Pascoli e i paragoni che andrò a fare possono essere effettivamente irriverenti. Lungi da me quindi fare certi confronti impari, d'altronde certi versi come questo non s'inventano a caso:
Al mio cantuccio, donde non sento
se non le reste brusir del grano
il suon dell'ore vien col vento
dal non veduto borgo montano,
suono che uguale, blando cade,
come una voce che persuade
(L'Ora di Barga 1907)
Comunque sia, proprio al tempo del Pascoli e nei decenni seguenti la Garfagnana ha avuto la sua bella schiera di poeti locali, conosciuti però solamente negli ambiti nostrali e poi purtroppo miseramente ed ingiustamente dimenticati. Questo articolo allora rivuole dare lustro a tutti quei cantori di versi che per lungo tempo sono stati all'ombra del grande Giovanni Pascoli. Eppure anche quelli nella loro modestia erano poeti di tutto rispetto, dotati di tecniche metriche innate, di fantasia e di sentimenti profondi. Il tutto nasceva dalla spontaneità poichè nessuno insegnava loro come fare versi e la loro lingua non era il forbito e melodioso italiano di inizio secolo ma bensì il dialetto garfagnino che per molti secoli fu l'unico mezzo di espressione. Ci si sentiva liberi così da ogni inceppo della cultura, la creatività non veniva ostacolata e la metrica scorreva spontanea. Molti di questi personaggi erano persone particolari, estroverse e divertenti come Luigi Prosperi nato a Careggine nel 1832 e semplicemente conosciuto come il "Chioccoron"(per saperne di più leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/03/il-chioccoron-il-poeta-che-oso-farsi.html). Di famiglia modesta, finita la scuola cominciò a lavorare nei campi, ma già il maestro
Careggine |
"Son venuti gli angioletti
per portarmi alle prigioni
non pensavano i minchioni
c'io passato avrei i colletti"
L'apice il "Chioccoron" lo toccò quando menzionò in una sua poesia i quattro artefici dell'Unità d'Italia: Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Mazzini e Cavour, questa "composizione gravemente denigratoria" (come al tempo fu definita) giunse perfino a Roma dove fu pubblicata, arrivando addirittura nelle mani del Re d'Italia Umberto I che convocò al Quirinale il poeta garfagnino, fra un rimbrotto ed un altro il re lo perdonò regalandogli anche una banconota da 50 lire; - Comprateci il pane per la vostra famiglia!- affermò il re. Oggi al "Chioccoron" è dedicata la biblioteca comunale di Careggine.
Amico e nemico del "Chioccoron" era il "Boccabugia" di Vergemoli al secolo Andrea Jacopo Vanni altro poeta estemporaneo. Rimarranno epiche le sfide del giovedì mattina (giorno di mercato) nella piazza principale di Castelnuovo Garfagnana, quando a "colpi" di versi incantavano e meravigliavano una platea divertita e numerosa. Il
Il concorso di poesia che si tiene tutti gli anni a Vergemoli dedicato al Boccabugia |
Personalmente parlando, Pietro Bonini poeta castelnovese, aveva qualcosa di più degli ultime due citati. Per trenta lunghi anni scrisse versi in dialetto garfagnino, poesiole niente di più, ma avevano il pregio di essere immediate, aderenti ai fatti, alle persone e agli aspetti della natura. Nel 1916 pubblicò un libro con un titolo indovinatissimo che rispettava in pieno la sua arte popolare: "Cose da contà a vejo":
"Dico quello che penso e nulla più
vojo parlà come si parla qui,
e se a qualcun qualcosa non va giù
che si ni vadi a fassi binidi"
Alcuni letterati parlavano del Bonini come se venisse da una famiglia agiata. Altri pensavano che non avesse nemmeno un titolo di studio e forse la tesi giusta è questa, dato che lui stesso in uno dei suoi componimenti diceva:
"Da cicco mi mandavino alla scòla
senza sapè che ci dovevo fà
e infatti c'imparai una cosa sola:
la strada per andacci e per tornà"
Giovan Battista Santini (nato a Castiglione Garfagnana nel 1882)
Santini mentre dipinge |
Politica
"Se tu leci un qualunque manifesto
della schifa campagna'letttorale,
sia rosso, bianco, verde, o liperale
non ci n'è un che s'appresenti onesto
Cambia 'l colore ma nun cambia 'l testo
per via che la promessa è sempre uguale:
pace, lavoro; e, cosa principale,
lipertà d'esse porco e disonesto.
Se ci fai caso, vederai che questo
lo promettono avanti l'elezioni;
ma doppo, che votando, hai fatto 'l gesto
ditto sovran, di nominà i mangioni,
abbadà di stà 'n guardia e d'esse lesto,
sennò ti pijn a calci ni cojoni"
Il "Togno della Nena", ovverosia Michele Pennacchi, benchè fosse
Il Togno della Nena mentre declama |
Il Divorzio
Bella robba davero! Ma dich'io,
in du èn finiti i poveri itagliani?
li vojen fa vinì peggiod'i cani,
che cambin sempre cagna, giuraddio?
E' inutile che adesso il parlamento
facci la cuncurrenza al Padreterno
io arispetto le leggi del guverno
ma un sagramento è sempre un sagramento
(ndr: della poesia queste sono rispettivamente la terza e la decima quartina sulle undici dell'intera versione)
Fra tutti questi cantori non poteva mancare sicuramente Alfezio Giannotti di Eglio. La sua fu una vita tormentata, presto rimase orfano del padre e dovette quindi farsi carico di tutti i fratelli, questo non gli impedì di proseguire gli studi su Dante, Foscolo e Giusti. Nel 1911 dette alle stampe il suo primo libro di poesie, "Raffiche". Tre anni più tardi fu ammesso ad un concorso letterario di una nota rivista dell'epoca: "Juventus", al quale potevano partecipare solo poeti già affermati. Fu un vero trionfo, vinse su circa mille concorrenti. Dietro l'angolo però l'aspettava la prima guerra mondiale, tornò al paesello con una gamba amputata, nonostante tutto continuò a comporre poesie e a scrivere su dei quotidiani firmandosi con lo pseudonimo "il Grillorosso". La sventura si accanì definitivamente contro di lui il 7 ottobre 1944, durante un bombardamento una granata lo uccise mentre andava a soccorrere un ferito.
Questo poeta invece l'ho lasciato volutamente per ultimo, perchè è
Silvano Valiensi (il primo a sinistra) insieme a mio padre (il terzo in piedi) |
...cari compagni miei, tutti ventenni
caduti fra le rocce,in mezzo al timo
e alle gialle ginestre, arsi dal sole,
con su le labbra spente, le parole:
"Ho dato tutto per la libertà"
Non potevano mancare poesie rivolte alle sue montagne: le Apuane che amava scalare in ogni stagione:
...d'estate sotto il sole mi bruciavo;
d'inverno fra le raffiche del vento,
fra la tormenta e il ghiaccio ero contento;
di tutto il resto mi dimenticavo...
Tornava anche a galla la nostalgia dei tempi andati quando:
Sapeimo legge e scrice gnente male
e 'n più vangà 'na porca (n.d.r: lo spazio fra due solchi della terra) e segà 'l fieno
(per leggere ancora di Valiensi leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/05/silvano-valiensi-partigianomaestro-e.html)
Finisce qui questo breve viaggio nei poeti garfagnini di una volta,
un viaggio che ci ha fatto conoscere una porzione di gente di Garfagnana che forse in buona parte ignoravamo. Quindi non è vero come dicevano una volta che la Garfagnana era terra di lupi e di briganti...ma è più giusto dire: terra di lupi, briganti e poeti...
Bibliografia:
- "Il vernacolo garfagnino e i suoi poeti" di Gian Mirola. Nuova grafica lucchese 1973
- "Profili di uomini illustri della Garfagnane della Valle del Serchio" di Giulio Simonini Banca dell'identità e della memoria 2009
- "Faccio versi così come si cantas quando qualcosa dentro mi fa male" di Silvano Valiensi. Unione dei comuni della Garfagnana 2014
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