, quello che non interpretabile è quello che scrisse a suo tempo il poeta greco Archiloco nel IV secolo a.C. Attraverso versi in rima (i cosiddetti giambi)componeva poemi che avrebbero fatto arrossire anche Rocco Siffredi, in compenso però i greci non bestemmiavano per paura di far infuriare gli dei dell'Olimpo. I nostri antenati romani da par loro a parolacce non erano da meno dei "cugini" greci. Anche il loro vocabolario conteneva termini che sono rimasti nel nostro dizionario degli insulti: "stercus" (merda) "mentula"(membro maschile), "futuere"(fottere)e "meretrix"(prostituta). Comunque sia per levarsi ogni dubbio su questo "forbito" dizionario consiglio una visita a Pompei e leggere sui i muri i graffiti di oltre duemila anni fa... Rimane il fatto che con l'andare dei secoli nel nostro bel Paese non ci siamo fatti mancare niente su questo argomento, nemmeno la singolarissima circostanza di avere dentro una basilica romana 
una iscrizione dell' XI secolo che riporta la più antica parolaccia in lingua volgare (volgare in tutti i sensi...). L'affresco in questione raffigura Sisinnio, ricco cortigiano di Nerva, che era convinto che Clemente (futuro Papa), lo
avesse stregato per sottrargli la moglie e convertirla. Ebbene, lo sdegno di Sisinnio fu talmente tanto che in una sorta di fumetto li rappresentato apostrofò Clemente con un sonoro: "Fili de pute".Insomma è inutile girarci intorno, la lingua italiana indubbiamente è quella che nel suo "campionario" contiene più di tutte le altre, insulti, imprecazioni e offese di ogni tipo. Se poi questa materia passa a gerghi specifici e soprattutto ai dialetti italiani, ecco che allora si apre una vera e propria babele. In Garfagnana da questo punto di vista abbiamo svariate ingiurie che hanno origine da molteplici ambiti: storia, natura, animali, altre ancora invece le abbiamo importate da città vicine o addirittura da altre nazioni. "
Bischero" ad esempio è una parola che non ci appartiene ma che sicuramente abbiamo fatto nostra, anche se la sua origine è più che mai fiorentina. La nascita di questa offesa (anzi in questo caso meglio definirla bonaria ingiuria)affonda le sue radici nella storia di Firenze e bisogna andare verso la fine del 1200  quando la Repubblica Fiorentina decise di costruire la Cattedrale di Santa
Maria del Fiore e offrì alla famiglia Bischeri, una delle più potenti al momento, una grossa somma di denaro in cambio del terreno su cui sarebbe poi sorto il Duomo. 
La famiglia, avida di soldi, rifiutò più volte e alla fine, per sfortuna o per dolo, un incendio devastò le loro proprietà radendole al suolo e lasciandoli senza soldi e senza terra. Da allora "fare il bischero" o semplicemente "bischero" significa comportarsi in modo poco furbo, proprio dal nome di quella sfortunata famiglia che, a causa di un comportamento poco assennato, perse tutto. Anche l'offesa tipica nostrale "sciabigotto" trae origini dalla storia "nobile", purtroppo l'ipotesi non è provata nè documentata, ma la tradizione dice che nel corso di una visita di Napoleone a sua sorella in quel di Lucca, il condottiero ebbe l'idea di affacciarsi dalla finestra di Palazzo Ducale per salutare la folla plaudente, non tutti però erano plaudenti e festosi e una parte di questa folla
cominciò a rumoreggiare in segno di protesta verso le imprese dell'imperatore francese, al che un po' sconcertato e arrabbiato si rivolse verso sua sorella Elisa e disse: "
Cosa vogliono questi chien bigots?"("Cosa vogliono questi cani bigotti?"), da qui le autorità italiane li presenti e che erano intorno a Napoleone presero ad intendere la parola "sciabigotto", intesa però da loro in riferimento a persone "buone a nulla", come quelle che erano in piazza a protestare. Fra tutte queste parolacce anche sentirsi dare del "loffaro" non è proprio edificante, essere trattati da vagabondi ed indolenti non è proprio il massimo della vita. Fattostà che questo termine dispregiativo non ha niente a che fare con la storia, ma trae origine dalla natura. La loffa infatti è quel fungo biancastro dalla forma sferica contenente una polvere impalpabile, schiacciandolo questo fungo produce un rumore che fa una cosa gonfia ma vuota, proprio le stesse peculiarità del carattere di un indolente. Puzzi come una "fojonco" è rivolto a tutte quelle persone che hanno poca confidenza con il sapone. Il fojonco infatti non è altro che la faina, animale semi-saprofago che si nutre anche di carne e sangue e il suo odore (vista la sua alimentazione) è a dir poco nauseabondo. Un'altra offesa (grave) non tipicamente garfagnina ma che è da considerarsi propriamente toscana è "budello". Insieme a questa brutta parola si possono anche annettere tutte le varianti che coinvolgono anche il parentato (madre, sorelle e via dicendo).
Naturalmente sappiamo tutti che questo sostantivo ha il significato di prostituta, quello che però è curioso sapere dove trae origine. Difatti, riguardo a questo è bene sapere che già in tempi rinascimentali esisteva una sorta di profilattico fatto proprio con budella di animale, era stato creato per scopi igienici, per difendersi soprattutto dalla sifilide, importata in Europa dal Nuovo Mondo. Quindi quando i lor signori frequentavano i bordelli dovevano (giustamente) munirsi del "budello" prima di affrontare la prestazione con la signorina di turno. E quando una persona viene apostrofato con la parola "locco", che significa? Il locco non è altro che una persona sciocca, un tonto insomma. La causa che ha originato questo epiteto tira in ballo l'incolpevole olocco, ossia l'allocco. Questo rapace simile al gufo è dotato di grandi occhi che quando vengono abbagliati dalla luce conferiscono all'uccello un'espressione sciocca. Il "chioccoron" invece è un insulto tipicamente garfagnino, la "chiocca" infatti è la testa e il chioccoron è un tipo particolarmente duro di comprendonio. Detto questo, è bene sapere che le nostre offese non nascono solamente dal nostro specifico dialetto, anzi, possono avere anche un non so che di internazionale. Sentite un po'. La parola francese "lorgne" significa pigro, ebbene, probabilmente questo termine lo facemmo nostro quando la valle andò sotto il dominio napoleonico. Anche se, ad onor del vero con il vocabolo "lornio" s'intende più specificatamente una persona impacciata nei movimenti. Come se non bastasse, senza essere da meno di altri dialetti, abbiamo anche una identica parolaccia dal significato ambivalente. Difatti di questa brutto termine esiste una versione maschile e una femminile dal senso però completamente diverso: "la potta" e "il potta". La provenienza e la sua origine
comunque sia è unica e viene dalla citta di Modena, antica capitale garfagnina e proprio per questo entrata in uso anche nel nostro modo di dire. La versione al femminile (la potta) come ben sappiamo fa riferimento all'organo genitale femminile, ma la "potta" da cui trae la genesi è nientepopodimeno che un bassorilievo scolpito all'esterno del duomo di Modena, chiamato appunto "la potta di Modena", li è raffigurato un bisessuato che nella realtà si credeva che fosse una tale Antonia che ebbe ben 42 figli... Nella versione maschile (il potta), il significato cambia completamente e infatti questo epiteto viene attribuito ad una persona altezzosa e boriosa proprio com'era nel carattere Lorenzo Scotti, podestà della città emiliana nel XVII secolo. "Scriveano i modanesi abbrevito pottà per podestà su le tabelle, onde per scherno i bolognesi allototal'avean tra lor cognominato il Potta". Come questo documento riporta, per gli avversari politici bolognesi, il soprannome con cui era conosciuto l'arrogante podestà Scotti era proprio "il potta" in riferimento (anche) al bizzarro
 bassorilievo. Che dire poi... Si potrebbe continuare ancora, ancora e poi ancora. Un semplice articolo come questo non riuscirebbe a catalogare tutte queste "volgarità", come
non si riuscirebbe ad inventariare tutto il repertorio lessicale quando uno vuole  veramente sfogarsi. Ora invece vanno tanto di moda quelle parolacce anglofone, secche, univoche e senz'anima: "fuck","shit"... Vuoi mica mettere la nostra bella lingua italiana: tutto un ginepraio di espressioni fiorite, fantasiose, orripilanti e allo stesso tempo oscene, con le quali puoi andare avanti un quarto d'ora di fila senza mai ripeterti...


Bibliografia

  • "Dizionario garfagnino" di Aldo Bertozzi, edizioni  LIR, anno 2017
  • "Nuova Rivista di Letteratura Italiana"- "Il potta di Modena" precisazioni storico linguistiche attorno a un personaggio della "Secchia rapita" di Antonio Tassoni anno 2013
  • Raccolta di Proverbi Toscani di Giuseppe Giusti e pubblicato da Gino Capponi, Le Monnier Firenze, anno 1871

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