Era conosciuto come il "Malleus Maleficarum", ovverosia il
"Martello delle streghe", il manuale più consultato per la caccia alla streghe, un testo latino pubblicato nel 1487 dai frati domenicani Jacob Sprenger ed Heirich Kramer redatto allo scopo di reprimere la stregoneria, tale manuale non fu mai riconosciuto dalla chiesa cattolica ma neanche inserito nell'indice dei libri proibiti.Riscosse consensi in tutti gli inquisitori e in autorevoli ecclesiastici, tanto che ne vennero pubblicate 34 edizioni e stampate oltre trentacinquemila copie, anche in edizione tascabile. Il primo impatto fu che negli anni immediatamente successivi alla sua pubblicazione in Europa furono bruciate vive in quindici anni 16.376 streghe ed eretici e condannate a penitenza oltre 17 mila persone, dopo esser passate da atroci torture per confessare il terribile peccato di fronte a Dio. Sotto questa scure non mancò neanche la Garfagnana e questa triste storia ne è testimone.
Lei era una povera donna conosciuta come "Ursolina vulgariter ditta La Rossa" al secolo Ursolina La Rossa di Sasso Rosso. Ma come era potuto succedere che una semplice (seppur stramba) donna di paese fosse finita nelle rete della Santa Inquisizione? I padri inquisitori le dissero così che aveva la fama di essere strega e che perdipiù persone fidate l'avevano additata come tale, ma naturalmente la verità era un'altra, in paese qualche nemico c'era e poi dal momento che da poco era morto il marito la sua posizione si faceva ancora più debole e poi quei capelli rossi certo non aiutavano e non aiutava per niente quella sua passione di trafficare con le erbe, conosceva qualche metodo per curare alcune semplici malattie, un po' come fanno adesso le nostre nonne e tali pratiche le aveva imparate dalle altre compaesane e non credeva certo che fossero pratiche peccaminose, ma questo bastava per venire condotta davanti al tribunale del Sant'Uffizio competente di Modena, insieme a sua figlia, anche lei considerata come la madre.Era nell'anno 1539. Dagli atti del processo si ricavava che già dai primi interrogatori la donna "ammise" subito le sue colpe,la paura di essere torturata era molta, disse che era già molti anni che
partecipava a dei sabba, cominciò a favoleggiare su questi riti, ma all'inquisitore questo non bastava, ci doveva essere di più oltre che il sabba e fu portata di conseguenza nella sala delle torture dove doveva confessare tutta la verità in ogni minimo particolare,fu così legata e sollevata per un braccio da terra, il dolore fu indicibile: "...deponiteme che io dirò la verità...". Alle domande incalzanti rispose di si a tutto, rinnegava la Madonna, la fede e chiamava tre volte il diavolo che compariva sotto forma di un montone, lei gli saliva a cavallo e volavano nel cielo, confessò di averci avuto rapporti sessuali, tanto che diceva di questa bestia di essere dotato di un pene biforcuto. Nei giorni a seguire gli interrogatori continueranno ma "la sete di verità" degli inquisitori non fu placata vista "la obstinazione et pertinacia della donna" e pertanto fu chiesta autorizzazione a sua Eccellenza Joà di Saviati vescovo di Ferrara per procedere al tormento con il fuoco, l'autorizzazione fu concessa.A Ursolina furono poste le braci ardenti sotto i piedi e gridò "Toliti via il foco che volgio dire la verità" .I padri la ammonirono nuovamente di dire la verità e Ursolina fu un fiume in piena:"Io rinnego Cristo,la Vergine Maria ed i suoi santi e non voglio che Dio e la Vergine abbiano parte in me..", riferì di unguenti miracolosi fatti con grasso di "cristiano", poi pensò ad un'altra ammissione, la peggiore, la più nefanda, confessò di aver ucciso, ucciso bambini, dissanguandoli, scese in particolari raccapriccianti tanto da sorprendere gli stessi inquisitori, ma lei oramai dopo le terribili torture molto probabilmente non vedeva l'ora di
morire...Ma così non fu. Il Sant'Uffizio gli lasciò la possibilità di fare abiura (in caso contrario sarebbe finita sul rogo), di rinunciare al diavolo e alle sue tentazioni e di promettersi a Dio per il resto della sua vita, non prima di aver scontato penitenze pubbliche. Ursolina accettò, probabilmente salvando così anche la figlia:
"Mi Ursolina da Saso Rosso de la Diocesi di Modena...in presentia del reverendo Padre fra Thomas de Morbegno, vicario generale et reverendo padre inquisitore...essendomi posti li sacri Evangelji avantj e tocandolj corporalmente abiuro,revoco,detesto,abnego ogni heresia".
Dopo aver pronunciato abiura fu condotta all'ingresso del duomo di Modena dove fu posta in ginocchio con una corda al collo, molti si fermavano a schernirla, a maledirla e a minacciarla e così pure il giorno dopo avrebbe dovuto umiliarsi alla solita maniera davanti ad un'altra chiesa della città e poi così ancora per altre due
domeniche come specificava l'editto di penitenza, solo dopo questo avrebbe potuto riprendere la strada per Sasso Rosso, ma la sua vita non sarebbe più stata la stessa una volta giunta in paese, le regole ferree del tribunale sarebbero continuate. Ursolina doveva chiudersi in casa, uscire solo per andare a messa e confessarsi,per un intero anno poi avrebbe dovuto portare una tunica di penitenza con bene in vista una croce rossa e per tutto il tempo che le rimaneva da vivere avrebbe dovuto recitare un rosario al giorno alla Madonna. In fondo a questa storia Ursolina era felice,le cose più preziose gli erano rimaste:la figlia e la vita, gli inquisitori erano stati clementi o forse non avevano creduto a tutto quello che era uscito dalla sua bocca e avevano compreso che era soltanto una povera donna di campagna...
Una storia vera,che deve far riflettere ogni lettore.
La storia è documentata ancor meglio dal professor Guidi nel suo libro "Ursolina la Rossa e altre storie".
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