lunedì 7 luglio 2014

L'ultima condanna a morte nel comune di Barga,si dice che: "Morirono ambedue con molta disposizione e volentieri"...

impiccagione
"Signori l'argomento non è bello",così esordiva il conte Cesare Sardi all'inizio del libro: "Esecuzioni capitali a Lucca nel XIX secolo".Ma io voglio avere l'ardire e la sfacciataggine di raccontarvi la triste e macabra storia delle due ultime condanne a morte nel comune di Barga eseguite nel luogo reputato anticamente per le sentenze capitali meglio conosciuto oggi come allora con il nome di "forche della Giuvicchia".La Giuvicchia (o più correttamente Giovicchia),per chi non lo sapesse si trova per la strada che prosegue dopo l'ospedale di Barga e che anticamente era la principale strada per salire nel borgo e proveniva da Fornaci.Ma torniamo a noi e partiamo dall'inizio e con ordine.Siamo a Cutigliano,nell'appennino pistoiese,nel 1755 e due giovani provenienti dal Regno di Napoli in quei giorni stanno spargendo disordine per le vicine località.Il loro nome è Annibale Vespasiano di 21 anni proveniente da Marzano (Napoli) mentre l'altro si chiama Roberto Venosa 30 anni calabrese, molto probabilmente sono due disertori fuggiti chissà da quale armata,ma che dalle nostre parti si sono dedicati al brigantaggio.Rapinare viandanti era la loro "specializzazione" (n.d.r:allora tale pratica veniva detta grassazione).Il loro raggio d'azione con il tempo si spostò poi verso nord fino a raggiungere il territorio di Barga e qui un bel giorno dopo essersi rifocillati all'osteria "La Caciaia" decidono bene a pancia piena di rapinare tale Giuseppe Manfredini modenese, che da Pisa faceva ritorno al suo paese Sant'Anna a Pelago, ma le cose vanno male, il malcapitato si ribella intervengono le guardie che arrestano quasi subito Annibale Vespasiano mentre il Venosa viene catturato a Coreglia ed entrambi quindi rinchiusi nelle patrie galere.In quei tempi si scherzava poco e non si badava tanto per il sottile.Arrivò il giorno del processo e dopo il giorno
gli attuali boschi della Giovicchia
del processo quello della condanna.Il 15 agosto 1756 viene dato l'ordine da Firenze (allora Barga come ben si sa era sotto Firenze) di erigere il patibolo...Come il patibolo!?... Il patibolo vuol dire morte! La comunità di Barga rimase esterrefatta.In fin dei conti avevano "solo" rapinato senza uccidere mai nessuno. Barga non voleva condanne a morte nel suo territorio,tant'è che il cancelliere locale Matteo Puccini inviò una lettera (datata 27 agosto 1756) a Firenze per cercare di dissuadere i giudici dall'idea di giustiziare i condannati.Ma non ci fu niente da fare, la sentenza di morte doveva eseguirsi l'11 settembre anno di grazia 1756, luogo destinato a tale evento la Giuvicchia di Barga.Dopo un tentativo di fuga dei poveri disgraziati, facendo un buco nel pavimento della cella arrivò anche l'undici settembre 1756 giorno dell'esecuzione.Le campane del duomo non cessarono mai per tutto il giorno di suonare a "morto".Ormai tutto era compiuto,i condannati si avviarono mestamente su un carro con le catene ai polsi e alle caviglie.Il macabro corteo arrivò  fino alla chiesetta dei Pieracchi 
(adesso distrutta), a due passi dal luogo dell'esecuzione ,dove il cappellano Lucignani impartì ai malcapitati la comunione e la confessione,dopodichè il boia (venuto appositamente da Firenze,detto allora "maestro di giustizia") Francesco Falli  mosse la leva che apriva la botola del patibolo, il "crac" delle ossa rotte del collo risuonò per tutto il circondario.Purtroppo l'obbrobrio  per i due giustiziati non era ancora finito.Si legge infatti nel libro dei morti della parrocchia di Barga che le interiora dei condannati furono sepolte nel medesimo luogo, mentre due quarti di membra con la testa furono esposte sulla strada maestra, da monito ed esempio per tutti quelli che giungevano in Barga, mentre altri pezzi di corpo furono portati a Cutigliano luogo come detto prima delle altre scorrerie dei poveri impiccati.Menzione particolare merita la chiosa del medesimo atto di morte dove si legge testualmente 
"Morirono ambedue con molta disposizione e volentieri"... 
il libro di Pier Giuliano Cecchi
da cui è stato tratto questo post
e questa fu ,grazie a Dio l'ultima esecuzione a morte nel comune di Barga.

Questo post lo voglio dedicare a due persone: una è Pier Giuliano Cecchi autore (insieme a Cristian Tognarelli) del bellissimo opuscolo "La paura di Barga è alla Giovicchia"(che consiglio), da cui è tratto questo post, l'altra è il mio amico Alessandro Lazzarini detto da me il"Signore della Giovicchia", sapiente conoscitore della zona.

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