Tutti credono, o meglio hanno creduto i garfagnini gente gretta
e mi si conceda la parola anche ignorante, questo stereotipo ha lo stesso valore che si attribuiva agli italiani emigrati anni fa, che erano considerati mafia, spaghetti e mandolino. Troppo facile generalizzare se pensiamo che la Garfagnana stessa ha dato all'umanità uno fra gli scienziati più significativi che il panorama italiano e mondiale abbia mai avuto. A questo avviso c'è da aggiungere un'altra cosa, che noi garfagnini abbiamo spesso la memoria corta e non ci ricordiamo di dar lustro a coloro che hanno portato in giro il buon nome della nostra valle, fra questi personaggi c'è senza dubbio Antonio Vallisneri. Pochi si ricorderanno di lui e alcuni nemmeno lo conosceranno, ma egli è uno di quelli che ci può far dire sicuramente che la Valle del Serchio non è solo la valle del bello e del buono come diceva Giovanni Pascoli, ma bensì è anche terra di scienza.La vita di Antonio Vallisneri è una di quelle vite che merita di essere raccontata per due motivi sopratutto:il primo sicuramente è quello come detto di riscoprire questo scienziato di fama internazionale, il secondo motivo ci dice che la sua fu una vita degna di un personaggio dei romanzi di Tolstoj,un esistenza la sua sempre in bilico fra gli studi e esigenze ereditarie.
Ma partiamo dall'inizio. Antonio nasce a Trassilico (oggi sotto il comune di Gallicano) al tempo facente parte del Ducato di Modena e importantissima sede di Vicaria. Era il 3 maggio del 1661 e il futuro medico (nonchè biologo e naturalista) vide la luce nella rocca del paese. Suo padre Lorenzo svolgeva la funzione di giudice(Capitano di Ragione) e la madre Lucrezia Davini di Camporgiano apparteneva a una delle migliori famiglie garfagnine. Passò la sua infanzia come tutti i bimbetti, correndo spensierato e felice per le carraie e le viuzze del paese giocando con gli amici, fu quello infatti uno dei rari periodi di pace che questa terra di confine attraversava. Ma tale leggiadria stava per finire, già all'orizzonte si cominciavano a profilare incombenti impegni di studio che l'onore di cotanta famiglia imponeva. Detto fatto Antonio dovette abbandonare madre,padre e i cinque fratelli e fu avviato agli studi in quel di Scandiano (provincia di Reggio Emilia)città natale della sua casata e successivamente proseguì le scuole a Modena presso i Gesuiti,dove intraprese gli studi di lettere e filosofia e successivamente a Reggio, ma nonostante tutto questo girovagare già si evidenziava una cosa su tutte: la sua era
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Trassilico |
un'intelligenza superiore alla media. Si arrivò così al fatidico 1679 e allo morte dello zio Giuseppe Vallisneri, vero mentore del futuro scienziato che lasciò al momento della dipartita al prediletto nipote una cospicua eredità, tale eredità però era subordinata a delle clausole capestro, il testamento obbligava Antonio a soddisfare gravosi obblighi e a sottostare a diverse condizioni. Immaginiamo quindi questo baldo giovanotto di diciotto anni nel pieno fulgore della gioventù che aveva il vincolo di laurearsi in legge o in medicina entro i trent'anni, di risiedere almeno tre mesi l'anno a Scandiano e li di farvi nascere i figli maschi, per non far perdere al primogenito il diritto di succedergli nell'eredità. Nel caso non avesse avuto discendenti maschi, la considerevole fortuna sarebbe passata ad un'altra famiglia.Cominciò di fatto la corsa all'eredità.Il povero Antonio si doveva dividere così fra i pressanti impegni universitari e la ricerca di quella gentil donzella che lo rendesse padre di almeno un figlio maschio e di conseguenza anche uomo ricco. Trovò tale fanciulla nell'emiliana Laura Mattacodi, convolarono così a giuste nozze il 27 aprile 1692 quando lei era appena quindicenne e lui stava ormai per compiere trentuno anni. Nel frattempo aveva continuato gli studi all'università di Bologna dove era diventato un seguace di Marcello Malpighi,illustre anatomista e nel 1684 a soli ventitré anni già si era laureato in medicina a Reggio Emilia(rientrando così in uno dei parametri dell'eredità voluti dallo zio defunto).Dopo alcuni anni di professione la sua fama di scienziato e dottore si stava spandendo
a macchia d'olio in tutta Italia, tanto da essere chiamato nella prestigiosissima università di Padova, dove ottenne la cattedra di medicina pratica, seguita da quella di teoretica. Le sue lezioni erano seguite dal fior fiore degli studenti della città e delle regioni limitrofe,le sue ricerche e i suoi esperimenti sulla natura ottennero risultati eclatanti, tra i quali la scoperta sull'origine dei fossili e quella delle sorgenti, nonchè del ciclo della
riproduzione degli insetti.Ma un grosso cruccio gravava pesantemente su questi successi, l'erede maschio tanto agognato ancora non si era visto.Per arrivare al desiderato bambino la moglie Laura però non si risparmiò e non esitò a partorire ben 18 pargoli. Alla fine solo quattro di questi diciotto figli sopravvissero ad Antonio Vallisneri e fra questi Dio volle ci fu il tanto sospirato maschio, Antonio junior che nacque nel 1700 intraprendendo anche lui la stessa carriera del padre. Con questo figlio decadeva così ogni vincolo sull'eredità e lo scienziato trassilichino si sentì ancor più libero e tranquillo di continuare i suoi studi. Naturalmente come tutti gli innovatori la sua fama fu contrastata dai seguaci dei vecchi metodi che cercarono in ogni modo di togliergli le cattedre più influenti. Ma oramai il nome di Antonio Vallisneri era sulla bocca di tutto il mondo scientifico,la sua notorietà raggiunse le maggiori capitali europee al punto di essere chiamato dall'imperatore Carlo V come suo medico personale di camera, ma non solo anche Papa Clemente XV e il re Vittorio Amedeo di Savoia gli conferirono grandi riconoscimenti e perfino da Londra venne l'autorevole nomina dalla Royal Society.Ma nonostante tutto questo successo forse l'esimio dottor Vallisneri si era dimenticato della sua amata Garfagnana? Assolutamente no. Nei brevi periodi di riposo non mancava di tornare a Trassilico, spaziando tra un monte e un altro, compiendo gite sulle Apuane e sugli Appennini, dedicandosi alla ricerca e allo studio della flora e della mineralogia come ricorda egli stesso nella sua opera "Viaggi in Garfagnana".Sempre in questo libro rammenta così la visita alla "Tana che urla"(per la sua storia vedi:http://paolomarzi.blogspot.it//una-singolare-grottala-tana-che-urla.html) celebre grotta nelle selve di Fornovolasco:
"Fra le caverne che visitai e dentro le quali scorrono perpetui
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La Tana che Urla, Fornovolasco |
rivi, i quali è fama che vengano dal mare...Si, è una poco sopra Forno Volastro, chiamata da que' popoli la Grotta che urla;perchè accostando l'orecchio alla bocca della medesima, s'ode sempre un certo oscuro strepito, o lontano rimbombo, a guisa d'omo che colà gridi, ed urli"
La "Tana che Urla" è una grotta di indiscusso fascino estetico e storico proprio grazie agli studi del Vallisneri sull'idrologia sotterranea.Da notare nei suoi trattati(vedi"L'opera fisico mediche","L'istoria delle generazioni dell'uomo e degli animali" e altri ancora...) l'uso della lingua italiana della quale fu un convinto assertore, al posto del latino che nel settecento era ancora la lingua ufficiale della comunità scientifica internazionale.
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La Vallisneriana asiatica |
Gli anni così passavano e Antonio ormai a fama consolidata trovò anche il tempo di metter su un giardino domestico di piante medicinali e compiva ancora con entusiasmo escursioni naturalistiche che gettarono le basi di quello che diverrà uno dei musei medico naturalistici più noti d'Italia, il "Museo di scienze archeologiche e d'arte" di Padova.
Morì a Padova (dove è sepolto nella chiesa degli Eremitani) a soli 69 anni il 18 gennaio 1730, dopo una breve e improvvisa malattia polmonare. Lasciò le sue collezioni e la sua biblioteca formata da circa oltre mille volumi all'università della città. In suo onore i colleghi scienziati chiamarono una pianta acquatica sommersa "Vallisneriana". Oggi di lui rimangono "solamente" vie, università e licei dedicati, all'illustre garfagnino dimenticato.
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