mercoledì 3 novembre 2021

Eremi ed eremiti in Garfagnana. Storie del passato e del presente

Parlare di eremiti nel XXI secolo è come parlare di cose fuori dal
mondo odierno, gli eremiti si ricordano se si ragiona su tempi antichissimi, facendo riferimento ai primi secoli del cristianesimo. Quanti e chi sarebbero quelli che oggi, in un mondo iper tecnologico e globalizzato vorrebbero allontanarsi da questo modo di essere e vivere una vita in mezzo al deserto e alle montagne? Eppure, nonostante le moderne comodità questi personaggi ancora oggi esistono. Ma chi sono gli eremiti del secondo millennio? Sono proprio quelli che vogliono allontanarsi dalla civiltà, dallo stress e dall'agitazione quotidiana, la maggioranza di loro si dedica a meditazioni profonde, vogliono vivere con uno spirito libero, distaccati dalle cose terrene, cercano Dio nelle profondità del silenzio di luoghi sperduti. Fra questi, i più noti sono l'eremita del Libano, un sacerdote colombiano: Dario Escobar, che vive in un eremo scavato nella roccia al santuario di Nostra Signora di Hauqa, ha 84 anni ed eremita da 18. Per non parlare poi di Gisbert Lippelt, figlio di un magistrato e di un architetto che vive nell'isola di Filicudi, è stato ufficiale di marina e ora vive di quello che produce la natura. Un altro caso emblematico è quello che fa riferimento ad un ex cantante di un gruppo rock; è diventato un monaco camaldolese e vive da eremita in uno sperduto monastero in Toscana. Di casi come questi ce ne sono molti altri ancora, di persone che per essere più vicino a Dio si ritirano in posti lontani, remoti, difficili da raggiungere, proprio com'era la Garfagnana secoli orsono. Ed infatti, proprio per conformazione geografica e naturale, la nostra valle fin da tempi lontanissimi è stata terra di eremi ed eremiti. Eravamo difatti verso la metà del XII secolo quando un po' in tutto il mondo religioso si affermò lo sviluppo delle istituzioni eremitiche. Fu proprio in quel periodo che fonti storiche testimoniano che nell' attuale territorio lucchese ci fu un fiorire di insediamenti eremitici, costituiti da piccole comunità o anche da singoli individui. Uno dei primi eremi
fu infatti il Santuario dell'Eremo di Calomini, conosciuto fin dal XII secolo con il nome di "Romitorio della Penna di Calomini" dedicato a "Sancta Maria ad Martyres". Non è certo, ma è probabile che fu intorno all'anno 1000, quando degli eremiti decisero di venire in questo luogo solitario, aspro ed impervio, tanto che lo ritennero perfetto per le loro preghiere. Iniziarono scavando delle grotte (che sono ancora oggi visibili), vivevano la loro vita di preghiera e di lode a Dio dedicandosi anche alla cura di un orto, tutto questo nel ritiro e nella solitudine assoluta. Di questi eremiti le prime notizie certe si hanno in documento del 23 luglio 1361; un certo Azzetto, del fu Orsuccio da Verni e sua moglie Vezzosa decisero di dedicarsi, in qualità di Conversi, alla custodia di una delle celle scavate nella roccia. Il converso fu una figura che prese ampia diffusione verso il XII secolo e non era altro che un laico che abbandonata la vita comune si dedicava al servizio di una chiesa rurale, di uno ospitale, oppure all'assistenza dei poveri e degli ammalati. Dal XVII secolo all'Eremo di Calomini risiederanno più conversi e si deve proprio a loro e a dei probabili miracoli la crescente devozione verso questo luogo. 
Secondo tradizione, nel luogo dove tutt'oggi scaturisce dalle rocce uno zampillo d'acqua purissima, l'immagine della Madonna che si venera nel santuario si rivelò ad una pastorella di Calomini. Il nome della ragazza non si conosce, ne si hanno notizie se la stessa Madonna parlò alla ragazza. Subito però la fama di questa Santa Madre si sparse nei vicini villaggi, tanto che mirabilmente crebbe tra quei popoli il desiderio di farle onore. Con devoto e numeroso accompagnamento fu portata quindi a Gallicano, in luogo ritenuto più onorevole. Ma, sebbene custodita con attenzione, non passarono ventiquattro ore che nuovamente fu ritrovata dove si era fatta vedere alla pastorella di Calomini. Conosciuto il volere di Maria con questo prodigio, nessuno ardì più rimuoverla dalla sua grotta. Fu così, che vista tutta questa popolarità tra il 1710 e il 1747 si perfezionò l'edificio in quello che oggi conosciamo. Più di un secolo dopo, precisamente nel 1871 si chiuse per sempre la secolare presenza degli eremiti, dato che la loro principale prerogativa di pregare in solitudine era finita, visto che la chiesa veniva aperta al culto popolare. Nel 1914 subentrarono i frati cappuccini che ebbero la custodia dell'eremo per 98 anni, fino al 2011. Poco distante da questo eremo c'è Cardoso e lì di un tale Doroteo o Tirosseo nel 1260 si raccontava che fece opere miracolose: "Ecclesia‘s tirossei de Cirognana. Villaggio allora di Cardoso ora distrutto, non essendovi rimasta che la sola Chiesa di San Doroteo o Tirosseo, distante circa mezzo miglio dal suddetto paese di Cardoso, e dove riposa il suo sacro corpo, dicesi che abitasse in una valle, dove separato da ogni
La fontana di San Doroteo
conversazione, 
in sante orazioni e contemplazioni impiegò la sua vita. Non era in quel luogo acqua da potersi reficiare nelle necessià del suo vivere; onde confidato in Dio ,conficcato in terra il suo bastone, divenne subito verde,ed il piede di questo scaturì un limpidissimo fonte, che si vede anche a giorni nostri appresso la chiesa del Santo, nè mai manca 
per gran siccità, e non pochi che bevono di quella, ne conseguiscono grazie del Signore". Si presume infatti, che questo frate nato in Palestina fosse un eremita ospedaliere, proprio dell'Hospitale di Colle Asinaio (n.d.r: Colle Acinaia) lì, vi giunse insieme a San Pellegrino, i due arrivati in quel luogo decisero di prendere strade diverse, così Pellegrino decise di proseguire e Doroteo di fermarsi: "San Doroteo era compagno di San Pellegrino, insieme col quale peregrinava visitando i Santuari e macerandosi le carni di aspre penitenze. Quando San Pellegrino seguendo l'impulso del cuore, che era impulso divino, si portò sulle alpi di Castiglione per liberare dalle fiere la gran selva tenebrosa. Doroteo lo seguì lungo la via risalendo il corso del Serchio. Giunti nelle selve di Cardoso, attraverso le quali passava la via Romana, i santi si baciarono, s'incoraggiarono l'un con l'altro  a sostenere con fermezza le lotte del demonio e della carne e si dettero l'addio per vivere una vita eremitica e caritativa nella contemplazione e nella penitenza. San Pellegrino proseguì il viaggio e San Doroteo rimase nella foltissima selva di Cardoso"
Così la storia-leggenda narra che lo stesso San Pellegrino prosegui per quello che oggi è conosciuto come il Santuario di San Pellegrino in Alpe. Di questo complesso si ha notizia  già nel 1168 in una bolla di Papa Alessandro III, anche qui come nell'eremo di Calomini ad accogliere i viandanti non erano nè frati, nè monaci, ma dei conversi, guidati da un rettore laico. Per il resto, come sovente succede, il mito, la leggenda e la santità di quest'uomo fece si che anche questo luogo diventasse meta di pellegrinaggi e di devozione diffusa. Difatti la fantasia popolare elaborò una vita leggendaria di questo santo. San Pellegrina pare che fosse il figlio del re di Scozia Romano e di sua moglie Plantula. Trascorsa una fanciullezza di penitenza, rinunciò alla successione del regno e s’incamminò quindi verso la Terra Santa, accompagnato da una banda di ladri che aveva miracolosamente convertito. Tornato in Italia, giunge sui monti di San Pellegrino dove prese per abitazione una
San Pellegrino in Alpe
 caverna, qui venne visitato dagli animali selvatici, che gli diventarono amici. Passati molti anni vide un luogo adatto alla penitenza e vi si recò, rifugiandosi dentro un albero cavo. Arrivato all’età di oltre 97 anni San Pellegrino scrisse in una corteccia d’albero la sua vita, e poi morì. Due coniugi modenesi, avvertiti in sogno da un angelo, ritrovarono il suo corpo come fosse vivo, custodito da una gran moltitudine di animali. Accorsero sul luogo vescovi e popolazioni della Toscana e dell’Emilia. Sorse però una disputa, fra gli stessi emiliani che volevano portare il Santo in pianura, ed i toscani che lo rivendicarono, essendo morto nei loro confini. La salma venne posta così su di un feretro tirato da due torelli indomiti, uno toscano ed uno emiliano, che si fermano sul luogo detto “termen Salon”. Qui ora sorge la chiesa in onore di San Pellegrino. Dall'altro lato della valle, sempre in quei tempi lontani sorse l'Eremo di San Viano che si trova sulle balze orientali del Monte Roccandagia, proprio nei pressi del sentiero che conduce a Campocatino. Questo magnifico luogo incastonato nella roccia si può raggiungere solo a piedi, arrivando così a circa 1090 metri sul livello del mare. Le
 prime notizie di questa piccola chiesa si hanno in un documento risalente del 1568 che parla di una visita pastorale alle reliquie del santo che vi abitava, ma è probabile collocare la sua esistenza in epoca medioevale. Qui, in questo posto quasi inaccessibile Viviano(oggi patrono del Parco delle Alpi Apuane), viveva in completa solitudine. La maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere che questo personaggio fosse 
L'eremo di San Viano
un viandante proveniente da Reggio Emilia, il quale, non sopportando più gli uomini, si ritirò sulla cima di un monte. La sua scelta di vita da eremita entrò in contrasto con quelle di alcuni pastori del luogo che non videro di buon occhio la figura del futuro santo e tanto meno il suo atteggiamento spirituale. A quanto pare i suoi modi di fare poco ortodossi, lasciarono il segno in quella parte di Garfagnana, dal momento che le sue punizioni per coloro che peccavano erano a dir poco severe. Fra verità e leggenda si racconta che punì alcuni briganti del luogo, facendoli rimanere ciechi, castigò anche una spergiura facendogli ammalare il figlioletto, mentre il bestemmiatore precipitò rovinosamente nel fiume
. Il suo cibo quotidiano erano le preghiere e certi cavoletti selvatici, oggi conosciuti come cavoli di San Viano, che il Signore avrebbe fatto nascere per sfamarlo. Fu trovato morto nella grotta dove abitava, il 22 maggio (giorno in cui si festeggia la santità)  di un anno imprecisato, fu sepolto nel cimitero di Vagli di Sopra; ma per ben due volte la sua salma tornò miracolosamente all’amato eremitaggio. Cominciò così la sua venerazione, che portò alla costruzione della chiesina in quel luogo impervio dove egli si era ritirato dal mondo. Su uno sprone roccioso fu invece costruito l'Eremo di Capraia. Questo posto viene ricordato già nel 1168 in una
Eremo di Capraia
(foto Garfagnana dream)
delle tante guerre medievali fra lucchesi e pisani, quando il castello omonimo fu distrutto nella battaglia. Infatti qui si parlava di un romitorio intitolato a San Jacopo e San Cristoforo. In documenti successivi datati 1467 si racconta di una chiesa con la stessa titolazione che risultava essere però "destructa". Ulteriori documenti la menzionano nel 1658, e nel 1716 ad essa venne aggiunta la titolazione attuale di Santa Maria. All'interno ospita la bellissima "Madonna con bambino" attribuita a Pietro da Talada. Invece, a due chilometri da Minucciano, posto in luogo che un tempo era di passaggio obbligato per chi voleva scendere in Garfagnana sorge il Santuario della Madonna del Soccorso. L'attuale santuario risale al XVIII secolo che sostituiva un più antico eremo costruito fra il 1400 e il 1500 e sorto vicino ad "mestaina" che fu oggetto di venerazione popolare dato che, così si narra, in quel luogo la Madonna intervenne per salvare un bambino che il demonio si voleva portare via. Dall'altro canto la storia vera e propria riferisce che nel 1550 il vescovo della diocesi di Luni (a cui apparteneva territorialmente Minucciano) approvava una confraternita di laici a custodia del posto. I priori scelsero una persona adatta a costudire come eremita questo oratorio e da quel giorno gli eremiti non se ne sono più andati. Ebbene si, ancora oggi all'interno dell'eremo vivono tre eremiti. 
La piccola comunità osserva la Regola di San
Madonna del Soccorso
 Benedetto, vissuta nello Spirito degli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona, e ha ottenuto il riconoscimento canonico dall’Arcivescovo Bruno Tommasi l’11 novembre 1994, come associazione pubblica maschile non clericale. E' rimasto così, l'unico dei 16 eremi sorti nei secoli in Garfagnana a essere ancora custodito proprio dagli stessi eremiti. 
L’eremita della Madonna del Soccorso ha la missione di custodire il santuario e di accogliere i devoti che vengono a venerare l'immagine della Madonna. Egli vive appartato, una vita di preghiera e si guadagna da vivere col proprio lavoro e con le offerte che i fedeli lasciano per lui. 

Storie antiche che nel 2021 ancora si ripetono come cose fuori dalla logica moderna, proprio perchè si è portati a immaginare gli eremiti come individui strani e solitari, ma i luoghi comuni, come sempre, non servono a nulla. Sono persone che hanno viaggiato moltissimo, hanno affrontato pericoli di ogni sorta e non rifiutano il contatto con il mondo, semplicemente il mondo, se lo sono lasciato alle spalle.


2 commenti:

  1. Grazie per questo giro particolare e documentato. Fra poco andrò all’eremo di Capraia per trovare Pietro da Talada di cui hai già scritto qualcosa se non sbaglio.
    Piacere di leggerti.
    Bernard

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  2. Grazie Bernard, l'eremo di Capraia è una vera meraviglia e all'interno l'opera di Pietro da Talada (di cui, come ben ricordi ho già scritto)conferisce a quel posto un qualcosa che rimette in pace con il mondo. Grazie ancora per gli apprezzamenti

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