cenone. Tutta una serie di parole che possiamo condensare in una sola espressione: d.p.c.m Natale 2020, ovverosia (superfluo spiegarlo), tutte quelle buone norme che regolamentano i comportamenti da attuare con l'attuale pandemia in corso. D'altronde è ben comprensibile come non sia semplice, soprattutto per le festività natalizie rispettare certe regole. Tali festività significano (anche) unione, aggregazione, affetto, contatto. Purtroppo per quest'anno sono tutte realtà di difficile attuazione, però il mio animo e il mio cuore si risollevarono quando qualche giorno fa lessi questo appello: "Quest'anno- così vi era scritto- mostrerete più amore per vostro padre e vostra madre, per vostro fratello, vostra sorella e il resto della famiglia rimanendo a casa anzichè andandoli a visitare per Natale o tenendo feste o riunioni familiari". Quest'appello non era di un qualsiasi Presidente del Consiglio di turno, nemmeno del virologo di fama mondiale e nemmanco di un qualsivoglia ministro della salute. Sembrerà strano, ma ad onor del vero, non è nemmeno un appello del 2020... Queste parole hanno 102 anni e il 21 dicembre 1918 le scrisse sul quotidiano americano "Ohio State Journal" il Commissario della Sanità locale. Era infatti da poco tempo che una nuova pandemia aveva affetto tutto il mondo. Questa pandemia verrà conosciuta da tutti come influenza "Spagnola", un virus che causò cinquanta milioni di morti circa. Già qualche tempo fa ebbi modo di scrivere della Spagnola, degli effetti che ebbe in Garfagnana, di come fu combattuta e quali accorgimenti presero i sindaci della valle per combatterla (se vuoi leggere quell'articolo clicca di seguito:http://paolomarzi.blogspot.com/2017/11/cent-fa-la-febbre-morte-e-malattia.html). A distanza di qualche anno sono voluto tornare sull'argomento e l'ho voluto affrontare da un altro punto di vista (più che mai attuale) e allora mi sono incuriosito, mi sono informato, ho letto e ricercato e ho tentato di fare un parallelo fra le feste natalazie che stiamo vivendo oggi sotto la minaccia del Covid 19 e il Natale dei nostri nonni garfagnini ai tempi dell' "influenza spagnola". Guardiamo allora come si arrivò a quel tragico Natale 1918. Nell'ottobre di quell'anno l'Italia era stremata, la prima guerra mondiale però ormai era agli sgoccioli, giorni comunque sia difficili quelli. Ma non erano giorni difficili solo per chi era al fronte, erano giorni complicati anche per chi era rimasto a casa e nei paesi. Difatti era già dall'estate appena trascorsa che sulla Penisola si era abbattuta una seconda ondata di un'influenza detta "la spagnola"... e purtroppo stava anche facendo più morti della guerra... Il 4 novembre del medesimo anno la guerra finì, l'Italia usciva da questo conflitto con le ossa rotta, ma vittoriosa. Era anche arrivato il momento che i nostri soldati facessero ritorno alle proprie case. Molte famiglie in Garfagnana poterono così riabbracciare i loro cari partiti per il fronte, un po' alla volta rientrarono anche i prigionieri dai campi di prigionia austriaci, la felicità di tutta la popolazione era alle stelle... Ma il vero dramma stava per cominciare e si scatenerà proprio con il ritorno di quei ragazzi nelle proprie case, difatti furono proprio quei soldati che rientravano nei propri paesi e nelle proprie città il veicolo principale della diffusione del virus in tutto il mondo. Da quel novembre ci fu per tutti la consapevolezza di essere sopravvissuti a un qualcosa di terribile come la guerra, ma un male ancor peggiore si era ormai insinuato in ogni dove. Nella prima ondata di quella primavera, come già accennato, il virus era passato quasi inosservato, il nuovo picco di settembre non poteva però essere ignorato. Quattro milioni e mezzo di contagi e seicentomila morti colpirono la Nazione, proprio in quelle tredici settimane da settembre a quel maledetto Natale. Lo Stato doveva reagire. Il prefetto di Massa su indicazione del governo centrale il 17 ottobre pubblicò un decalogo da affiggere nel Circondario di Castelnuovo Garfagnana e nei suoi mandamenti": "Fare gargarismi con acque disinfettanti (dentifrici a base di acido fenico, acqua ossigenata), non sputare per terra, viaggiare in ferrovia il meno possibile, diffidare dei rimedi cosiddetti preventivi, evitare contatti con persone, non frequentare luoghi dove il pubblico si affolla (osterie, caffè, teatri, chiese). Così facendo si mette in pratica l’unico mezzo veramente efficace contro l’influenza, l’isolamento". In tutta la Garfagnana si diede il via ad una campagna di disinfezione dei luoghi pubblici. L'inizio della scuola (che al tempo cominciava il primo ottobre)venne posticipato a data da destinarsi, venne ridotto l'orario d'apertura dei negozi, con le sole farmacie a beneficiare di un allungamento dei turni. Cinema e teatri vennero chiusi. Il governo decise però di non chiudere le fabbriche, i mille operai della S.M.I di Fornaci di Barga si spostavano da tutta la valle, le occasioni di contagio così si moltiplicavano, la distanza non poteva essere rispettata, gli operai in questo modo si ammalarono, facendo crollare inesorabilmente la produttività. Insomma anche al tempo le regole da rispettare c'erano, eccome. A differenza di oggi però è bene sottolineare che una buona parte della popolazione garfagnina aveva un orizzonte esistenziale molto più ristretto che quello attuale. Per molti, in quel 1918 lo Stato era ancora una realtà astratta, distante, che si presentava soltanto per le tasse e la leva militare, esisteva allora una certa diffidenza, una certa distanza dalla istituzioni ma nonostante tutto anche cent'anni fa ci s'interrogava di come si sarebbero passate le feste in quella situazione eccezionale. I garfagnini però non se ne facevano un cruccio eccessivo, anche perchè le occasioni per i raduni familiari erano molte, non era come oggi che ci si vede solamente(e malvolentieri) per le cosiddette feste comandate, al tempo oltre che alle canoniche feste, i parenti s'incontravano spesso per darsi una mano nei lavori quotidiani, per le donne invece non mancava occasione per incontrarsi nelle aie per infornare il pane, per di più non c'era bisogno di spostarsi tanto, in molti casi diverse generazioni abitavano sotto lo stesso tetto (genitori, figli, nonni, zie zitelle...)e i congiunti (così come è di moda dire) magari abitavano nella casa accanto o poco più in là. Al tempo il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando non dovette quindi invitare i garfagnini (e gli italiani in genere) a trascorrere un "Natale sobrio" come ha fatto il premier Conte, da noi quelle consumistiche feste non erano ancora arrivate, rimase il dispiacere per la nostra povera gente di non poter partecipare alle messe nel mese dell'avvento così come tradizione voleva, le chiese infatti furono chiuse. Insomma in quel dicembre del 1918 il grande protagonista delle feste in Garfagnana fu la beneficienza, la carità e l'assistenza per gli orfani di guerra e per questi "nuovi" malati, di quel poco che già c'era il buon cuore dei garfagnini decise di donarne un po' al vicino bisognoso, ma naturalmente non furono feste natalizie come le altre, il dispiacere più grosso per quelle famiglie che si riunirono per il pranzo di Natale fu per quelle sedie vuote al tavolo...
Un altro sincero GRAZIE per il tuo scritto come sempre affascinante. Mi hai riportato all mente quanto mi ha raccontato mia madre, nata nel 1899, che quel periodo l'aveva vissuto con la descrizione dei problemi e dei dolori di quel periodo. Approfitto per augurare a te e famiglia un 2021 migliore dell'anno che sta per andarsene e che sicuramente non sara' rimpianto!!!.. Carlo
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