Questa leggenda si rifà ad un'antica paura, la più grande per la Garfagnana per i tempi passati e cioè, come abbiamo visto, che la
raccolta delle castagne andasse in malora o quantomeno fosse misera e povera, d'altronde non per niente "l'albero del pane" (come veniva chiamato il castagno) dava i suoi frutti proprio perchè questi erano l'alimento base per tutta la valle. Questo timore risaliva da tempi lontanissimi, da quando praticamente intorno all'anno 1000 il castagno aveva messo le sue radici in Garfagnana, ma allora a chi dare la colpa di tali sventure? La cura dei castagneti era affidata a Dio, ma la loro rovina era sicuramente opera degli streghi. Gli streghi (come già possiamo vedere in un mio precedente articolo http://paolomarzi.blogspot.itlo-strego-la-macabra-storia-di-un.html)erano esseri tipicamente garfagnini, di sesso maschile, capaci come le streghe di fare incantesimi e magie, potevano parlare con i morti e farli tornare in vita, non mancavano nemmeno di fare fatture e in più facevano strane processioni come quelle lette nella leggenda alle quali partecipavano anche i morti, la loro specialità, se così si può dire, era recare danno alle cose e agli animali e di notte chiamavano le persone che terrorizzate si chiudevano nelle loro case. Ma per fortuna esisteva anche un efficace usanza per la salvaguardia delle castagne e questo rito si chiamava il Maconeccio. Tale tradizione tutta garfagnina si rifà anche questa a tempi antichissimi, non si sa esattamente l'origine ma ci sono già documenti del 1671 che parlano di questa cerimonia, nella "Descrittione cronologica della Garfagnana" lo storico di allora Anselmo Micotti ce la spiega:
"Ha chiesa di honesta fabrica sotto il titolo di S.Pietro (n.d.r: il riferimento è al paese di Careggine) et è Pieve, ma non ha altra chiesa sotto di se che l'Hospedale dell'Isola Santa posto fra i dirupi della Pania. In questa terra anch'oggi conservano un'usanza molto strana. Ogn'anno la notte di S. Michele di Settembre gli huomini vanno fuori alla campagna e come essi dicono a cacciare gli streghi, suonando campane, tamburi e scaricando archibugi e facendo altri strepiti, gridando ad alta voce - maconeccio, maconeccio-, parole cred'io affatto barbare e credono in questo modo di assicurare la raccolta delle castagne dalle stregharia".
Si ritrova una simile descrizione anche nel 1728 nel "Viaggio per i monti di Modena" dell'illustre naturalista trassilichino Antonio Vallisneri e ancora nel 1879 ricompare nella "Descrizione geografica storica ed economica della Garfagnana" di Raffaello Raffaelli che cambia la parola in questione da "maconeccio" in "macconeccio" e
la pubblicazione del 1728 di Antonio Vallisneri cerchiato in rosso la nota a margine del significato della parola "maconeccio" |
"abbondanza", per cui maconeccio starebbe a dire abbondanza di neccio, abbondanza di farina, cioè di castagne. A leggere queste righe possiamo notare quant'era radicata nella Valle del Serchio questa usanza, che la vediamo protrarsi nei secoli pressochè intatta, tanto è vero che a noi contemporanei sembra un mondo distante e inverosimile, ma il professor Oscar Guidi specialista in materia ci smentisce e sfogliando il testo del Raffaelli rimane colpito quando legge che alla fine del 1800 usava ancora fare questo rito. Cercando incuriosito nei paesi della Garfagnana il professor Guidi scopre che perlomeno fino a pochi decenni fa questa tradizione era ancora viva e a Colli di Capricchia (comune di Careggine) nel 1988 ancora diversi anziani ricordavano questi fatti. Tali vecchietti raccontano che questa consuetudine era praticata fino a poco tempo fa, almeno fino a pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, così dalla loro viva voce ha potuto ascoltare come si svolgeva questa atea liturgia.
Accadeva sempre il 29 settembre, la notte di San Michele e non
San Michele Arcangelo che vince il diavolo |
-raccontano ancora gli anziani- partecipavano uomini, donne e anche bambini che all'imbrunire si radunavano tutti nella piazza principale del paese, ognuno portava con se un "mannello" (n.d.r: un fascio) di paglia che veniva incendiato ed iniziava così una processione per le vie del borgo e nei castagneti vicini che si concludeva con il ritorno nella piazza di partenza e l'accensione di un grande falò purificatore. Nella versione "moderna" però non si fa riferimento ad uso di archibugi, strumenti musicali o a sguaiate grida, ma si parla di formule di buon auspicio che sempre Oscar Guidi ne ha raccolte alcune:
"Che bel boccone è la castagna
quest'anno chi la mangia ne sente il sapor"
"Quanta abbondanza che abbiamo quest'anno
lo ridiranno per l'avvenir?"
"Anche quest'anno abbian l'abbondanza
a crepa pancia se n'ha a mangià"
"Fate tanti ripari e palancite
che presto le castagne coglierete"
Alla fine della processione ognuno faceva ritorno alla propria casa,
Un falò purifucatore |
Bibliografia
- Gli streghi,le streghe. Antiche credenze nei racconti popolari della Garfagnana (1990) di Oscar Guidi (Maria Pacini Fazzi editore)
I campanacci sono i protagonisti, insieme a oggetti di metallo, in moti rituali di purificazione europei, che affondano le loro radici nel periodo preromano, essendo usanze che si ritrovano pressi i Celti nelle stesse date in cui cadono in Lombardia e in Puglia. Giovanni Mocchi 'Campanacci, fantocci e falò. Riti agropastorali di risveglio della Natura, Regione Lombardia. (cfr. Proloco di Ardesio)
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