Passarono sei lunghi anni da quel primo settembre 1939 quando la Germania invase la Polonia, sei lunghi anni pieni di orrori, morte e fame. Con il trascorrere del tempo e con la scoperta di tutte le nefandezze perpetrate questa guerra fu considerata fra le più cruente di tutta la storia dell'umanità. Ma finalmente arrivarono anche i giorni dell'aprile 1945 e con la fine di queste barbarie cominciava la speranza di una vita nuova. Era comunque difficile ripartire, la memoria delle persone era ancora invasa dalle brutte immagini e sensazioni di quegli anni e nel frattempo si veniva anche a conoscenza della tragica fine di sei milioni di ebrei, di Auschwitz, dei campi di sterminio e le prime raccapriccianti immagini di quell'inferno erano ormai negli occhi di tutti. L'annientamento degli ebrei da parte dei nazisti con gli anni oscurò altre vicende della guerra che meritavano di essere approfondite e che solamente negli ultimi tempi abbiamo cominciato timidamente a riscoprire, infatti non si può dimenticare la tragedia in Russia dell'8A armata italiana(meglio conosciuta come ARMIR), delle Foibe, degli esuli istriani e della fine di circa ottocentomila I.M.I, una sigla questa ai più sconosciuta ma dal significato inequivocabile: "Italienische-Militar-Internierten" ovverosia "internati militari italiani", fu il nome ufficiale dato dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori
del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi all'armistizio dell'8 settembre 1943. Dopo il disarmo, soldati e ufficiali italiani vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file della Repubblica Sociale e quindi a fianco dell'esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10% delle forze armate italiane accettò l'arruolamento, gli altri vennero considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiarono "status" divenendo "internati militari" per non riconoscere loro le garanzie della Convenzione di Ginevra, e infine nell'autunno del 1944 furono considerati "lavoratori civili" in modo da essere sottoposti a tutti i lavori pesanti senza godere delle tutele della Croce Rossa Internazionale. I numeri di questa immane tragedia sono spaventosi e purtroppo non sono a conoscenza di tutti. Si parla appunto di circa ottocentomila soldati italiani internati, di questa moltitudine si presume (senza nessun dato ufficiale alla mano) da recenti studi fatti che siano morti in un anno e mezzo tra i 37.000 e 50.000 uomini per svariate cause: malnutrizione, lavoro duro e continuo, esecuzioni capitali e bombardamenti alleati sulle installazioni dove gli internati lavoravano. Una volta liberati però le tribolazioni non finirono, anzi, il ritorno a casa si presentò a loro come una vera e propria odissea. La maggior parte di essi ritornò in patria tra l'estate del 1945 e il 1946. Furono le stazioni ferroviarie e i centri d'accoglienza del centro Italia a smistare la gran massa dei rientranti. Il rientro avvenne su treni merci sovraccarichi. Il 6 giugno fu riaperta la ferrovia del Brennero da cui cominciarono a defluire tremila italiani al giorno, numero che aumentò a 4500 a partire da agosto, fu un vero e proprio esodo biblico che continuò nei mesi successivi quando le autorità considerarono completo il rimpatrio di massa degli internati
Militari italiani rastrelati |
Il nostro protagonista al tempo abitava con la sua famiglia nel piccolo borgo di Valbona nel comune di Castiglione Garfagnana, fino a quel momento si era occupato solo delle sue pecore, di portarle al pascolo e di fare il formaggio. Arrivò però quel maledetto giorno di Befana, era il 6 gennaio 1943, quando a vent'anni fu chiamato alle armi per andare prima a Cuneo e poi a Dronero per un addestramento militare da gennaio a luglio. Quando partì per il nord Italia Sestilio non sapeva a ciò che andava incontro, non si rendeva conto a quello che stava per partecipare e non immaginava certo la grandezza di questo conflitto mondiale, d'altronde non era mai uscito dal paese e la sua ingenuità gli metteva un velo davanti ai suoi occhi. Rimane il fatto che poi a luglio il suo battaglione fu trasferito a Bolzano per presidiare il confine, fino alla fatidica data dell'armistizio (8 settembre 1943), da quel giorno fu il caos più totale, non arrivava nessun ordine su come comportarsi e nessuna istruzione veniva data ai militari, le truppe italiane erano
praticamente allo sbando. Rimarrà sempre nella mente di Sestilio la vicenda di quel suo commilitone, quando nei monti sopra Bolzano fu morso da una vipera e fu portato d'urgenza in ospedale, quella che fino a quel momento era stata considerata una disdetta fu una vera e propria fortuna per quel militare, infatti di li a poco tre soli carri armati tedeschi circondarono la caserma trentina e fecero prigionieri 300 soldati italiani fra cui Sestilio. Una volta catturati ci fu l'umiliazione di essere portati in corteo per le vie di Bolzano, e qui in mezzo alla molta gente il pastore garfagnino riuscì a consegnare un biglietto ad una ragazza del posto che era in mezzo alla folla, in questo biglietto era riportato l'indirizzo di casa e l'uomo si raccomandò alla giovane di avvisare la sua famiglia del suo destino. Il gesto di solidarietà fu bellissimo, solo con il ritorno in Garfagnana si scoprì che questa giovane donna non se ne era fregata di uno sconosciuto soldato, ma bensì aveva scritto una lunga lettera in cui informava la famiglia sulla sorte del figlio. Dopo quattro giorni di detenzione ci fu la partenza per Innsbruck, successivamente le tradotte condussero i prigionieri in Germania a Mannheim, durante il viaggio alcuni fra i soldati più esperti riuscirono a fuggire, altri piangevano disperatamente immaginando cosa gli aspettava, altri come il militare garfagnino erano tranquilli convinti nella loro candida innocenza che da li a poco la guerra sarebbe terminata. Ma non era così. Una volta arrivati a Mannheim scesero dai treni e venero messi immediatamente in fila e divisi in due gruppi destinati a lavori
Trasferimento in Germania di soldati italiani |
settore francese nella speranza di rimediare alcune bucce di patate gettate nell'immondizia, destino volle che fu scoperto dalle guardie tedesche, fu picchiato barbaramente, poco dopo morì. Il cartellino che dava diritto ad una razione di cibo fu preso allora dal pastore garfagnino che rischiando anche qui la vita faceva due volte la fila per prendere la doppia porzione. Insomma, tutti i giorni il confine fra vita e morte era sottilissimo. A conferma di questo il testimone racconta delle baracche- dormitorio, composte da letti a castello, normalmente da otto persone, con al centro una grande stufa, in questa stufa venivano cotte le bucce di patate trovate per terra, inoltre quando non vi erano i turni di lavoro c'era il compito di mantenere pulita la baracca, in caso di ispezione negativa da parte dei nazisti gli otto componenti venivano puniti con delle frustate. Non tutti però i nazisti erano malvagi e in effetti Sestilio ricorda bene quando la fonderia fu bombardata dagli americani e i carcerati lui compreso furono trasferiti a gruppi da tre al ripristino delle linee telefoniche, sorvegliati da un soldato tedesco, a loro era stato assegnato un tale di nome Irrigh che nel corso di una di queste uscite catturò un'anatra che portò a casa sua, la cucinò e la divise con i prigionieri. Indimenticabile rimarrà anche quella volta che in un giorno di brutto tempo furono addetti anche alla pulizia della macelleria, dove riuscirono a sottrarre ben due salami. C'era poco da fare, la sopravvivenza era l'obiettivo principale in attesa che la guerra prima o poi finisse e detto fatto una mattina tutti i detenuti furono portati in fila indiana in una pineta, in lontananza già si sentivano le cannonate degli americani, di li a poco fu il fuggi fuggi generale, tedeschi e italiani scapparono in ogni dove. Il primo rifugio di Sestilio fu (insieme ad altri tre compagni) sotto un ponte dove rimasero per qualche giorno, trovarono poi aiuto presso una famiglia di contadini che offrì loro da mangiare. Nell'aprile 1945 finalmente gli alleati presero pieno possesso delle zone occupate e Sestilio si consegnò agli americani stessi che lo portarono in un campo-ospedale fino al luglio del medesimo anno, qui fu rimesso in sesto fisicamente e moralmente, c'erano altri commilitoni che (dice lui) erano arrivati a pesare 38 miseri chili. Una volta tornato in salute cominciò il lungo viaggio per tornare a casa, molti furono i chilometri fatti a piedi dalla Germania, infine con mezzi di fortuna e le tradotte messe a disposizione dalla Croce Rossa, Sestilio insieme ad un compaesano di nome Agostino riuscì a raggiungere Lucca, di li in autobus fino a Castelnuovo e da li a piedi fino al paese di Valbona. La famiglia aveva ormai perso le speranze di vederlo ritornare, ormai non aveva più notizie da moltissimo tempo, immaginatevi voi l'emozione e dopo le lacrime della madre e gli abbracci dei parenti tutti e i festeggiamenti di rito, la prima cosa che fece il nostro garfagnino fu quella di
Gli alleati entrano in una Germania rasa al suolo |
Bibliografia:
- Alessandro Natta "L'altra resistenza. I militari italiani internati in Germania" Einaudi 1996
- Tommaso Teora "Storie di guerra vissuta. Garfagnana 1940-1945" Garfagnana editrice 2016. A sua volta il brano è tratto da una tesina di Beatrice Lunardi
Buongiorno, mi ha molto toccato questa storia perchè mi ricorda per molti versi quella di mio padre che tra le altre cose è stato prigioniero nello stesso campo e nello stesso periodo, chissà si sono magari anche conosciuti. Io stò cercando attraverso alcune organizzazioni di ricostruire la storia della sua prigionia per richiedere anche la medaglia alla memoria,non è per nulla facile però...stò scrivendo e ricevbendo mail da un anno e mezzo
RispondiEliminaAnche mio papa è stato a Mannheim, mi diceva che di giorno andavano a lavorare in stazione ferroviaria, di notte rischiavano la vita a trovare qualcosa da mangiare anche con trappole per lepri, in un bosco dove avevano le tende, un giorno uno sorpreso è stato fucilato. lascio mio num 3355231831 mauri
RispondiEliminaCiao Mauri, tu hai qualcosa che certifica la sua prigionia?
EliminaRitengo l'argomento molto interessante poiché mi coinvolge direttamente. Porto lo stesso nome di mio zio Giorgio Gaggio IMI ucciso nello Stalag VIII B- Teschen.
RispondiEliminaGiorgio Gaggio archiviodimurano.blogspot.com/
Buongiorno, si sa dove era il campo di prigionia di Mannheim? Vorrei andarci in visita, anche solo dall'esterno se ora è occupato da altro. Ci sono altre testimonianze del genere o foto? Non ho trovato molto online.
RispondiEliminaGrazie
Matteo
Salve Matteo, anche io mi sto' facendo la stessa domanda da tanto tempo, ma non riesco a trovare nulla in proposito, penso che fosse un campo "minore" motivo per il quale sono rimaste poche informazioni.
Eliminase dovessi trovare qualcosa lo scriverò.
Oscar
Ciao a tutti, anche mio papà è stato prigioniero a Manheim, ma non riesco a trovare notizie, era un autiere, Zuglian Augusto ed è tornato a casa a piedi dalla germania nel 1945.. mi piacerebbe saperne di piu, ma è difficile!
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